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Editori

Tematizzare lo sguardo distratto, farne una storia. Elèuthera sceglie la grafica di Riccardo Falcinelli

di Alessandra Rotondo notizia del 27 febbraio 2017

A febbraio due classici del catalogo elèuthera hanno portato in libreria la nuova veste grafica della casa editrice, affidata alla mano e alla mente di Riccardo Falcinelli. Un’immagine a copertina piena che s’impossessa della «faccia» del libro e al contempo la nega dietro trame e figure astratte, sfocate, a spicchi, brandelli e dettagli.

«Per molti versi tutta la grafica è astratta» scrive Falcinelli su CheFare. «Soprattutto quella di derivazione modernista esibisce spesso cerchi, quadrati, linee, tratteggi, forme geometriche che il computer genera con facilità e che non erano mai state la norma prima della rivoluzione pittorica di cento anni fa». E se è vero che negli ultimi cinquant’anni le copertine dei libri, soprattutto per la narrativa, sono diventate sempre più figurative – e come questa tendenza venga interpretata oggi emerge nelle «escursioni» guidate da Giovanni Baule sul Giornale della Libreria –, una difficoltà implicita avvolge l’approccio alle copertine della saggistica, soprattutto di quella «alta». Come lo stesso Falcinelli indica, una strada percorribile è quella del lettering: «usare la tipografia per costruire un piccolo manifesto che attraverso il tono visivo racconti quello culturale» facendo a meno delle immagini. Con font, colori, pesi, corpi e spaziature che diventano la cifra espressiva di ogni copertina, di ogni titolo unico rinunciando a vincoli «di collana». Una soluzione non applicabile alla saggistica accademica e al suo bisogno di schemi e coerenza grafica, di regolarità e ripetitività.

D’altronde la saggistica trade ha un’ulteriore sfida con la quale confrontarsi, quella che passa per la conquista dell’attenzione del lettore, che ne calamita lo sguardo tra mille, dall’affollato scaffale. «Il libro trade deve sgomitare un po’ per far sapere che esiste» scrive ancora Falcinelli. E se «sgomitare» è tutto sommato  facile per i libri d’arte, ai quali basta guardarsi dentro per attingere a un campionario sterminato di bellezza, per i saggi è un po’ più complesso, meno immediato. Soprattutto non volendo percorrere la strada di una ricerca di attenzione visiva svilente per i contenuti.

Il concetto stesso di astrazione viene espresso e poi manipolato nelle copertine pensate da Riccardo Falcinelli per elèuthera, costituendosi sempre in rapporto all’immagine e alla fotografia. Una fotografia il meno figurativa possibile – alterata da sfocature e straniata da prospettive insolite – ma che non nega la presenza di un obiettivo né del rapporto con la realtà che gli sta di fronte. Con un’indicazione chiara: l’angolo visuale deve farsi distratto; il mondo deve rimane sfuggente, indecifrabile o decifrabile appena. «Tematizzare lo sguardo distratto, farne una storia» scrive ancora Falcinelli.

«La scelta editoriale di elèuthera si concentra su una saggistica di profilo molto alto, ed è difficile da illustrare» ci racconta Riccardo. «Sia l’utilizzo della fotografia che dell’illustrazione avrebbero finito per “chiudere” alcuni libri. Libri che invece vogliono aprire problemi teorici spesso sfuggenti». Il risultato sarebbe stato quello di ridurre la complessità dei testi alla loro didascalica rappresentazione: «il progetto, invece, nasce proprio dal desiderio opposto, quello di staccarsi da un utilizzo delle immagini meramente illustrativo del contenuto». Mentre sui libri di varia o su una saggistica di natura divulgativa le immagini di copertina riescono spesso a suggerire senza limitare, «nel tipo di editoria che fa elèuthera – nell’ambito di una saggistica alta, complessa e non necessariamente popolare – quelle stesse immagini rischiano di innescare un effetto banalizzante» aggiunge Falcinelli. Tanto più che «i contenuti di quei saggi spesso non offrono delle risposte, ma ragionano sulle domande» e una copertina che volesse suggerire le risposte, senza rispettare la voce necessariamente ipotetica e dubitativa e in divenire di alcuni testi, finirebbe forse per mancare di rispetto al libro e al suo valore.

Un progetto «nato senza un editore», frutto di «riflessioni più generali riguardo a problemi filosofici, figurativi e commerciali», che la scelta coraggiosa di elèuthera ha reso operativo, aprendo un dialogo tra due aspetti della produzione editoriale che trascende di molto lo scambio commerciale. «Alle volte il design è anche un modo di pensare il mondo e non la mera risoluzione di una questione pratica», conclude Riccardo.

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

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