Diciamo subito che la nuova normativa relativa ai libri di testo, profondamente reimpostata, integrata, ripetutamente corretta, da parlamenti e governi, per mettere a fuoco le possibili (e si spera anche utili) sinergie fra tradizione e innovazione, grazie all’uso didattico del digitale, sarà operativa a partire dall’anno scolastico 2014/15.
Questo significa che le nuove adozioni dovranno essere state deliberate dai Collegi dei docenti nella seconda decade di maggio, dopo una impegnativa analisi, valutazione e validazione delle offerte editoriali, ormai prevalentemente miste, tra cartaceo e digitale, dopo anni di blocco delle edizioni e delle
adozioni, a partire dal 2008. E i Collegi dei docenti dovranno aver svolto il loro impegnativo compito anche con scrupoloso rispetto dei tetti spesa, per altro quantificati e decretati dal Miur all’ultimo momento: già, perché nella mente dei legislatori, la ragione primaria del passaggio al digitale è stata fin dall’inizio l’illusione che questo avrebbe consentito grandiose economie, come se il valore dei contenuti fosse tutto nella carta stampata che li veicolava, e non nella ideazione, progettazione e realizzazione
di nuovi prodotti in grado di svolgere al meglio la delicata funzione di agevolare l’apprendimento (e l’insegnamento).
E questo vale per tutte le discipline o materie che compongono i piani di studio, ciascuna con le proprie
specificità didattiche, espressive e di supporto, anche allo studio domestico e individuale, a tutt’oggi insostituibile (e credo anche in futuro). Con tutte le declinazioni più appropriate rispetto alle sinergie con il digitale, non certo identiche per i diversi insegnamenti e apprendimenti.