Proviamo a ripartire. I dati disponibili alla ventottesima settimana del 2020 (11 luglio) mostrano un dimezzamento delle minori vendite che avevamo registrato per l’editoria di varia nei canali trade – quelli meglio e più rapidamente monitorati – alla sedicesima settimana (la presentazione completa qui).
Dal -20% rispetto al corrispondente periodo del 2019 (grossomodo metà aprile, a lockdown ancora in corso), al -11% della prima decade di luglio.
 
Certo, è un dato medio. Ci sono comparti che hanno risultati ben più negativi: la turistica, i settori legati alle mostre d’arte e ai bookshop museali, i tanti editori che nei saloni e nei festival trovano importanti fonti di ricavo. Ma intanto il segnale di fondo è la ripartenza.
 
Un segnale lo avevamo avuto nella presentazione dell’Indagine Cepell - AIE. La quota di persone che – a metà maggio – prevedevano di incrementare, tra i consumi culturali, la lettura era l’unico valore in territorio positivo: +4,7% («Certamente sì» + «Probabilmente sì»). Dato ancor più importante perché la richiesta di previsione di comportamento avveniva poco dopo il 4 maggio – data spartiacque tra Fase 1 e Fase 2 – quando gli spostamenti diventavano consentiti ma solo all’interno della regione, i bar e i ristoranti potevano offrire solo servizi da asporto, il commercio avrebbe riaperto non dall’11 maggio, come si ipotizzava, ma dal 18 (le librerie  in alcune regioni italiane avevano riaperto il 14 aprile dopo aver chiuso giovedì 12 marzo).
 
Ecco, in questo contesto, la previsione degli intervistati indicava proprio nella lettura di libri l’attività che avrebbe fatto maggiormente rispetto ad altri consumi di tipo culturale.

Il recupero è avvenuto con il boom del commercio elettronico. Dagli store online, ma anche dai siti degli editori e di alcune librerie. Se si pensa che a fine 2019 valeva il 27% del mercato trade, ad aprile 2020 (periodo gennaio-aprile, sedicesima settimana) era al 48% e, dopo aver toccato in alcuni periodi picchi ben più alti, cala al 44% alla ventottesima settimana.

Recuperano anche i canali fisici, soprattutto le librerie, che come avevamo visto nella presentazione di fine maggio avevano mostrato interessanti spunti volti all’innovazione nel servizio: consegne a domicilio, uso del sito per ordinare, messa online del catalogo dei titoli disponibili (le librerie individuate come attive da IE erano circa 700).


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Ciò che sta avvenendo è ben rappresentato dai dati di iBuk di Informazioni editoriali. I dati che disegnano la curva del 2019 e quella del 2020 alla ventinovesima settimana si riferiscono a vendite reali e non espanse, pari a circa il 50% del mercato trade (manca Amazon e la catena di librerie Giunti).

Se l’andamento di gennaio-febbraio 2020 risultava essere sostanzialmente in linea con l’anno precedente, a partire dalla sesta settimana (3-9 febbraio) si iniziano a registrare significativi e progressivi segni negativi. Fino al -70,3% nella settimana che va dal 23 al 29 marzo. Poi la lenta risalita. Quello che è interessante notare è come dalla ventiquattresima (-0,7%) la curva del 2020 inizia a sovrapporsi a quella dell’anno precedente. Significa che se potessimo considerare anche le vendite settimanali di Amazon saremmo già entrati, a quella data, in un territorio positivo. E nella settimana 29, anche senza questi player, il risultato è chiaramente un +2,5%.

Una ripartenza: perché c’è da recuperare nella seconda metà dell’anno – a parità di condizioni attuali: riduzione dei contagi, assenza di significativi focolai di ritorno, andamento delle spese delle famiglie… – tutta quell’area negativa che l’andamento delle due curve disegnano.

Una cosa non meno importante sembra emergere da questi dati. Il libro pare tornato a quella condizione anticiclica che lo aveva contraddistinto prima della crisi del 2011. Crisi che si era conclusa proprio lo scorso anno con un mercato trade che era tornato ai valori di quell’anno.



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L'autore: Giovanni Peresson

Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.

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