I dati recentemente aggiornati ad aprile 2020 sull’andamento del commercio al dettaglio possono costituire un buon indicatore di benchmark con cui misurare l’andamento dei comparti della distribuzione editoriale.
Detto che rispetto a marzo il calo è stato del -10,5% (alimentare e non alimentare; a marzo -20,5%), la contrazione maggiore la troviamo ancora nelle vendite di prodotti non alimentari con un -24,0% (-36,0% a marzo).

Il crollo appare ancora più evidente se, fatto pari a 100 il valore delle vendite del 2015, seguiamo quello che è avvenuto all’indice negli ultimi due mesi. Da un valore che si collocava già in un non eclatante 100-101 (e rispetto all’indice di 100 del 2015!) nell’ultima parte del 2019 lo vediamo piombare a 63,2 a marzo e poi a 47,7 ad aprile. Praticamente si è più che dimezzato in 60 giorni.




Restano confermati rispetto alla rilevazione del mese scorso gli elementi relativi alla torsione che sta avvenendo nei comportamenti di scelta dei canali da parte dei clienti, per ora riconducibile all’emergenza sanitaria e al lockdown delle attività commerciali. Diminuisce – ci riferiamo all’andamento complessivo - del -16,4% per la grande distribuzione (-9,3% a marzo), si accentua ancor più il calo per le imprese operanti su piccole superfici con un -37,1% (e la classificazione adottata da Istat fa rientrare in questa categoria tutti i punti vendita con meno di 400 metri quadrati; a marzo -28,2%). Mentre è in crescita sostenuta l’e-commerce che dal +20,7% di marzo incrementa ancora a un +27,1%.

Dati prevedibili, in fondo. Tanto che sarà interessante vedere cosa sta accadendo (e accadrà) grazie alla riapertura del piccolo commercio al dettaglio, per iniziare a capire meglio il ruolo di catalizzatore che il Covid-19 può aver avuto sui processi di apprendimento da parte del consumatore di modalità di acquisto diverse – indipendentemente dal fatto che si parli di libri o meno – rispetto al passato.

 

 

 

L'autore: Giovanni Peresson

Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.

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