Rischia di costare caro agli editori britannici la Brexit: se il governo porterà avanti il suo progetto di definire nuove regole per la protezione del copyright diverse da quelle in vigore nell’Ue, il mercato potrebbe restringersi del 64%, ovvero potrebbe perdere 2,57 miliardi di euro, secondo le stime della Publishers Association contenute in una ricerca presentata a fine agosto. Gli scrittori e autori britannici, in particolare, incasserebbero 592 milioni di euro in meno l’anno. Un terremoto contro cui editori e professionisti del libro si stanno mobilitando con la campagna #saveourbooks, che è anche un sito Internet dove ogni cittadino può trovare le informazioni e i pre-stampati per scrivere al proprio deputato, sensibilizzandolo sul tema. Tra gli autori che hanno già aderito alla campagna, Bernardine Evaristo, autrice pluripremiata per Ragazza, donna, altro, Philip Pullman, classe 1946, il padre della trilogia Queste oscure materie, David Nicholls, autore di Noi. Ma la lista è ben più lunga di così e, accanto a editori e autori, si stanno mobilitando gli agenti e anche la società di gestione dei diritti collettivi.
Un ostacolo della campagna è la tecnicità della questione dibattuta, le cui ricadute però sono estremamente concrete. Tutto ruota attorno al concetto di «esaurimento del diritto d’autore», in inglese «Exhaustion». L’esaurimento si applica ai beni materiali coperti da diritto d’autore, non solo i libri quindi, e limita il diritto esclusivo alla distribuzione di tali beni quando il diritto d’autore non è più in grado di limitare la successiva circolazione dell’oggetto. Chi possiede un libro cartaceo, quindi, per il concetto di esaurimento del diritto d’autore è titolato a farne quello che vuole: può tenere il libro nella sua libreria e farlo consultare solo ai familiari, prestarlo ad amici, abbandonarlo per strada, anche venderlo. Bene, le regole in vigore nell’Unione europea prevedono che il diritto d’autore si esaurisce dopo la vendita dell’oggetto-libro all’interno dell’Unione europea: un libro venduto in una libreria dei 26 Paesi può liberamente circolare, essere venduto, ricomprato in ogni Stato. Non è così invece per i libri venduti fuori dall’Unione europea. Una delle opzioni allo studio del governo britannico è quella di introdurre adesso una «International Exhaustion» al posto della «Regional Exhaustion» che era in vigore con la Gran Bretagna membro dell’Ue.
Paradossalmente, con queste nuove regole la Gran Bretagna pagherebbe quello che fino ad oggi era un suo punto di forza, ovvero l’internazionalizzazione: secondo gli editori, infatti, il paese rischia di essere «invaso» da copie stampate per altri mercati e che finirebbero per rendere il mercato nazionale molto più povero, più che dimezzato. «Se il governo cambia le nostre leggi sul copyright – ha spiegato il Ceo dell’associazione degli editori, Stephen Lotinga – ciò potrebbe essere devastante per l’industria del libro del Regno Unito. Queste misure significherebbero, inevitabilmente, meno libri, meno autori, meno lettori».
Uno dei punti a favore dell’International Exhaustion sarebbe la creazione di un grande mercato unico del libro in lingua inglese che, secondo alcuni, andrebbe a favore dei lettori, riducendo il costo dei libri. Nel settore librario la Gran Bretagna ha già regole diverse, di stampo maggiormente liberista, rispetto al resto d’Europa, in primis sul prezzo dei libri che è totalmente libero, ma i risultati di tale impostazione sono estremamente controversi e hanno, ad esempio, portato a una grandissima crisi della rete distributiva fisica, surclassata dalla concorrenza dell’online con i suoi prezzi al ribasso.
Sono nato a Genova e vivo a Milano. Giornalista, già addetto stampa di Marsilio editori e oggi di AIE, ho scritto per Il Secolo XIX, La Stampa, Internazionale, Domani, Pagina99, Wired, Style, Lettera43, The Vision. Ho pubblicato «Figli dell’arcobaleno» per Donzelli editore. Quando non scrivo, leggo. O nuoto.
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