Uno dei fenomeni che stanno cambiando l’odierna economia del libro riguarda la crescita del mercato secondario. Già approcciandoci alla sua denominazione di libro «usato», ci accorgiamo di come si tratti di un mercato complesso, con tipologie di prodotto molto diverse tra loro: le giacenze di magazzino che l’editore vuole liquidare (ma non macerare), le biblioteche domestiche dismesse (al cui interno si trovano anche libri di modernariato), i libri che un privato vuol vendere perché non lo interessano più, fino al vasto mondo dell’usato scolastico dalle scuole secondarie fino all’universitario.

L’occasione di approfondire questo tema si è presentata grazie a un incontro dedicato che si è tenuto durante questa edizione del Salone della cultura a Milano, in cui è stata presentata l’indagine condotta dall’Associazione Italiana Editori sul mercato secondario. A cosa è dovuta la crescita e l’interesse del mercato dell’usato? Qual è il profilo dell’acquirente di libri usati e da quali motivazioni è spinto verso l’usato rispetto un libro nuovo?

Molti sono i fattori che spiegano la crescita economica di questo settore: anzitutto il processo di professionalizzazione portato avanti in questi anni dalla maggior catena che tratta l’usato in Italia, il Libraccio (che ha di recente compiuto 40 anni). L’altra leva importante è sicuramente rappresentata dall’inserimento dell’usato negli store online, attraverso marketplace specializzati ma anche all’interno di e-commerce fino ad allora dedicati solo al nuovo.

Ma vanno considerate anche leve minori eppure significative nel loro registrare l’interesse del pubblico, come il fenomeno dei mercatini periodici (il caso più emblematico è quello milanese di Piazza Diaz nella seconda domenica di ogni mese) che raccolgono decine di migliaia di visitatori, oppure lo stesso Salone della cultura con il suo mix espositivo di piccoli editori che espongono il libro nuovo, senza considerare il mondo del libro antiquario.

Secondo i dati dell’Osservatorio AIE realizzato assieme a Pepe Research, tutto questo ha fatto sì che nel 2019 il 27% dei 15-75enni dichiara di aver acquistato un libro usato (in libreria, fiera, bancarella, e-commerce, ecc.). Una percentuale che è fortemente correlata con l’indice di lettura: si passa dal 28% dei debolissimi lettori (1-3 libri all’anno) a un 53% tra i forti lettori (12+ libri all’anno). C’è poi anche un dato interessante relativo ai non lettori, il 9% degli acquirenti di usato, che probabilmente comprano per altri o che approfittano dello sconto sul prezzo di copertina per acquisti regalo.

Si tratta di un pubblico giovane – il 50% ha meno di 25 anni –, e in generale più giovane rispetto alla media di chi compra in libreria. Anche se è necessario sottolineare una generale crescita dell'interesse da parte di un pubblico trasversale, che tocca le diverse fasce di età: quello del libro usato, coi suoi numeri, è diventato necessariamente un pubblico più complesso, non più composto soltanto da studenti desiderosi di risparmiare.

Un pubblico che, anche per la sua età media, è caratterizzato dalla preferenza alla multicanalità. Su 100 persone che hanno comprato libri di «varia» usati, infatti, il 67% ha acquistato anche libri nuovi in librerie di catena, il 51% in librerie a conduzione familiare, il 25% in edicola e GDO, e il 39% in store online.

Delineare il pubblico di riferimento di questo mercato, una fetta sempre più consistente e variegata di potenziali clienti, spiega anche le ragioni dietro le trasformazioni che stanno avvenendo, sempre più di frequente, negli assortimenti di molti punti vendita e store online, con lo spuntare di scaffali – fisici o virtuali – interamente dedicati al libro usato.


Le slide relative all’incontro Una storia infinita: i mercati paralleli del libro. L’usato: chi lo compra? che si è svolto il 19 gennaio al Salone della cultura sono disponibili nella sezione Presentazione del sito.

L'autore: Giovanni Peresson

Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.

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