Così la narrativa di autore italiano è tra i settori che hanno mostrato in questi anni andamenti migliori rispetto alla media del mercato, e migliori lungo tutto il periodo (con la sola eccezione del 2016). Ha attutito i segno «meno» e ha rafforzato (2015) i segni «più».
Le ragioni sono diverse, e ancora si differenziano per i tanti segmenti che la compongono: come mostrano alcune slide dell’indagine sul tema che ha presentato Nielsen a Tempo di libri. Alcune componenti sono trasversali. Il formarsi di una generazione di autori che lavora molto di più su una letteratura e una scrittura di genere: a cominciare dal giallo e dal fantasy o dalla letteratura YA e dal graphic novel. Autori che provengono da settori diversi da quelli tradizionali del lavoro umanistico o editoriale. Frutto anche di un’attività di scouting che ha saputo muoversi su territori assai meno esplorati, come quello dei social, e che – assieme all’editor – ha trasformato questi materiali in testi narrativi. Ma anche editori: il caso maggiormente emblematico è Sellerio (ma lo stesso discorso vale anche per E/O) che sotto l’ombrello di Camilleri è stato capace di scoprire e far crescere nuovi autori. Si è trattato, cioè, di un ampio e diffuso processo di innovazione e di investimento sugli autori: dall’editing ai tour di lettura.
In un articolo uscito qualche tempo fa sul «Venerdì di Repubblica» (Dal Nord al Sud, piccoli Montalbano crescono di Alberto Riva, 17 maggio 2017) si metteva bene in evidenza questo aspetto: la forte dimensione regionale che è venuta assumendo, ad esempio, la crescita del giallo di autore italiano. Esprimendo un bisogno del lettore di identificarsi in elementi geografici, paesaggistici, culinari, in modi di dire, costumi e abitudini. Senza per questo cadere nello stereotipo.
Tradotto, significa che la narrativa italiana – non necessariamente di genere – sa oggi rispondere assai meglio rispetto al passato a bisogni di riconoscimento in mondi narrativi che sono più congeniali e vicini al lettore italiano. E anche le distanze tra qui e al di là dell’Atlantico, o delle Alpi o della Manica si sono fatte più brevi. Perché anche l’editore e il lettore straniero si riconosce in quelle narrazioni.
Tutto ciò ha poi un impatto non secondario sulla vendita di diritti all’estero. Non è un caso se la narrativa di autore italiano sia uno dei generi con il maggior tasso di crescita nell’export di diritti, con le oltre 1.600 opere vedute nel 2016 a editori stranieri.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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