Tutto appariva tranquillo. Il 2019 si era chiuso con un importante segno positivo (+4,9%). Il valore generato dai canali trade era tornato a quello del 2011. Anche le copie, dopo anni, erano tornate a crescere. Gennaio era andato benino. Le prime settimane di febbraio avevano fatto segnare, è vero, un rallentamento nelle vendite. Nessuno immaginava cosa sarebbe accaduto al giro di boa della settima settimana.
Nell’ottava settimana – da lunedì 24 febbraio a domenica 1° marzo – le vendite di libri nelle librerie (di catena e a conduzione familiare), negli store online (compreso Amazon) e nel banco libri della Gdo sono diminuite rispetto alla corrispondente settimana del 2019 del -20,6% a valore e del -19,3% a copie. Un crollo delle vendite in sette giorni di 4,2 milioni di euro e di 259 mila copie in meno (Fonte: Nielsen). E il calo si attesterebbe a quasi un -25% considerando le librerie specializzate, quelle universitarie e quelle marginali che non rientrano nei panel degli istituti di ricerca. È la conseguenza, quella più evidente ma non la sola, dell’impatto che l’epidemia del Covid 19 sta avendo su tutto il comparto.
Questi gli effetti maggiormente percepibili e quantificabili. Nel frattempo giungevano via via le notizie di rinvii di eventi fieristici di settore: Cartoomics, London Book fair, Bologna Children’s Book fair, Bookpride, Fiera del libro di Napoli. Chiuse le biblioteche e i musei, sospese le mostre e gli eventi culturali, cancellate le presentazioni di libri e di autori nelle librerie. E lo smart working attuato da sempre più editori con le problematiche organizzative conseguenti.
L’effetto è quello di un’ombra lunga che si proietta già da ora sulle prossime settimane e sui prossimi mesi. Temiamo su tutto il 2020. Sulla produzione e il lancio delle prossime novità. Sulla stampa e la post produzione; sulla distribuzione e sulla promozione. Sulle librerie. Sul ricorso a strumenti di cassa integrazione. Un’ombra lunga che avrà effetti anche su molte delle attività svolte al di fuori dello stretto perimetro aziendale. Il nostro settore è caratterizzato da una forte esternalizzazione delle attività. Molte affidate a liberi professionisti o a studi esterni: grafici, scout, illustratori, traduttori, book blogger, organizzatori di eventi culturali; professionisti (o micro società) che si occupano dello sviluppo e della gestione dei siti e delle attività online. Il rinvio di alcune fiere internazionali in cui si tratta la cessione di diritti o le coedizioni avranno effetti su un’altra importante componente del business degli editori italiani. Ancora difficile da prevedere l’impatto che avrà sul settore educativo con l'attuale sospensione delle attività didattiche. Come – in prospettiva – sulle editorie di altri Paesi tra loro sempre più connesse in un mercato e in un interscambio globale.
Cambiano – stanno cambiando – i comportamenti del pubblico, prima ancora che dei lettori. Si leggerà di più o di meno in tempio di Tutti in casa («Repubblica», 10 marzo 2020)? Scriveva ieri Ilvo Diamanti sulle pagine di «Repubblica» (La paura della paura, p. 29): «l’in-Sicurezza e l’in-Certezza ci accompagnano da molti anni. […] Ma, da qualche tempo, sono diventate sempre più importanti, per spiegare gli atteggiamenti e i comportamenti personali e sociali. […] La paura e le paure coinvolgono diversi ambiti e diversi fronti» ma sono di casa da noi da più tempo che da qualche settimana. «Minacce eterogenee, difficili da accomunare. Se non per un aspetto. L’impossibilità di circoscriverne i confini. […]. Viviamo, da tempo, in un clima di paure. Che cambiano di volta in volta.» Paura? Sì, certo; ma anche la consapevolezza che siamo un settore che ha in sé tutti gli anticorpi per offrire a cittadini sempre più frastornati e alle istituzioni alcuni degli strumenti e delle narrazioni migliori per affrontare l’emergenza del Covid-19.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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