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Mercato

Afghanistan, inaspettata terra di editori

di Camilla Pelizzoli notizia del 27 marzo 2018

Attenzione, controllare i dati.

L’Afghanistan è una terra in conflitto, di cui si parla soprattutto in caso di eventi violenti e attentati (non ultimo quello alla moschea di Herat). Eppure, verrebbe da dire, un Paese non è solo questo. Così scopriamo, per esempio, che anche in questo Stato ferito dalla guerra il mercato del libro non solo si sta riprendendo, ma lo sta facendo con particolare vigore, soprattutto constatando che le percentuali di analfabetismo sono ancora molto alte.

A Kabul, la capitale, sono ora attivi ventidue editori, e molti altri sono sparsi per le 34 province che formano il Paese. Molte di queste case editrici nell’ultimo anno si sonno ingrandite, aprendo anche dei centri logistici a cui affidare la distribuzione e la consegna dei propri libri, oppure delle librerie di proprietà, che vanno a unirsi alle librerie indipendenti già aperte. Le librerie registrate in città sono 60, secondo il governo afghano: un numero più che rispettabile anche per città che vivono in situazioni molto meno gravi rispetto a Kabul.
Numeri che sorprendono ancora di più pensando che nel 2001, quando si concluse la dominazione talebana, rimanevano soltanto due editori, quello di Stato e Aazem Publishing, e una libreria, all’interno dell’Intercontinental Hotel.

Ma come si è sviluppato nella pratica, in un paese con una media del 40% di alfabetizzazione (52% gli uomini e 24% le donne, secondo dati del 2015), un mercato così promettente? «Penso che in qualunque luogo, ma forse specialmente in un luogo in cui c’è la guerra, la lettura di un libro crei una pausa dalla vita di tutti i giorni e isoli il lettore da quello che lo circonda mentre è immerso in un libro» ha detto Jamshid Hashimi al New York Times. Jamshid gestisce una biblioteca online (la Darakht-e Danesh, letteralmente albero della conoscenza, utilizzabile da chiunque abbia una connessione internet) e ha fondato Book Club Afghanistan, una comunità di appassionati della lettura. «Questa è una potente possibilità anche altrove, ma in un luogo come l’Afghanistan può diventare un mezzo per la sopravvivenza emotiva».
E per rispondere a questa domanda di consumo, gli editori si sono subito attivati, collegando a questa attività anche un’azione – in un certo senso – civile. «È un progetto nostro e condotto da noi afghani» ha sottolineato per esempio Safiullah Nasiri, tra i proprietari di Aksos, casa editrice che ha anche librerie collegate (nonché un vero e proprio retailer online: vende libri anche attraverso la pagina Facebook e li consegna, via corriere, per 50 centesimi a copia). Un punto importante, l’indipendenza di queste attività, visto che molte industrie afghane sono state pressoché cancellate dalla guerra. L’importazione di beni – anche di prima necessità – è altissima e la presenza della comunità internazionale diventa a volte fin troppo preponderante. «È un momento entusiasmante. Gli editori cercano nuovi autori da pubblicare, i giovani nuovi libri da leggere, gli scrittori degli editori con cui pubblicare. C’è un’atmosfera molto dinamica. Ed è qualcosa di indipendente, senza assistenza dall’estero».

Prima, la maggior parte del materiale stampato era prodotto in Pakistan; ma quando il sistema scolastico afghano ha ricominciato a muoversi dopo anni di guerra civile e dittatura talebana, molti editori hanno deciso di investire in macchinari per la stampa e cimentarsi nell’impresa di riavviare, insieme al governo, l’istruzione del Paese, stampando milioni di copie di libri di testo. Da lì si è poi passati alla traduzione di saggistica proveniente dall’estero, in particolare dagli Stati Uniti, per soddisfare il desiderio della popolazione di scoprire, in particolar modo, cosa si pensa del loro Paese e della guerra all’estero. E ora, per la prima volta dopo molti anni, si sta cominciando a commissionare lavoro agli autori locali.
Ovviamente non è tutto rose e fiori. La pirateria, in primo luogo, minaccia molto concretamente questi imprenditori. Il governo sta cominciando a occuparsene, ma editori e librai richiedono uno sforzo più intenso su questo fronte, in particolare contro i libri piratati e i negozi che vendono libri fotocopiati, che rischiano di tagliare sul nascere le possibilità di queste nuove imprese culturali di affermarsi.
Si può solo sperare che abbiano il tempo di piantare delle radici e instillare nelle future generazioni di afghani l’interesse per la lettura.

L'autore: Camilla Pelizzoli

Laureata in Lettere moderne (con indirizzo critico-editoriale), ho frequentato il Master in editoria. Mi interessa la «vita segreta» che precede la pubblicazione di un libro – di carta o digitale – e mi incuriosiscono le nuove forme di narrazione, le dinamiche delle nicchie editoriali e il mondo dei blog (in particolare quelli letterari).

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