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Librerie

In Giappone ci sono sempre meno librerie

di Elisa Buletti notizia del 18 giugno 2024

Circa un quarto dei comuni in Giappone non ha una libreria nella propria area: è quanto emerso dalla ricerca condotta dalla Japan Publishing Organization for Information Infrastructure Development, un'associazione di categoria che riunisce l’industria editoriale giapponese.

La diffusione di Internet e degli store online avrebbe provocato, infatti, un crollo della domanda delle pubblicazioni a stampa in Giappone, mettendo in difficoltà le librerie fisiche: delle 19.920 che erano attive nel 2004, ne rimangono oggi 10.960 (febbraio 2024, fonte ICE-Agenzia).

La funzione nevralgica delle librerie, d'altronde, non si esaurisce nella vendita di libri. Soprattutto nelle aree rurali, infatti, le librerie fungono anche da centri culturali, da ritrovo per le comunità locali, da luogo di confronto e socializzazione per gli adulti, ma anche per le bambine e i bambini. Per queste ragioni, il Ministero dell'Economia, del Commercio e dell'Industria giapponese (METI) ha istituito la task force Bookshop Promotion Project Team al fine di sostenere le librerie dislocate nelle città di tutto il Paese.

Ritenendo le librerie pilastri della promozione della cultura nelle cominità locali, il METI intende fornire loro ampio sostegno, coinvolgendo i dipartimenti che supportano la trasformazione digitale anche per aiutare le realtà più piccole a rimanere competitive rispetto all'offerta online. Implementando per esempio i pagamenti senza contanti, che in Giappone sono ben poco accettati soprattutto lontano dai grandi centri. O, più in generale, indagando quali siano le ragioni di allontanamento del pubblico e agendo attivamente per contrastarle.

Il governo, per esempio, sta anche valutando dei piani per promuovere la collaborazione tra biblioteche locali e librerie: le biblioteche potrebbero acquistare più titoli dai negozi locali per arricchire le loro collezioni e ai clienti sarebbe concesso prendere in prestito o restituire i libri delle biblioteche utilizzando la libreria più vicina. Creando quindi un servizio più capillare sul territorio e un'occasione di visita in più.

D'altronde, come riporta il Japan Times, gli esercenti non stanno a guardare, e sono diversi i modi in cui stanno cercando la perduta sostenibilità economica delle loro librerie. Dalla sperimentazione dei negozi senza dipendenti, che durante la pandemia da Covid hanno suscitato interesse per la loro capacità di evitare i contatti e prevenire i contagi, e che oggi possono essere una soluzione per abbattere i costi gestionali. Una delle prime librerie senza dipendenti è nata proprio a Tokyo, nella stazione metropolitana Tameike-sanno: si chiama Hontasu e gli utenti, per accedervi, devono registrarsi online e scansionare con il proprio smartphone un codice QR.

Un altro modo in cui i rivenditori di libri cercano di rimanere attivi sul mercato è cavalcando l’onda delle librerie condivise. Con una piccola quota iniziale, il pagamento di una fee mensile di circa 40 euro e una commissione del 10% su ogni vendita, l'esercente può vendere i propri libri a spese contenute, affidandosi alle cure di libraie e librai a loro volta condivisi, agli spazi e ai servizi di gestione comuni della libreria condivisa, dove spesso i libri possono essere anche solo noleggiati, in un clima di confronto e scambio con la comunità di riferimento.

L'autore: Elisa Buletti

Laureata in Lettere all’Università degli Studi di Verona, ho conseguito il master Booktelling, comunicare e vendere contenuti editoriali dell’Università Cattolica di Milano che mi ha permesso di coniugare il mio interesse per i libri e l’intero settore editoriale con il mondo della comunicazione digital e social.

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