Per i suoi primi quarant’anni, la Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri è potuta tornare in presenza, riempiendo ancora gli spazi della Fondazione Giorgio Cini, a Venezia, dopo le due edizioni in streaming della pandemia. Il tradizionale Seminario di perfezionamento – quest’anno dal 24 al 27 febbraio – si è svolto nel ricordo di Achille Mauri, scomparso lo scorso 11 gennaio. Lo «zio generoso, inclusivo, che tutti amava e da tutti era amato» ricordato da Stefano Mauri in apertura alla giornata conclusiva della Scuola e celebrato con trasporto da tutta la famiglia: quella dei congiunti e quella del mondo del libro.
Come di consueto, il Seminario ha rappresentato l’occasione per presentare i dati di mercato dell’Associazione Italiana Editori, realizzati in collaborazione con Nielsen BookScan. «Il libro italiano è vivo, vegeto e vitale» ha commentato il presidente di AIE Ricardo Franco Levi in proposito. «Si è comportato bene rispetto all’anno precedente e ancora meglio degli anni pre-pandemia, totalizzando nel 2022 poco meno di 1 miliardo e 700 milioni di euro. Con un lieve calo, fisiologico, rispetto all’eccezionale 2021, ma soprattutto con un grande vantaggio sul 2019».
Quello del libro – ha ricordato Levi anche come presidente della Federazione degli editori europei – è l’unico settore in cui «l’Europa è il gigante del mondo». «Quando Obama ha voluto pubblicare le sue memorie è a un editore europeo che si è rivolto. Sei dei primi dieci gruppi editoriali al mondo sono europei. E l’Italia è la quarta editoria in Europa e la sesta nel mondo». «State entrando in un mondo solido, che tiene bene» ha chiosato infine rivolgendosi alle allieve e agli allievi della quarantesima edizione della Scuola e figurandosi il loro futuro.
Lo sguardo sul domani, d’altronde, ha attraversato l’intero Seminario, facendosi tema di discussione nella tavola rotonda Il cambiamento generazionale dei lettori che ha visto confrontarsi sulle readership giovanili alcuni tra i principali professionisti dell’editoria internazionale.
James Daunt, amministratore delegato di Waterstones e CEO di Barnes & Noble, aveva sottolineato già l’anno scorso come la resistenza del mercato fisico del libro – quello dei libri di carta venduti nelle librerie di mattoni – fosse uno degli aspetti più straordinari della pandemia da Covid, soprattutto se incrociato con i nuovi pubblici portati in libreria dall’esplosione del fenomeno dei manga. «Abbiamo sfruttato la pandemia per riorganizzare la selezione e l’esposizione dei libri: siamo passati da una piccola sezione manga a molti più scaffali, ne abbiamo acquistati per 150 milioni di dollari. I ragazzini sono arrivati a frotte».
Come librai, ha proseguito Daunt, possiamo essere autori dell’evoluzione del pubblico della libreria e dell’apertura alle generazioni più giovani. «Con i nostri consigli possiamo sostenere e indirizzare le vendite, possiamo buttarci giù dalla montagna e scatenare la valanga». Senza dimenticare che nelle librerie fisiche i libri sono oggetti fisici, e anche come tali devono essere mostrati, promossi, venduti. «È importante che i libri che vendiamo siano anche belli: rilegatura migliore, carta migliore. E negli ultimi due anni la capacità di inventiva degli editori, anche in questo senso, è stata eccezionale».
Quando Porter Anderson – anche per questa edizione moderatore della tavola rotonda – ha considerato come una delle caratteristiche dell’editoria sia rispecchiare e rappresentare il contesto storico, geografico, sociale in cui opera, Madeline McIntosh, CEO di Penguin Random House, ha sottolineato di rimando come la demografia del lettore statunitense sia molto più diversificata oggi rispetto a quando non lo fosse vent’anni fa. «Ed è un processo che continua ad accelerare».
Nel confronto della propria generazione, la X, con quella dei suoi figli, la Z, McIntosh coglie la dimensione del cambiamento. Portatrice dell’«ingenuo ottimismo» del crollo del muro di Berlino la prima, della consapevolezza del cambiamento climatico e della necessità dell’impegno civile e sociale la seconda; socializzata nel contesto pre-digitale la prima, nativa digitale la seconda; a prevalenza bianca la prima, per più di metà di colore la seconda.
«È importante – sottolinea a tal proposito – superare la distanza tra gli editori, in prevalenza bianchi, e la comunità dei lettori, sempre più composta da persone non bianche. Per questo i grandi gruppi stanno cercando di portare al loro interno professionisti dell’editoria sempre meglio in grado di identificarsi con chi legge. Ed è giusto non solo da un punto di vista sociale, ma anche in ottica di business: è l’unico modo per continuare a pubblicare libri che i lettori vogliano leggere».
Ma quali sono i libri che vuole leggere la Generazione Z? McIntosh sottolinea come il pubblico statunitense dei lettori più giovani sia alla ricerca di coinvolgimento emotivo: «Romance, fantasy, horror, o un mix tra questi generi. Le loro scelte sono orientate da un bisogno di catarsi, per esempio dall’isolamento tecnologico, sociale e fisico esperito non solo nella pandemia». E non vale per la sola narrativa. Quando si parla di non fiction, i lettori più giovani sono interessati al benessere mentale laddove le generazioni precedenti leggevano di più di benessere fisico: «Vogliono alleviare lo stress, affrontare i traumi. Al punto che anche Spare, l’autobiografia del principe Harry, viene promosso come la storia di un trauma familiare e della sua elaborazione».
Anche sull’attaccamento al libro fisico, al libro come oggetto, la Generazione Z sembra fare un passo di lato rispetto all’approccio posizionale espresso dai Millennial. «Ne comprano in gran quantità – precisa McIntosh – per comunicare visibilmente i loro valori, per esempio mostrando quei libri su TikTok».
Gilles Haéri, direttore generale di Editions Albin Michel, se da un lato riconosce l’efficacia delle relazioni tra pari abilitate dai social media nella circolazione dei libri e nella promozione della lettura, sottolinea anche il grande impatto, in Francia, delle azioni istituzionali in favore della lettura. «Il Pass Culture ha portato in libreria per la prima volta moltissimi lettori giovani, che hanno comprato magari manga, ma anche un romanzo. Credo, insomma, che sia possibile creare un ponte tra le nuove generazioni e la cultura classica, ed è la strategia che suggerisco».
Venendo poi al peso della libreria nell’equazione della lettura, Haéri sottolinea come in Francia – un Paese dove l’e-commerce editoriale resta un fenomeno di secondo piano – il 70% dei librai e delle libraie siano indipendenti: se la pubblicità e la comunicazione tradizionale sono oramai inefficaci nel raggiungere i lettori, e l’investimento sui social è in funzione di certi specifici target anagrafici, «i librari sono i nostri interlocutori principali, i nostri testimonial preferiti». Proprio per promuovere tre libri italiani – I leoni di Sicilia di Stefania Auci, L’angelo di Monaco di Fabiano Massimi e Il treno dei bambini di Viola Ardone – la casa editrice Albin Michel, che ne ha acquistato i diritti di edizione in Francia, ha puntato sul coinvolgimento in prima persona di migliaia di librai indipendenti, ai quali ha recapitato una copia dei libri accompagnata da una lettera d’invito alla lettura. «Ha funzionato. I libri sono piaciuti ai librai, che hanno cominciato a esporli in vetrina e a consigliarli».
Anche nell’esperienza genuinamente multicanale della catena tedesca di librerie Thalia il negozio fisico resta l’anello centrale dell’architettura di avvicinamento al libro. «Il digitale è il nostro cavallo di Troia per portare il lettore in libreria» sintetizza il CEO Michael Bush, sottolineando come l’ingresso di Amazon sul mercato editoriale abbia spinto l’azienda a ripensare la libreria come piattaforma di prossimità per il lettore, per tenerlo agganciato a un ecosistema dell’intrattenimento capace di esaudire dovunque e comunque ogni suo bisogno.
Ma con la pandemia, continua Bush, il rapporto con i canali d’acquisto è stato ridefinito lungo il crinale della differenza anagrafica. Così le generazioni più anziane sono tornate in libreria appena hanno potuto, ma parallelamente si sono aperte ai canali digitali. E i giovani hanno intensificato la frequenza del negozio fisico rispetto al pre-pandemia per lenire l’esperienza dell’isolamento sofferta nella pandemia, ma attivando una routine completamente diversa. «Prima vanno su Internet, per scegliere e selezionare, poi frequentano la libreria per godersi il resto dell’esperienza. Avere il libro in mano al momento dell’acquisto crea per loro valore».
Quel libro tenuto in mano e acquistato in libreria è lo stesso oggetto valoriale e sentimentale da mostrare su TikTok identificato da Madeline McIntosh. Non a caso, anche nella visione di Bush, l’elemento sociale della lettura sovrasta e determina quello social: «I giovani lettori si mettono in comunicazione sui social media perché vogliono entrare in contatto tra loro» con un approccio a questi canali che – se non sfiduciato come ipotizza McIntosh – è pacatamente e convintamente strumentale, sostiene Bush.
«La lettura e la scrittura sono stati i modi più efficaci, per i giovani, di confrontarsi con il trauma della pandemia prima, e poi della guerra in Ucraina» ha raccontato Sonia Draga, fondatrice dell’omonima casa editrice polacca. «Per la prima volta abbiamo visto tante ragazze e tanti ragazzi polacchi mettersi in fila alle fiere del libro in cerca dell’autografo di autrici e autori giovani come loro, polacchi come loro, provenienti da Wattpad».
È una visione confermata dall’esperienza di Stefano Mauri, CEO e presidente del Gruppo editoriale Mauri Spagnol, che ricorda come il libro più venduto del 2022 in Italia – Fabbricante di lacrime di Erin Doom – sia stato scritto su Wattpad da un’autrice ventenne la cui identità non è nota. «Al Salone del libro di Torino, dove abbiamo portato due booktoker in una sala, gremita, da 300 posti, la stessa Erin Doom, in ragione del suo anonimato, è rimasta alla porta». Ancora, Mauri racconta di BookCity Milano, dove «abbiamo organizzato un evento in cui 600 giovani si sono incontrati per leggere insieme in silenzio».
Un’esperienza catartica, una dimensione al tempo individuale e collettiva, uno specchio in cui cercare rappresentazione e un oggetto emotivamente denso attraverso cui rappresentarsi. I libri, per la Generazione Z, sono tante cose. E non solo per loro.
Spostando il focus sulle drammatiche vicende ucraine, Sonia Draga – anche alla luce dei quasi 2 milioni di rifugiati ucraini attualmente in Polonia, e dei quasi 200 mila studenti ucraini nelle scuole polacche – osserva che la guerra non è fatta solo di armi, ma anche di mistificante propaganda. «Il mio auspicio, perciò, è che gli autori e le autrici ucraine siano più rappresentate nelle biblioteche europee, perché i libri posso essere uno strumento di comprensione e di difesa culturale. E la propaganda va combattuta con le armi della diffusione culturale».
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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