La Fundación Telefónica, in collaborazione con il marchio editoriale Ariel, ha realizzato uno studio sull’evoluzione dei comportamenti di lettura nell’ecosistema digitale. L’obiettivo – non dissimile da quello dell’
Osservatorio sulle nuove forme di consumo editoriale realizzato da Aie in collaborazione con Pepe Research, che ha un approccio più marcatamente quantitativo oltre che qualitativo (
qui le slide dei dati più recenti, condivisi in occasione di
Più libri più liberi) – è quello di documentare
la varietà di argomenti, contesti, situazioni e strumenti in cui si articola, oggi, la fruizione di contenuti editoriali. I risultati dell’indagine sono confluiti in una pubblicazione dal titolo
¿Cómo leemos en la sociedad digital? Lectores, booktubers y prosumidores liberamente consultabile in PDF.
La lettura così come emerge dallo studio non è un’attività solitaria: piuttosto una pratica sociale, venata di importanti componenti affettive, legata inscindibilmente alla scrittura, all'interattività, al potere dell’immagine e all’oralità. Una lettura che si appropria di spazi quotidiani, che riconquista forme di ritualità pur diventando mobile nello spazio, frammentata nel tempo e moltiplicata per il numero di «occasioni e ragioni del leggere», accresciuto dalle nostre elaborate routine e diete mediali.
Il report inizia con un capitolo introduttivo dedicato ai «modi di leggere», che documenta da una prospettiva etnografica le nostre abitudini di fruizione del contenuto editoriale e la loro evoluzione. Dal modo in cui teniamo il libro (o il device) tra le mani a quello in cui viene rappresentata la lettura nell’arte o nei prodotti più pop come le riviste di lifestyle, fino al rapporto che la lettura instaura con il web e con l’audiovisivo. La conclusione che potrebbe essere tratta è che le pratiche che percepiamo come normalizzate non scompaiano, ma vengono affiancate da comportamenti e scelte che rendono la lettura più fluida e plurale.
La ricerca prosegue con un approfondimento sui comportamenti di lettura degli adolescenti e dei giovani, concentrandosi in particolare sul fenomeno dei booktuber, ragazzi che – esplorando il formato video – partecipano il dibattito culturale con ruoli tradizionalmente appartenenti a più o meno anziani critici letterari. E che non di rado legittimano, presso pubblici più ampi, scritture tendenzialmente di nicchia, assottigliando sia il confine tra i generi che quello tra i target. Chi sono i booktuber, o comunque i titolari di profili, pagine social e blog che parlano di libri? Essenzialmente donne, di età compresa tra i 16 e i 29 anni, con lauree o specializzazioni in filologia, traduzione o giornalismo e una passione quasi trasversale per Harry Potter.
Altro argomento centrale è quello dei luoghi della lettura in giovane età. Alle più tradizionali scuole e biblioteche, si affiancano posti (non necessariamente fisici) dove la lettura è coltivata per mero diletto, spesso come
elemento di socialità e condivisione con il gruppo dei pari. E non è raro che lì la lettura incontri e si mischi con la scrittura (proverbiale è il caso di Wattpad,
di cui abbiamo parlato ripetutamente sul Giornale della Libreria). L’intersezione tra fruizione editoriale e spazi del digitale, d’altronde, agisce sui codici stessi di lettura e scrittura. L’informazione diventa sovrabbondante, la capacità di scelta indispensabile, saltano le gerarchie tra professionismo e dilettantismo,
la narrazione si fa frammentata e condivisa.
Insomma,
la lettura che emerge dal report spagnolo non è «minacciata» dal contesto digitale, ma sicuramente solubilizzata in esso. E se il libro rimane la roccaforte di Analògia (una delle due città immaginarie protagoniste del racconto metaforico che conclude la pubblicazione), i cittadini di Digitalia fanno fatica persino a capire quanto tempo dedicano alla lettura, frammentata com’è tra tweet, contenuti digitali e status sui social, e inestricabilmente legata alle azioni del quotidiano. Una faccenda che ci coinvolge ormai in maniera globale: non è un caso che in Italia, a dichiararsi lettore di libri, sia
poco più del 40% della popolazione. Una percentuale che
cambierebbe significativamente accordandosi su una definizione più elastica e attualizzata di «lettura».
Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Fondazione Mondadori, Unimi e Aie. Da diversi anni mi occupo di contenuti, dal 2015 al Giornale della libreria. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: i social media e la cultura digitale, il branded content, l'e-commerce, i libri non necessariamente di carta e l’innovazione in quasi tutti i suoi aspetti. Fuori e dentro Internet.
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