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Editori

Una nuova leva di autori sta raccontando il calcio argentino

di Alessandra Rotondo notizia del 29 maggio 2018

«Basta entrare in una qualsiasi libreria argentina per accorgersi che i libri sul calcio occupano uno spazio crescente e hanno una collocazione privilegiata tra i nostri scaffali» scriveva un paio di settimane fa il giornalista e autore Ariel Hendler sul quotidiano online Perfil.

Nulla di particolarmente sorprendente, verrebbe da dire, considerata l’importanza che il pallone ha – e non da ieri – nella società, nel «sentire» e nel folklore dell’Argentina. Quello che colpisce, più che altro, è l’evoluzione di questo segmento editoriale nel corso del tempo. Un segmento tradizionalmente di nicchia, ma che grazie a una sempre più accentuata tendenza a inseguire la vena epico-narrativa si sta facendo spazio, esibendo delle peculiarità che (altri articoli che abbiamo pubblicato sul tema valgono da prova) non restano confinate alla sola America Latina.

Rodolfo González Arzac, editor per la divisione argentina del Grupo Planeta, racconta che questa corrente – almeno per la casa editrice per la quale lavora – è iniziata nel 2011, con la pubblicazione di Titán del gol y de la vida, l’autobiografia «di» Martín Palermo, che Wikipedia definisce come il miglior marcatore di tutti i tempi nella storia del Boca Juniors. La virgolette sono d’obbligo, precisa Arzac: «Prassi vuole che a firmare il libro sia il protagonista, ma dietro la scrittura di solito c’è una persona di fiducia o un giornalista, in questo caso Miguel Bossio. Non si tratta di un vero e proprio ghostwriter, piuttosto di qualcuno che aiuta lo sportivo a mettere ordine tra i suoi pensieri, a trascriverne le memorie e a confezionarle in un prodotto narrativo».
Ricardo Bochini durante un'azione

Nella stessa scia s’inserisce anche una serie di altri titoli pubblicati dal Grupo Planeta. Tra i più recenti (oltre che più promettenti dal punto di vista delle vendite) c’è Yo, el Bocha che racconta la storia calcistica di Ricardo Bochini e si colloca nell’ambito di una collana dedicata agli idoli storici del calcio, arrivata ormai a una decina di titoli. Ma anche Pelota de papel, una raccolta di racconti scritti da calciatori che tornerà a breve nelle librerie con un secondo volume. O Los 15 escalones del liderazgo di Javier Mascherano, orientato alla cultura d'impresa. E ancora Atlas de camisetas, una storia per immagini dei colori che identificano i club argentini.

Mettendo per un momento da parte la nutrita produzione del Grupo Planeta, l’origine del fenomeno nella sua interezza va forse collocata altrove. E qualche anno prima. Tra il 2001 e il 2002, per esempio, i giornalisti Julio Boccalatte e Marcos González Cezer fondano Ediciones Al Arco, la prima casa editrice argentina interamente dedicata alla letteratura sportiva. Oggi può contare su un catalogo di un centinaio di titoli attraverso il quale – nonostante un’organizzazione del lavoro ancora artigianale – riesce a esercitare una funzione anche sociale. «Quello di cui scriviamo rappresenta l’unica porta d’accesso alla lettura per molte persone, non a caso il Ministero della pubblica istruzione ci ha commissionato dei libri sugli sport olimpici da far leggere nelle scuole» racconta Boccalatte.

Nessun nuovo corso può però fare a meno dei suoi epigoni, quei numi tutelari del romanzo calcistico argentino che sono un’eredità pesante per la nuova leva autoriale. E che vanno affrontati per poter essere superati. Fontanarrosa, Soriano, Sasturain, più l’uruguagio Galeano: «Cognomi che non hanno nemmeno bisogno del nome e che formano una linea di difesa a quattro molto solida, nonostante solo uno di loro sia ancora vivo» chiosa Hendler.

Un altro titolo che appartiene di diritto al nuovo corso dei libri sul calcio in Argentina è sicuramente México 86. Mi Mundial, mi verdad pubblicato un paio di anni fa dalla storica Editorial Sudamericana, oggi marchio di Penguin Random House. «Ciò che rende interessante questo libro – racconta il co-autore, ex giocatore e giornalista sportivo Daniel Arcucci – è che Diego [Maradona] non si limita a ricordare gli eventi, ma guarda al 1986 con gli occhi del 2016. E con lo stesso sguardo racconta quello che ancora oggi è l’ultimo mondiale vinto dall’Argentina».
Claudio «el Turco» García e Mariano «el Loco» Dalla Libera

Ma el pibe de oroe la sua mano de Dios – non sono gli unici a celebrare il trentennale di quel magico giugno (e le sue ricadute molto più che sportive). Pubblicato da Tusquets Editores e scritto dal giornalista Andrés Burgo, El partido è la cronaca doviziosa e puntuale dei quarti di finale del Mondiale 1986, disputati il 22 giugno, durante i quali l’Argentina vinse la partita contro l’Inghilterra con il risultato 2-1, vittoria che le permise in seguito di conquistare il titolo di campione del mondo dopo aver battuto il Belgio in semifinale e la Germania in finale. Con precisione da orafo, Burgo ricostruisce ogni dettaglio di quei 90 minuti «che sono meglio di qualsiasi finzione: il calcio è di per sé una grandiosa opera narrativa, non c’è bisogno di aggiungere niente. Devi solo raccontare cosa succede».

L’aspetto più interessante di questo tipo di operazioni editoriali, osserva Ariel Hendler, è la possibilità che questi libri esuberino le semplici buone attese commerciali che hanno spinto alla pubblicazione e siano di fatto «bei libri, ben scritti, che raccontano belle storie». È il caso di Este soy yo, l’autobiografia di Claudio «el Turco» García, pubblicato l’anno scorso dal Grupo Planeta. L’idolo del Racing Club degli anni Novanta è tornato recentemente agli «onori» della cronaca per la sua dipendenza da sostanze stupefacenti e la successiva disintossicazione, ma José Esses – lo scrittore che ha lavorato al testo – è riuscito ad andare oltre, mostrando il volto umano e la parabola non solo professionale dell’ex-attaccante. «Io stesso ho sbobinato tutte le interviste che abbiamo fatto alla ricerca della sua vera voce – racconta l’autore – ho tenuto traccia del suo tono, delle sue barzellette, degli eccessi verbali e della sua enfasi. Non ho voluto aggiungere nulla di “letterario” proprio per non togliere forza alla sua storia».
Sebbene il mondo del calcio argentino sia tradizionalmente un mondo di maschi – narrati, raccontati, messi sulla pagina da altri maschi – non manca spazio per qualche sguardo femminile. È il caso di Sonia Budassi, che nel suo Apache (Editorial Tamarisco, 2010), recentemente tradotto e pubblicato anche in Cina, ripercorre le rocambolesche vicende che ha dovuto affrontare, in quanto donna, per intervistare il calciatore Carlos Tévez. «Le star del calcio sono circondate da un’aura di machismo “strutturale”. Nonostante sempre più donne si confrontino professionalmente con l’universo del pallone, il loro sguardo è ancora piacevolmente esterno. Capace di cogliere aspetti invisibili agli uomini, di narrare con umorismo i loro codici e i loro cliché». E magari di smontarli, chissà.

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

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