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Editori

Indagine ISTAT sulla produzione libraria: tra le novità di quest’anno l’ingresso delle piattaforme per il self publishing

di Bruno Giancarli notizia del 24 maggio 2023

Attenzione, controllare i dati.

È attualmente in corso l'indagine ISTAT sulla produzione libraria: gli editori chiamati a partecipare hanno tempo fino al 14 luglio. Stiamo parlando di una delle indagini più longeve condotte dall’istituto (è nata nel 1926, e il confronto tra i dati in serie storica è possibile dal 1951), capace allo stesso tempo di adattarsi alle trasformazioni che il mondo del libro ha vissuto e che continua a vivere: basti pensare a come nel 2020 i dati abbiano raccontato la pandemia, o a come a partire dal 2021 sia iniziata la rilevazione degli audiolibri e di alcuni indicatori relativi al fatturato delle case editrici. Anche nell’edizione 2023 (anno di riferimento 2022) le novità non mancano, pur rimanendo l’impianto il medesimo. A raccontarle è Alessandro Caramis, responsabile ISTAT per la rilevazione.

La prima novità di questa edizione è una sezione dedicata alle piattaforme che operano per il self publishing: «un’aggiunta» - spiega Caramis – «nata dall’esigenza di conoscere un mondo che fa da mediazione tra autori e lettori. E indagarlo significa non solo monitorare il numero di novità pubblicate, ma anche i servizi che queste aziende offrono, quelli più richiesti dagli autori, le royalties che vengono riconosciute agli autori che scelgono questo tipo di pubblicazione».

La seconda novità ha a che fare con il grado di autonomia che gli editori hanno in termini economici e finanziari nel sostenere la propria attività: «vogliamo capire se gli editori hanno fatto ricorso a fondi pubblici di sostegno, diretti o indiretti (contributi per traduzioni, per la piccola editoria, ma anche crediti di imposta, ecc.)». Sempre in quest’ottica, viene indagato anche il livello di esternalizzazione dei servizi editoriali (attraverso, ad esempio, il ricorso a service e agenzie) e quell’insieme di attività che le imprese affiancano all’editoria, per così dire, tradizionale. Le differenze tra la piccola e grande editoria sono a questo livello significative: «quasi servirebbero due indagini separate», commenta Caramis.

Non manca l'attenzione a un tema molto sentito nell’ultimo anno dall’editoria (e non solo), vale a dire l'aumento dei costi tipografici e di stampa, che entra in due distinte parti dell’indagine. Da un lato viene chiesto a quanti hanno riscontrato un calo di fatturato nel 2022 se esso sia dipeso dagli alti costi di stampa legati al rialzo dei costi della bolletta energetica; dall’altro, viene indagata l’incidenza dei costi di tipografia, stampa e confezionamento sul prezzo di copertina. «Già in passato avevamo fatto domande su quanto le diverse voci incidessero sul prezzo di copertina, ma avevamo riscontrato come fossero determinanti soprattutto i costi di distribuzione e promozione, specialmente per i piccoli editori», spiega Caramis. «Abbiamo perciò chiesto di specificare anche l’incidenza dei costi tipografici, per capire quale impatto abbiano avuto sull’attività editoriale. Inoltre, abbiamo aggiunto l’indicazione delle royalties e dei compensi all’autore e ai curatori. Ciò permetterà di instaurare un confronto tra editori e self publisher, nella misura in cui in genere i secondi riconoscono compensi maggiori agli autori rispetto ai primi».

Arriviamo all’ultima novità. Come previsto dal prossimo PSN in corso di formalizzazione (il Programma Statistico Nazionale, vale a dire l'atto normativo che stabilisce le rilevazioni statistiche di interesse pubblico), a partire da quest’anno la rilevazione assume cadenza triennale. La prossima, cioè, è prevista per il 2026. Un cambiamento che riguarda non solo e non tanto le tempistiche della rilevazione in sé quanto i suoi obiettivi conoscitivi. «In statistica, per poter alimentare le serie storiche si tende negli anni a ripetere sempre le stesse domande», commenta Caramis. «L’editoria sta però vivendo dei cambiamenti profondi di fronte ai quali, anziché procedere in automatico e continuare a produrre dati coerenti e continuativi, ma simili a se stessi, occorre fermarsi, riflettere, e cercare di capire come intercettare e rappresentare i fenomeni emergenti. Il rischio, altrimenti, è quello di procedere per inerzia, appiattirsi sugli aspetti congiunturali e non cogliere le eventuali trasformazioni strutturali o gli elementi di discontinuità ».

Un cambio simile va inquadrato all’interno di un discorso più ampio, che investe il senso di un’indagine incentrata sulla produzione libraria. «Fino all’inizio di questo secolo, la produzione libraria poteva considerarsi ancora un indicatore della crescita culturale di un Paese. Nel contesto editoriale di oggi - fatto di vanity press, libri auto-pubblicati, l’ingresso dell’AI nei processi di editing o addirittura creazione di contenuti editoriali - la relazione tra i due termini si fa più complicata, e occorre porsi una domanda: cosa esprime e cosa misura oggi la produzione editoriale? Si esprime soltanto attraverso la forma libro? Chi sono i soggetti che propongono ed editano contenuti editoriali? Pensiamo alla scrittura collaborativa, ai social, a Wattpad ed alle tante agenzie editoriali a supporto di chi voglia pubblicare un libro, eccetera». Già nel 2019, a tal proposito, era stata modificato il target dell’indagine – non più qualunque produttore di libri, ma solo chi svolge l’attività di edizione di libri come attività principale, si tratti di imprese o no profit – «Ma il mondo del libro sta cambiando tantissimo, è sempre più importante capire a chi porre i quesiti e con quale obiettivo conoscitivo, per poter restituire una rappresentazione statistica effettivamente rilevante e pertinente del settore ».

Com’è facile capire, del resto, gli editori non sono gli unici attori della filiera che stanno conoscendo delle trasformazioni in questi anni: sono anche il senso della scrittura e della lettura che stanno cambiando. Commenta a tal proposito Caramis: «Per quanto l’indagine ISTAT abbia accolto le varie novità emerse negli anni, per esempio gli e-book e gli audiolibri, la definizione di libro è in fondo rimasta sempre la stessa, quella data dall’UNESCO nel 1964. Se si osservano però da vicino i vari fenomeni che l’editoria ha conosciuto, forse nemmeno che cosa sia un libro è più così scontato come un tempo». Monitorare e misurare con cadenza annuale gli aspetti più consueti e tradizionali forse ora non serve più, mentre può essere più utile individuare nuovi modelli descrittivi e interpretativi; per questo l’indagine adegua la sua cadenza. «In questi due anni – anche per cercare di diminuire il carico statistico sui rispondenti – faremo dunque un lavoro di rivisitazione e analisi del questionario per poter capire meglio come rispondere ai fabbisogni informativi della collettività e degli operatori del settore, in un’ottica di lungo periodo».

L'autore: Bruno Giancarli

Dottorato in filosofia a Firenze, Master in editoria di Unimi, Aie e Fondazione Mondadori. Attualmente lavoro presso l'Ufficio studi Aie. Mi interessano i dati della filiera editoriale e le loro possibili interpretazioni.

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