Le vendite si sono fatte in questi anni più orizzontali. I picchi si raggiungono oggi attorno alle 60-70 mila copie: certo, mancano i dati relativi ai download degli e-book, che potrebbero cambiare in maniera importante le dimensioni del fenomeno, ma il fatto resta. Una maggiore orizzontalità nelle vendite potrebbe essere compensata (anche qui il condizionale è d’obbligo) da un ciclo di vita del titolo relativamente più lungo e distribuito tra la carta e il digitale, tra le librerie e gli store online. E poi entrano generi (i bambini anzitutto, ma anche un autore come Carlo Rovelli con le sue Sette brevi lezioni di fisica) ed editori «nuovi» (o relativamente tali): Sellerio (e non più solo con Camilleri), E/O, NN Editore e via dicendo.
Resta da interrogarsi sull’eccezionalità della stagione dei super best seller e sul perché «casi» simili si siano eclissati all’orizzonte. Premesso che oggi una parte di quelle vendite ci sfugge (il solito Amazon che non fornisce i dati per la carta come per gli e-book), c’è un fenomeno forse più profondo che non è riconducibile solo alla dimensione creativa ed autoriale della scrittura e della narrazione, ai cambi generazionali degli autori, alla loro capacità di intercettare aspettative e sentimenti sociali.
In una società molto più frammentata nei suoi interessi e gusti (anche di lettura) – composta, più che da pubblico o pubblici, da «comunità» che si ritrovano su Internet – diventa difficile trovare, scegliere (e prima ancora scrivere) un libro con elementi narrativi che siano fattor comune a molte centinaia di migliaia di persone.
In una società «liquida» (per usare un’espressione abusata ma di comodo) diventa difficile scriverle e trovare un libro come i super best seller del decennio scorso. A meno che non abbiano ragione coloro che vedono nella serialità televisiva – con le sue forme di scrittura e di linguaggio – la nuova via del romanzo popolare di questi decenni.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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