Nel 2020 MLOL ha registrato 1,6 milioni di prestiti di e-book. Di questi solo il 20% circa è stato effettuato con il modello pay per loan, ma le proporzioni sono destinate a mutare rapidamente poiché nel corso dell'anno molti editori (il Gruppo Mondadori, Feltrinelli, Newton Compton e molti altri) si sono aggiunti al Gruppo Giunti, a De Agostini e ai tantissimi piccoli e medi editori che hanno adottato questo modello sin dalla prima ora.
Ma in che modo valutare questa crescita in rapporto a quanto accade in altri Paesi europei e negli Usa? Il lockdown ha provocato ovunque una crescita dei servizi digitali delle biblioteche, ma i numeri sono molto diversi da paese a paese (vedi ad esempio questo articolo del The Guardian o questo del New York Times).
Ho provato a raccogliere informazioni sulle biblioteche pubbliche dei diversi Paesi per avere una mappa di massima, sebbene i dati siano spesso lacunosi, probabilmente imprecisi e non registrati in modo regolare nel tempo. Sono escluse qui le biblioteche accademiche (dove la performance del digitale è molto più forte) e le biblioteche scolastiche per le quali c'è una carenza cronica di dati in tutti paesi. Al netto dei problemi relativi alla difformità dei dati, credo ne venga fuori un'immagine comunque significativa.
Con la sola eccezione della Francia e della Spagna, la performance italiana è notevolmente più debole degli altri Paesi europei. Si tratta però di dati proporzionali ai numeri dei sistemi bibliotecari nel loro complesso, alla somma dei prestiti analogici e prestiti digitali (vedi tabella 2) e alla dimensione del mercato editoriale di riferimento (vedi tabella 3). In Italia l'indice di prestito – cioè il rapporto prestiti/popolazione – è 0,58 contro l'11,08 degli Usa o il 17,18 della Germania. Difficile dunque stupirsi del fatto che gli Usa registrino il 2.458% e la Germania il 1.366% di prestiti digitali in più rispetto al nostro Paese.
Mentre la differenza tra Usa e Germania è legata al fatto che in Europa il prestito digitale inizia con circa 10 anni di ritardo, le performance migliori dei Paesi scandinavi sono probabilmente collegate all'uso di modelli di licenza pay per loan meno restrittivi e alla maggiore spesa pubblica sul digitale.
La riflessione su questi dati richiederebbe analisi più dettagliate, ma credo si possa affermare con buona approssimazione che il parametro dei prestiti digitali è direttamente correlato all'indice di prestito complessivo e alla dimensione del mercato editoriale. In altri termini, mercati editoriali forti e sistemi bibliotecari più performanti portano con sé un numero maggiore di prestiti digitali.
Una differenza importante tra Italia e Usa è il grado di conflittualità tra i diversi componenti della filiera editoriale e in particolare tra editori e biblioteche (vedi ad esempio quello che scrive Sari Feldman su Publishers Weekly il 5 febbraio 2021). Negli Usa la vendita di e-book alle biblioteche pubbliche da parte dei grandi gruppi editoriali è soggetta a overpricing con prezzi per copia che raggiungono spesso le 10 o 20 volte il prezzo di copertina nel mercato retail. All'overpricing si accompagna poi – da parte dei grandi gruppi – l'applicazione di licenze estremamente limitanti, con embargo sulle vendite (i titoli arrivano in biblioteca molte settimane dopo l'uscita in libreria) e limiti sul numero dei prestiti per titolo ancorati a un limite temporale (2 anni) oltre il quale la copia va riacquistata.
Ovunque nel mondo la crescita del digitale pone problemi di sostenibilità economica che impongono una riallocazione delle risorse e analisi comparative rigorose sui costi del prestito analogico e digitale: il prestito analogico ha anch'esso un costo (software, addetti al prestito, magazzino, movimentazione, prestito interbibliotecario, ecc.) che viene talvolta ignorato come se il digitale fosse un'eccezione da gestire con fondi marginali straordinari e i costi di base, invece, una costante che non è possibile modificare.
Il tradizionale «indice di costo per prestito» (spesa complessiva della biblioteca/numero di prestiti) serviva a generare un indice di efficienza impreciso – poiché la spesa complessiva riguarda molte attività delle biblioteche che non hanno nulla che fare con il prestito – ma comunque utile per rappresentare l'output delle biblioteche. Oggi questo indice non lo si calcola quasi più nelle biblioteche pubbliche italiane e, se anche lo si facesse, si tratterebbe di un valore numerico assolutamente inadatto a rappresentare il minor costo infrastrutturale per la movimentazione delle risorse digitali rispetto al prestito analogico. È quindi necessario, a mio avviso, anche rivedere le modalità di calcolo di questo indice.
Una sistematizzazione più razionale delle politiche relative alle acquisizioni bibliotecarie costituisce, nella mia opinione, la strada principale per gestire i problemi inevitabili della maturità del digitale in biblioteca.
Sono amministratore delegato di Horizons Unlimited srl, la società bolognese che realizza il servizio MLOL.
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