Assuntina Jacovacci (1959) nell’adattamento cinematografico del Pasticciaccio di Carlo Emilio Gadda. Barbara Puglisi (1960) nel Bell’Antonio di Vitaliano Brancati. Angiolina (1962) in Senilità, di Italo Svevo. Carla Ardengo (1964) negli Indifferenti di Alberto Moravia. Angelica (1963) nel Gattopardo, di Tomasi di Lampedusa. Mara (1963) nella Ragazza di Bube di Carlo Cassola. Rosa Nicolosi (1968) nel Giorno della civetta di Leonardo Sciascia e la principessa Consuelo Caracciolo (1981) ne La pelle di Curzio Malaparte. E poi ancora Maura (1985) ne La donna delle meraviglie di Alberto Bevilacqua e Matilde (1984) nell’Enrico IV della trasposizione di Marco Bellocchio dell’opera teatrale di Luigi Pirandello. Infine, Ida Ramundo (1986) nella miniserie televisiva La storia, diretta da Luigi Comencini e tratta dal romanzo omonimo di Elsa Morante.
Claudia Cardinale è stata il volto (non sempre anche la voce, come si sa) di numerose e indimenticabili figure femminili del romanzo italiano, rappresentate sul grande e sul piccolo schermo dal secondo dopoguerra in poi. Ma non solo.
Nel marzo del 2002, in particolare, è stata la madrina del ventiduesimo Salone del libro di Parigi, in occasione della partecipazione dell’Italia come Paese Ospite d’Onore alla più importante manifestazione editoriale europea rivolta al grande pubblico.
L’Associazione Italiana Editori, invitata dal Syndicat national de l'édition come referente del progetto, aggregò risorse, sostegno e collaborazioni provenienti dal Ministero per i Beni e le attività culturali, dal Ministero degli Affari esteri, da quello delle Attività produttive e dall’Istituto nazionale per il Commercio estero. Si trattava – come si legge in un documento di allora – di «trasferire per sei giorni in Francia le migliori risorse culturali, il massimo della rappresentatività dal punto di vista intellettuale, artistico ed editoriale e la più ampia varietà di argomenti che fossero esemplari della cultura italiana di oggi».
Madrina della partecipazione italiana, Claudia Cardinale inaugurò lo stand del Padiglione Italia progettato da Amilcare Pizzi, «presentando» l’editoria italiana alle autorità e agli ospiti del Salon. Ma fu anche madrina – come la tradizione di allora voleva – dell’intera manifestazione. In qualche modo finì per essere – in assenza di qualunque esponente del Governo di allora – il volto del Paese, della sua cultura, della sua editoria.
Un’editoria che,
dopo la partecipazione alla Buchmesse del 1988, iniziava ad affacciarsi con crescente consapevolezza alle grandi scene delle manifestazioni internazionali: a Parigi, nel 2002, lo fece con
un centinaio di autori e autrici, oltre 140 eventi e 20 mila volumi venduti.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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