L’associazione degli editori inglesi ha da poco diffuso
i principali dati dell’editoria inglese nel 2020, un anticipo del report annuale che uscirà, con ogni probabilità, nel corso dell’estate. Il bilancio finale è simile a quello di altri Paesi europei: le vendite aggregate di libri, pubblicazioni scientifico-accademiche e diritti hanno segnato un
+2% rispetto al 2019, per un valore di 6,4 miliardi di sterline (7,4 miliardi di euro al cambio attuale). La bontà di una simile performance va messa in risalto se si pensa non solo alle difficoltà dovute alla pandemia, ma anche al fatto che il 2019 era stato definito enfaticamente
il miglior anno di sempre per l’editoria inglese.
La prima cosa a colpire è che, per un’editoria tradizionalmente a fortissima vocazione per l’export, la crescita sia stata guidata dal mercato interno. Quest’ultimo segna infatti un +4%, mentre rimangono stabili le vendite fuori dai confini nazionali, le quali comunque continuano a rappresentare il 58% del valore del settore. Inoltre, si è ristretta la forbice tra cartaceo e digitale: data la combinazione tra il calo del primo (-6% a valore, -7% a copie) e la decisa crescita del secondo (+12% a valore), nel 2020 il rapporto tra i due formati è diventato di 53 a 47. Va però specificato che questo dato riguarda la globalità dell’editoria e assume caratteristiche diverse a seconda che si consideri il trade, lo scolastico o l’accademico.
Partiamo dal
trade, l’unico settore nel quale
tutti i principali indicatori sono in positivo, e che nel 2020 ha raggiunto il valore di 2,1 miliardi di sterline (2,4 miliardi di euro), +7% rispetto al 2019. Cresce più il digitale del cartaceo (+24% contro +4%), fenomeno che si accentua considerando il solo mercato interno. Prendendo in considerazione i generi, la non-fiction mantiene la quota maggiore del mercato, ma
è la fiction a registrare l’aumento più significativo (+16%). L’associazione degli editori inglesi spiega questo numero con il bisogno di momenti di evasione da parte dei lettori. Pur non essendo stati ancora divulgati i valori sulla lettura, in questa anticipazione si afferma che durante il lockdown adulti e bambini abbiano letto in misura maggiore rispetto all’anno precedente. Numeri così incoraggianti, in ogni caso, non devono far dimenticare le difficoltà che analogamente ad altri Paesi le librerie e
i piccoli editori hanno dovuto affrontare nel corso del 2020.
Il settore che ha registrato le perdite più consistenti è quello dell’editoria educativa: -21% rispetto al 2019, per un totale di 528 milioni di sterline (607 milioni di euro). L’unico segnale incoraggiante viene dal digitale (+8%), il quale però rappresenta poco più di un decimo del valore totale. La perdita è dovuta principalmente alla contrazione dell’export, che nel caso del cartaceo è stata del -29%. I numeri comunque riescono a fotografare solo in parte l’impegno che anche nel caso dell’editoria inglese c’è stato per supportare il passaggio alla didattica digitale e garantire la continuità dell’apprendimento scolastico.
L’editoria accademica, che rappresenta il settore più grande del mercato, con una crescita del 3% rispetto al 2019 raggiunge i 3,3 miliardi di sterline (3,8 miliardi di euro). Prim’ancora di considerare i dati, viene giustamente dato risalto al ruolo delle pubblicazioni scientifiche nel diffondere in tutto il mondo le ricerche sul COVID-19. Le riviste digitali, che da sole rappresentano il 64% dell’editoria accademica e il 32% dell’editoria inglese (2,1 miliardi di sterline: quanto l’intero trade), hanno segnato la crescita maggiore: +8%. Per quanto la pandemia abbia senz’altro influito, va comunque tenuta presente la naturale tendenza di questo tipo di pubblicazioni al progressivo abbandono del cartaceo: il gruppo anglotedesco Springer-Nature, per esempio, vende quasi esclusivamente prodotti digitali, anche in ottica di riduzione del proprio impatto ambientale. Seppur in calo (-5%), con un miliardo di sterline rimane consistente la quota di libri accademici: al -13% del cartaceo risponde il +16% del digitale. Sono cifre che possono essere spiegate anche tramite la necessità degli studenti di procurarsi materiale didattico nonostante le librerie chiuse. Non si può in ogni caso escludere che dietro la contrazione di questo ramo si nasconda un aumento della pirateria.
Dottorato in filosofia a Firenze, Master in editoria di Unimi, Aie e Fondazione Mondadori. Attualmente lavoro presso l'Ufficio studi Aie. Mi interessano i dati della filiera editoriale e le loro possibili interpretazioni.
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