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Mercato

Primi segni di calo per il fumetto in Nord America: cosa sta accadendo

di Denise Nobili notizia del 24 luglio 2018

Per il primo anno dal 2011, il fumetto nordamericano nel 2017 ha subito un freno alla crescita inarrestabile che in questi anni lo ha caratterizzato come uno tra i mercati più interessanti dell’editoria. A dirlo è la nuova indagine annuale pubblicata e condotta da ICv2 e Comichron, sito che dal 1930 raccoglie i dati di vendita relativi al fumetto.

Negli Stati Uniti e Canada, le vendite di comic e graphic novel , infatti, sono scese di 6,5 punti percentuali in un solo anno, generando una perdita di ben 70 milioni di dollari. Un piccolo salto che non fa comunque preoccupare gli addetti al settore, dal momento che, pur in calo, i risultati del 2017 rimangono numeri importanti e andrebbero collocati in una prospettiva più ampia, che tenga conto dell’andamento del mercato.



Anche se, a guardare bene, qualcosa sta cambiando davvero: negli Stati Uniti stanno chiudendo fumetterie di lunga data e il fenomeno fa ancora più riflettere quando a comparire nella lista degli store chiusi sono dei nomi leggendari, come la Meltdown Comics di Los Angeles che, dopo 25 anni di attività, si è trovata costretta a chiudere quest’anno. Nel caso delle fumetterie, la ragione principale può essere riscontrata proprio nell’impatto considerevole che ha avuto la lettura digitale sulle abitudini dei lettori: le vendite digitali hanno raggiunto i 90 milioni di dollari nel 2017 (non includendo gli abbonamenti).

I dati dell’indagine, però, tengono conto sia del fatturato derivato dalla vendita di fumetti fisici sia in formato digitale, prendendo in considerazione tutti i canali di acquisto e di abbonamento.



Dall’infografica emerge l’importanza che ancora hanno le fumetterie come canale di acquisto privilegiato, ma dobbiamo chiederci quanto quei 10 milioni di dollari confluiti nei servizi di subscription in realtà impattino sul mercato del fumetto. Negli Stati Uniti, infatti, esistono e sono molto utilizzati numerosi servizi di affiliazione che permettono, dietro il pagamento di un abbonamento, la lettura online o il download per un numero illimitato di titoli. Tra i più diffusi: Crunchyroll Manga, Comixologi Unlimited, Marvel Unlimited.

Sono abbonamenti scelti soprattutto dai lettori più giovani, disposti a spendere piccole cifre per poter leggere un numero senza limiti di albi in un catalogo enorme. La perdita economica per il settore è evidente: il lettore forte spende una cifra mensile irrisoria — quella dell’abbonamento —  rispetto a quella che avrebbe affrontato comprando i singoli albi, sia fisici che digitali.

Dobbiamo sempre tenere presente che il pubblico di riferimento di comic e graphic novel in Paesi come gli Stati Uniti si caratterizza per certe qualità che, finora, hanno sempre giocato a favore del settore: si tratta di appassionati di un genere spesso dedito alla serialità, lettori forti (spesso fortissimi). Ciò che forse sta andandosi a perdere con le nuove generazioni è invece il gusto al collezionismo, che spinge con ancora più evidente facilità i giovani verso il digitale e verso soluzioni di abbonamento.

Il modello Spotify non è applicabile all’editoria, perlomeno senza pensare formule diverse. Il prodotto dell’industria musicale, la canzone, ha una fruizione breve e ripetuta, ma non vale la stessa cosa per un formato editoriale, che richiede del tempo per essere fruito. È chiaro che, in un sistema di questo tipo, si può creare un guadagno per la casa discografica, dato dalla somma dei compensi (seppur minimi) ricevuti per i singoli ascolti, ma per la casa editrice non può esserci margine di guadagno se il compenso sulla singola lettura corrisponde a una cifra irrisoria.



Numerose critiche sono poi arrivate proprio in questi giorni sul potere dell’universo cinematografico di catalizzare tutta l’attenzione e il bisogno di storie da parte di un pubblico di tutte le età. Marvel viene implicitamente accusata di essersi trasformata in un marchio di fabbrica a causa dei film. Sembrerebbe, insomma, che i supereroi al cinema non spingano più le vendite dei comic e che, al contrario, esauriscano l’interesse per il tema in sala.

E una prova di questo fatto arriva proprio dal Comic-Con di San Diego, che si è concluso ieri: gli eventi e le notizie più attese erano quelle riguardanti i film, lato su cui si spinge molto con l’uscita ufficiale di numerosi trailer. E la stampa sia statunitense sia internazionale ha, infatti, veicolato soprattutto le novità relative a film, serie tv, cartoon.

L’evento è stato però anche l’ennesima dimostrazione del trionfo della cultura pop statunitense, in tutte le sue forme e attraverso tutti i canali. Canali che non viaggiano su linee del tutto separate, ma che anzi spesso si influenzato e accrescono a vicenda. È vero che i dati delle vendite di fumetti e graphic novel in Canada e Stati Uniti nel 2017 sono in calo rispetto ai due anni precedenti, ma è forse presto per preoccuparsi davvero: potrebbe trattarsi della fine di un’età dell’oro, ma anche dello stabilizzarsi di un mercato florido, per sua natura innovativo e, quindi, destinato a continuare a generare numeri importanti.

L'autore: Denise Nobili

Laureata in Filologia, mi sono poi specializzata e ho lavorato in comunicazione, approdando infine al Master in Editoria della Fondazione Mondadori. Oggi mi occupo di editoria digitale e accessibilità in Fondazione LIA, e collaboro col Giornale della libreria. Sono interessata a tutto ciò che è comunicazione della cultura, nuovi media, e mi affascinano gli aspetti più pop e innovativi del mondo del libro.

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