Sarà Babbo Natale a mettere un po’ a posto i conti delle case editrici italiane? Potrebbe essere questo uno degli elementi nuovi della terza edizione dell’Osservatorio Covid-19, la cui rilevazione è stata chiusa il 15 aprile.
Ormai stabilizzato tra un -35% e un -36% il taglio dei lanci nel primo quadrimestre: il protrarsi dell’emergenza, l’apertura a scacchiera delle librerie e i limiti agli ingressi legati alla sanificazione ambientale stanno facendo spostare le uscite anche per il quadrimestre successivo. Dal 31% dei rispondenti che il 20 marzo indicava un rinvio dei lanci di maggio-agosto si passa al 15 aprile a un 42% (un mese dopo, solo un mese dopo!). Tutto viene rimandato all’ultimo semestre dell’anno che è l’unico periodo in cui assistiamo a una inversione di tendenza: solo l’8% degli editori oggi immagina di rinviare i titoli di settembre-dicembre, rispetto al 17% di metà marzo e al 13% di fine mese.
Se questa è la tendenza pronosticata a oggi, questa futura fase 2 (o 3) qualche problema lo pone. E non piccolo. Problemi che porteranno alla necessità di avere nuovi strumenti per gestire lo slittamento – in tutto o in parte – negli ultimi sei mesi dell’anno.
Cosa significherà – per distributori, reti promozionali, librerie e clienti – lo slittamento dei lanci novità e come gestirli? Dal punto di vista della comunicazione, dal punto di vista della logistica, da quello dello spazio disponibile in libreria o di visibilità negli store online o nei social, da quello della disponibilità di spesa del cliente e della possibilità di scegliere cosa comprare tra le tante novità che inevitabilmente, ma improvvisamente, arriveranno (se arriveranno) sui banchi delle librerie o negli store online e ci staranno per ancora meno tempo di prima.
Non considerando nella simulazione lo spostamento di alcuni lanci nel 2021 (ma i titoli saranno ancora «adatti» al nuovo contesto?), il quadro che potremmo aver di fronte potrebbe assomigliare molto a questo.
L’altro elemento che si consolida è il diverso comportamento di riprogrammazione dei piani editoriali sul fronte e-book e audiolibri. Entrambi – nel primo semestre dell’anno – mostrano valori decisamente inferiori a quello dei libri. Solo l’1% degli editori dichiara di aver riprogrammato al ribasso le uscite degli e-book. Il 10% quelle degli audiolibri. La lettura (nel complesso, e quella dei libri) in questi quaranta giorni si è ridotta, ma si è anche spostata sul digitale). Il passaggio dal file di stampa all’ePub al Mobipocket è una procedura relativamente semplice che permette almeno di iniziare a valorizzare il lavoro editoriale avviato nei mesi precedenti e di vedere almeno come va il titolo negli store online.
Un andamento ancora più netto può essere osservato nel settore accademico e professionale.
Che la situazione sia percepita come negativa (ed è un eufemismo) lo dicono le risposte che ormai cambiano di poco: al 20 marzo era l’88% degli editori che indicava tra «Significativa» e «Drammatica» la situazione per la loro casa editrice (il 91% lo indicava per la filiera). Un mese dopo, rispettivamente, è il 94% (e il 99% per il settore e la filiera).
Inevitabile, a questo punto, la crescita del ricorso agli ammortizzatori sociali. In quindici giorni – dal 30 marzo al 15 aprile – si passa da un 31% che iniziava a farvi ricorso a un 52%. Nel complesso tra chi vi sta già facendo ricorso e chi «non ancora, ma ci sta pensando» (o magari sta espletando la documentazione) dal 64% di fine marzo si passa in quindici giorni al 70% delle imprese.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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