Ovviamente, come mostra il grafico di seguito, non tutti i segmenti si sono poi mossi poi nello stesso modo. Mentre si sono contratti quelli su gatti e cani, ne sono nati di nuovi tanto che vediamo crescere tra 2012 e 2017 quelli sugli altri animali (più o meno esotici): dal 24% al 26% a copie; dal 26 al 29% a valore. Dietro ovviamente ci sono fenomeni di costume, di moda che guidano questi processi.
Paradossalmente il segmento si rivela in tutta la sua limitatezza rispetto alla potenzialità della domanda (60,5 milioni di animali presenti nelle famiglie italiane): esiste una serie di strumenti editoriali in grado di fornire delle informazioni, delle notizie, delle soluzioni a problemi pratici e quotidiani che però non vengono usati da chi possiede un animale. E che gli animali domestici generano un indotto di consumi che non tocca affatto i libri e la manualistica lo dimostra anche una recente indagine condotta da Idealo. Questo perché – volendo semplificare – i concetti di «lettura» e di «libro» coincidono con altri prodotti e generi: la narrativa e i romanzi.
Un discorso non molto diverso lo potremmo fare per le guide di viaggio e per la manualistica in genere. Certo, una parte crescente di questa informazione passa oggi attraverso la consultazione di siti web, community di appassionati, blog, ecc. Ma dietro scorgiamo anche l’abitudine di narrare la lettura e l’offerta– sempre e solo – coincidente con quella della narrativa: un’abitudine che finisce per far scomparire dall’orizzonte del potenziale lettore la ricchezza e l’articolazione dell’intera offerta editoriale. E delle dimensioni autoriali a essa connesse.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
Guarda tutti gli articoli scritti da Giovanni Peresson