Mai nella storia del nostro settore ci siamo trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale, relativa ai comportamenti degli individui ed economica di queste proporzioni. Una crisi per di più caratterizzata da un’alta variabilità territoriale, i cui effetti impattano sul territorio con velocità variabili, di imprevedibilità generale.
I consueti comportamenti individuali e delle imprese e dei soggetti che compongono la filiera editoriale, le relazioni tra fattori produttivi ed output, i meccanismi consolidati di trasmissione delle politiche pubbliche, i rapporti internazionali di scambio (pensiamo al tema dell’internazionalizzazione e della compravendita dei diritti a livello globale), sono alterati ed in alcuni casi rallentati. Si tratta di uno shock congiunto di offerta (riorganizzazione dei piani editoriali), di domanda (cassa integrazione, disoccupazione, minor reddito disponibile), di progressivo blocco – temporaneo ma prolungato – di molte attività commerciali sul territorio nazionale.
Nelle successive tornate dell’
Osservatorio Covid-19 di AIE assistiamo a una progressiva crescita della percezione negativa dell’evoluzione dello scenario in cui le aziende rispondenti immaginano si troveranno ad operare. E non solo in termini di slittamento dei lanci novità di mese in mese. L’affermazione «La situazione di difficoltà continuerà almeno per tutto il 2020» aveva un valore di condivisione (in una scala da 1 a 10)
di 8,4 il 20 marzo: di 8,9 il 30. La percezione del danno che l’emergenza stava portando alla propria casa editrice era indicata tra «significativa e drammatica» dall’
88% delle imprese nella prima rilevazione, saliva al
92% con la seconda,
ora è al 99%. Queste valutazioni trovano, in alcuni indicatori che iniziano ad essere disponibili, ulteriori elementi di articolazione.
Il primo è quello reso noto negli scorsi giorni dal Fondo monetario internazionale: una stima del calo del 9,1% del PIL italiano. Solo la settimana prima l’Ufficio studi di Confindustria lo indicava «al -6%, sotto l’ipotesi che la fase acuta dell’emergenza sanitaria termini appunto a maggio». Arduo stabilire che impatto avrà sull’anno. Troppe sono le variabili in gioco: andamento compressivo dell’epidemia, aperture delle librerie e condizioni di ingresso, ripresa dei lanci novità e presenza tra essi di titoli «forti»... L’unico elemento di raffronto che possiamo richiamare è quanto accaduto tra 2012 e 2013. In quei due anni avevamo avuto un calo del PIL dell’2,4% nel 2012 a cui aveva corrisposto un -8% a valore per i canali trade (senza Amazon). Nel 2013, a fronte di un calo del PIL nazionale ancora dell’1,9%, una contrazione ulteriore delle vendite del -6%. È probabile che l’effetto Amazon possa aver ridimensionato il calo negativo per la varia di circa due punti. Ma è puramente una stima.
Poi c’è la spesa per consumi finali di libri (di varia ma anche scolastici) delle famiglie italiane, che era calata in questi due anni di 291 milioni di euro (da 3,488 a 3,197 miliardi; Fonte: Istat). Le vendite a valore nei canali trade dei libri di varia da 1,432 a 1,238 miliardi. Siamo – con tutta la prudenza del caso – a minori vendite (o minori spese) che stavano attorno a 200 milioni di euro (per la sola varia nuova nei canali trade) e 290 milioni di contrazione dei consumi finali delle famiglie rilevate da Istat nelle Statistiche di contabilità generale.
L’altro aspetto che sta emergendo è il brusco cambiamento di sentiment delle famiglie italiane (sempre fonte Istat):
- cominciamo dalla fiducia dei consumatori relativamente al clima economico. A febbraio questo indice aveva ancora un valore di 121,9; precipita a 96,2 a marzo;
- analogo l’andamento relativo alla percezione del «clima futuro»: dal 112 di febbraio piomba a marzo a 94,8;
- le attese delle famiglie sulla situazione economica del Paese passano dal -27,8 di febbraio all’82,6 di marzo;
- le attese delle famiglie stesse sulla propria situazione economica dal -8 di febbraio al -20,7 di marzo.
Infine, non possiamo non chiederci cosa significhi l’inevitabile slittamento dei lanci novità. Non considerando nella simulazione lo spostamento al 2021, il quadro che potremmo aver di fronte potrebbe essere questo. «Storicamente» nel primo quadrimestre dell’anno venivano proposti tra gennaio e aprile – con i vari lanci – il 31% e il 32% delle novità dell’anno (una punta del 34% la avevamo avuta nel 2016). Sono, stimati un po’ alla buona, qualcosa come 21.400 titoli. Una parte di questi sappiamo esser stati sospesi.
L’ultima edizione dell’Osservatorio Covid-19 di AIE li indicava in un 36%. Sono 5.600 titoli. Nel secondo quadrimestre ancora un altro 31-32% di novità, ma con un picco di uscite di oltre 7 mila nel solo mese di maggio (grossomodo un terzo del quadrimestre). Anche qui abbiamo indicazioni di slittamenti che toccano il 34% dei lanci, e sono altri 7 mila titoli. Sono – se gli editori volessero alla fine mantenere immutato il volume annuale del loro paino editoriale – quasi 13 mila titoli che si accavallerebbero sul terzo quadrimestre con le sue (stimate) 25.200 novità prenatalizie e natalizie. Portando i titoli in uscita in quest’ultimo periodo dell’anno a oltre 38 mila.
Difficile al momento proporre dati più analitici, ma sono il 51% dei titoli che erano stati pubblicati nel 2018. Un’offerta che troverà nella riorganizzazione del carrello della spesa, nella concorrenza di altre spese non differibili per le famiglie, di mutui e prestiti da cui si dovrà iniziare a rientrare o nella previsione di accantonamenti i propri limiti di assorbimento. Oltre che di visibilità e di spazi in libreria.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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