La tempesta perfetta di cui si parlava al convegno Aie di Torino, nel maggio scorso, si è trasformata in un uragano che in questo 2012 sta facendo sentire i suoi effetti sui piccoli e grandi editori. È lo stesso presidente Polillo che ricorda a Francoforte, durante l'inaugurazione di una delle Buchmesse più sottotono degli ultimi anni, che «il mondo del libro è stato travolto dal calo della domanda e dalle difficoltà di accesso al credito in un momento in cui gli editori sono chiamati a ingenti investimenti sul digitale e non aiutati dalla frammentazione delle competenze sul libro che hanno ingenerato una sostanziale disattenzione verso il settore».
Con questa premessa continuiamo la nostra inchiesta sul mondo della piccola e media editoria indipendente che fino a Più libri più liberi, la fiera della piccola e media editoria in programma per il 6-9 dicembre prossimo, ci accompagnerà attraverso alcune interviste «doppie» che esprimono le valutazioni delle singole case editrici relativamente ai cambiamenti e le trasformazioni del mercato. Gli editori coinvolti questa settimana sono Agnese Manni (Manni editore, Lecce) e Roberto Cicala (Interlinea, Novara).
A settembre il mercato nei canali trade ha fatto segnare un -8,7% si riconosce in questo andamento negativo?
Agnese Manni. Da circa due anni il mercato è molto altalenante: il dato del -8,7% è anche ottimistico, il nostro calo di vendite è superiore. Vi è una diminuzione del sell out, del prenotato e del fornito in libreria, e maggiori rese – che sono anche solo finanziarie, o dovute alla ristrutturazione di alcune catene (penso alla Mondadori). Vi sono meno vendite dirette, minori possibilità di collaborazione con le università, o con istituzioni di vario tipo.
Roberto Cicala. Il momento è difficile anche per Interlinea sebbene in quest’anno festeggi i vent’anni di libri: il canale libreria sconta problemi crescenti per un sistema che premia i grandi gruppi e le scelte d’intrattenimento legate ai mass-media più forti, ma soprattutto che promuove il libro solo attraverso il discorso economico, cioè lo sconto. Ci dovrebbe essere altro.
Quali sono, nella sua esperienza, le ragioni di questo trend di mercato nel 2011 e nei primi nove mesi del 2012?
Manni. Le misure imposte dalla finanza europea in risposta alla crisi sono inadeguate, e tese a foraggiare le banche e non a sostenere i cittadini. Si avvertono le ristrettezze economiche che ogni famiglia sta vivendo, e naturalmente un bene percepito come di “lusso” (senza però rappresentare uno status symbol come l’iPhone) accusa di più il colpo. Andrebbe però fatto un discorso politico anche sulla “percezione” del libro: nel nostro Paese non si è mai fatto alcunché per valorizzare un settore come quello editoriale che pure ha un potenziale produttivo stricto sensu altissimo. Sono dati di statistica, e non politici, quelli che correlano un alto indice di lettura a un maggior tasso di produttività di un Paese. Di certo in uno Stato in cui l’Antitrust sanziona il tetto di sconto sul prezzo del libro (il più “morbido” tra i mercati in cui il prezzo è regolamentato) e non crede di dover intervenire sulla concentrazione oligopolistica in senso orizzontale e verticale del mercato, è ben difficile immaginare dei rimedi efficaci, o ancor prima muovere delle accuse agli anni difficili che globalmente viviamo.
Cicala. La crisi generale che toglie potere d’acquisto anche ai “lettori forti” mette in crisi, per una serie di ragioni, quelle librerie indipendenti attente alle collane di nicchia, come si diceva un tempo. Su due versanti Interlinea nota una contrazione: quello della saggistica letteraria, che sta rischiando l’invisibilità, pur proponendo nomi autorevoli, con una classe docente che sembra aver tirato i remi in barca anche nell’aggiornamento, al di là della concorrenza informativa di Internet (ancora prima dell’e-book); poi c’è il mondo dei libri per l’infanzia, che ha invece una contrazione dal punto di vista del prezzo di copertina, sempre più basso, ma che è difficile da ottenere per tirature non elevate con autori e materiali di qualità (la nostra collana Le rane per esempio usa carta ecologica ricavata dalle alghe). Curiosamente tiene la poesia, abituata a piccoli numeri che restano tali ma sicuri a fronte di una politica di progetto e qualità: la nostra serie Lyra spesso non credo faccia numeri molto lontani da quelli della Specchio Mondadori.
Come prevede che si muoverà il settore della PE e/o la sua casa editrice nel 2013?
Manni. Dubito vi sarà nell’immediato un’inversione di tendenza; le piccole case editrici che stanno “resistendo”, non hanno risorse infinite, e temo che nel 2013 si dispiegheranno ulteriormente gli effetti della sofferenza economica. Anche Manni dovrà fare i conti con difficoltà che ormai durano da qualche anno: faremo meno titoli, cercheremo di seguirli e promuoverli meglio, di lavorare più capillarmente negli ambiti di promozione specifica di ogni libro.
Cicala. Le avvisaglie intorno a noi, al di là dei comunicati che da più parti continuano a essere positivi all’insegna del rilancio, sono più negative rispetto agli anni già difficili trascorsi, proprio perché il portafogli degli italiani è sempre più vuoto. Per noi conta il catalogo, accanto alle novità, su cui punteremo con autori di riferimento alla scoperta di testi inediti, secondo la nostra caratteristica (come Testori o Rebora o Piero Chiara), anche per ragazzi (da Piumini ad Anna Lavatelli) e soprattutto nelle collane che hanno lettori fedeli, da “collezione”, come Nativitas. Cerchiamo strade nuove ma entro il solco della tradizione, dunque anche facendo di necessità virtù.
La sua casa editrice ha mostrato andamenti particolari tra novità o il catalogo? E a livello di canali di vendita, quali sono quelli dove riscontra le maggiori difficoltà e quali quelli che stanno dando migliori risultati?
Manni. Ci sono dei problemi negli ordini, nel fornito alle librerie. Tra l’altro, in quanto distribuiti da Effe-Pde, con un trasloco in corso del magazzino centrale (ed è il secondo in 3 anni) i miei dati risultano in parte difficili da leggere. Manni, da sempre, lavora per una percentuale consistente con il catalogo, che ha quasi trent’anni. Le novità hanno subito un calo nel prenotato, per poi avere delle richieste anche alte nelle settimane immediatamente successive. Insomma, si sta dietro al mercato (narcotizzato) e non lo si stimola; ciò che in termini di orientamento (talvolta “perversione”) e non stimolo, riescono a fare solo i grandi marchi. D’altro canto le librerie indipendenti lavorano sempre meno, e quelle di catena appartengono ai grandi gruppi editoriali e quindi la quadratura del cerchio, rispetto al discorso dell’orientamento (della narcotizzazione), si ottiene facilmente.
Cicala. Interlinea ha, dalla sua, la volontà di fare progetti piccoli ma di qualità e di durata, come dimostra un catalogo di oltre 500 titoli che girano sempre anche con piccoli numeri che però sono sempre gocce utili. Nella stagione recente abbiamo avuto comunque buoni risultati con testi di Sebastiano Vassalli (Maestri e no), Le montagne di don Patagonia di Laura Pariani, e inediti di papa Wojtyla sul Natale. Con un’attenzione sempre ai giovani, pur sempre nel nostro terreno, ad esempio la poesia, con l’antologia Cento poesie d’amore da Dante a De André o Poeti innamorati di Patrizia Valduga. L’unico canale di vendita che cresce è quello on line: il nostro bookshop, gestito direttamente, registra acquisti giornalieri, anche a dimostrazione della difficoltà di una certa distribuzione nelle librerie di catena di mantenere cataloghi di cultura come il nostro, che stimola chi è interessato a rifornirsi via Internet.
Quali potrebbero essere gli interventi per mitigare questa situazione di crisi, e quali misure di «tamponamento» o ripresa si dovrebbero ipotizzare?
Manni. Non certo quelli che ha in mente l’Antitrust, che del libro ha un’immagine solo ed esclusivamente come un prodotto di largo consumo. E soprattutto trovo ingenuo (se non si vogliono trovare responsabilità che non siano semplici negligenze) sostenere che l’esclusione degli editori piccoli e indipendenti dal mercato (ciò che la liberalizzazione del mercato rischia di favorire) non comporti minor “pluralismo e informazione”. Inoltre è una falsità che il tetto di sconto giochi al rialzo dei prezzi di copertina: le operazioni editoriali di questo 2012, i comportamenti di acquisto di lungo corso, e anche il Rapporto sullo stato dell’editoria mostrano che sta avvenendo esattamente il contrario. Bisognerebbe invece riconoscere il valore, economico e di formazione, del settore editoriale, e predisporre un apparato legislativo adeguato in analogia a mercati e Paesi più sviluppati del nostro. Ci sono dei casi virtuosi – quello francese è il più noto - da cui prendere esempio. Ma il problema non è solo quello della vendita dei libri, bensì quello della lettura (in calo anch’essa): se si continua a tagliare sulla ricerca, sull’istruzione, anziché investirci, sarà ben difficile formare dei cittadini che leggano.
Cicala. Le voci di togliere di mezzo la legge Levi, che va certo migliorata, creano un quadro allarmante, se non catastrofico, in mano soltanto ai grandi gruppi anche internazionali da Amazon a Apple. Ma occorrono azioni di governo: per esempio il Centro del Libro potrebbe promuovere iniziative di promozione nelle scuole (dove il libro extracurriculare rischia di sparire). È quello, ad esempio un punto da cui ripartire. E dalle biblioteche di pubblica lettura, aperte anche di sera, con più servizi per l’utenza. Se ci sono poche risorse forse è necessario investire meno in indagini di mercato, che sembra servano più ai soliti grandi gruppi (che possono permettersele anche da soli), e di più in iniziative rivolte ai singoli potenziali lettori, che vanno informati e formati meglio: ma se l’unica modalità di promozione che si ha in mente è lo sconto senza limiti, allora una certa editoria culturale italiana rischia l’estinzione.