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Librerie

Luxury adds e mobile shop, quando il budget è a sei zeri

di L. Biava notizia del 4 aprile 2012

Aumenta il numero della persone dotate di smartphone e cresce anche il numero di applicazioni che quotidianamente vengono acquistate e scaricate sui device. Quella che forse era passata inosservata è la grande propensione all’acquisto tramite mobile che ha messo in luce una recente ricerca americana condotta dal Luxury Institute su un campione di milionari internazionali (base minima per essere presi in considerazione un reddito di 2,8 milioni di dollari annui): il 67 percento dei «ricchi» possessori di smartphone acquista (o vorrebbero farlo) regolarmente in modalità mobile.
Un cambiamento nel comportamento di acquisto dei consumatori (anche di quelli con redditi non milionari) con cui stanno facendo i conti gli sviluppatori (basta considerare la rapida crescita della applicazioni consumer su tutti gli store) che dovranno sviluppare via-app e in-app advertising in grado di spingere gli utenti all’acquisto anche quando non si trovano direttamente sul sito delle varie aziende.
Dato ancora più interessante è che proprio come nel mondo fisico, anche in quello digitale i cosiddetti luxury buyer manifestano le stesse tendenze all’acquisto: cercano borsette di Prada o gioielli di Tiffany al posto di libri tascabili e prodotti alimentari. Una fetta interessante di mercato, dunque, ma come creare delle luxury app? Se infatti, proprio come la maggior parte dei consumatori, anche i luxury buyer scaricano le app più popolari come Angrybirds o Google Maps, la sfida per i maggiori brand del lusso è quella di creare applicazioni mirate al proprio target. L’hanno fatto Ferrari Tiffany con una game app coinvolgente che pubblicizza il famoso anello di fidanzamento della gioielleria e, per chi già è cliente, consente di accedere ad un area pensata per aiutare i futuri fidanzati a scegliere l’anello giusto. Ma se le applicazioni sono oggi numerosissime, ciò che le rende appetibili è soprattutto la loro capacità di rendere l’esperienza di fruizione appassionante e unica per il consumatore e di fronte a questa sfida precchi brand non hanno ancora fatto la loro mossa.
Per quanto riguarda la pubblicità in-app, la cosa è ancora più complessa. Da scartarsi, secondo la ricerca i bannerini che si visualizzano all’interno delle app (troppo dozzinali secondo il 67% dei consumatori) ma anche Apple iAd, il servizio messo in piedi dalla Mela per aiutare le aziende a creare «esperienze» e «atmosfere d’acquisto», pare aver fallito forse anche perché solo il 28% dei luxury buyer dichiara di possedere un iPhone (meglio Blackberry e Android). Riusciranno pubblicità in-app migliori a portare i soldi dei luxury buyer negli store? Pare proprio che nell’era di Internet i luxury brand abbiano esattamente gli stessi problemi dei marchi consumer.

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