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Librerie

Librerie indipendenti, tornano a crescere in USA dopo lo stallo del mercato e-book

di L. Biava notizia del 17 dicembre 2013

Rinascimento. Chi avrebbe mai pensato di poter applicare questo concetto all'universo delle librerie in un anno come questo? Se per noi si è trattato di 12 mesi assai difficili tra chiusure, casse integrazioni e storiche migrazioni in capo a caro-affitti, dall'altra parte dell'Oceano (del mondo, per molti versi, potremmo dire), il 2013 si chiude con una nota di speranza per i librai. Molla di questa inversione di rotta è lo stallo che sta vivendo il mercato digitale a stelle e strisce e che è stato evidenziato anche dai dati diffusi dall’American Booksellers Association (ad agosto si è registrato un -3%).
Dire che il settore digitale sia arrivato al punto di saturazione forse è troppo, ma tutti i segnali suggeriscono che il mercato che tre anni fa poteva dirsi ancora praticamente inesplorato (ricordiamo il picco del +159% nel 2011) abbia ormai raggiunto un punto di equilibrio.
A giovarsene pare siano state soprattutto le librerie indipendenti come raccontano i numeri: nel 2008, travolte dagli effetti della crisi economica, le chiusure si sono succedute con un ritmo incalzante riducendo il numero, in tutti gli States, a sole 1.600 unità. Le cose sono cambiate negli ultimi anni con una lenta crescita che ha rimpolpato il numero delle librerie indipendenti attive fino ad arrivare agli oltre 2.000 esercizi (+6,4% sull'anno precedente) di oggi.
Cosa ancora più interessante è che, in questi anni di crisi, le librerie indipendenti sembrano essere state in grado di resistere di più e meglio rispetto delle catene alla riduzione della spesa dei lettori e all’affiancamento, accanto al libro tradizionale, di consumi digitali nell’utenza. A giustificare quest’affermazione basta il caso di Barnes&Noble. La grande catena di librerie americane ha passato un vero e proprio annus horribilis e adesso si trova a scontare l’assenza di un direttore esecutivo dopo l’abbandono di William Lynch a luglio ,nonchè il forfait di Leonard Riggio, fondatore e presidente di Barnes & Noble che, dopo l’annuncio della volontà di riacquistare la catena e privatizzarla ha definitivamente abbandonato il progetto.
La scorsa settimana come riporta il «Wall Street Journal», Riggio ha ridotto la propria partecipazione dal 30% circa al 26,3%. Stando alla documentazione presentata alle autorità federali, il presidente di Barnes & Noble possiede ora 15,7 milioni di azioni. È stato lo stesso Riggio a comunicare di avere venduto 2 milioni di titoli 13,81 dollari ognuno, per un totale di circa 27,6 milioni di dollari una mossa che ha dichiarato di avere fatto per motivi fiscali.
Intanto i conti della maggiore catena libraria degli States, non vanno affatto bene e l'ultimo bollettino del novbembre scorso mette nero su binco un calo nell’ordine dell'8% mentre, cosa che non preannuncia nulla di buono, non verrà dichiarato il risultato delle vendite realizzate durante il weekend del Thanksgiving, notoriamente polso per i consumi del Natale che ha da venire.

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