
Rinascimento. Chi avrebbe mai pensato di poter applicare questo concetto all'universo delle librerie in un anno come questo? Se per noi si è trattato di 12 mesi assai difficili tra chiusure, casse integrazioni e storiche migrazioni in capo a caro-affitti, dall'altra parte dell'Oceano (del mondo, per molti versi, potremmo dire), il 2013 si chiude con una
nota di speranza per i librai. Molla di questa inversione di rotta è lo stallo che sta vivendo il mercato digitale a stelle e strisce e che è stato evidenziato anche
dai dati diffusi dall’American Booksellers Association (ad agosto si è registrato un -3%).
Dire che il settore digitale sia arrivato al punto di saturazione forse è troppo, ma tutti i segnali suggeriscono che il mercato che tre anni fa poteva dirsi ancora praticamente inesplorato (ricordiamo il picco del +159% nel 2011) abbia ormai raggiunto un punto di equilibrio.
A giovarsene pare siano state soprattutto le
librerie indipendenti come raccontano i numeri: nel 2008, travolte dagli effetti della crisi economica, le chiusure si sono succedute con un ritmo incalzante riducendo il numero, in tutti gli States, a sole 1.600 unità. Le cose sono cambiate negli ultimi anni con una lenta crescita che ha rimpolpato il numero delle librerie indipendenti attive fino ad arrivare agli oltre 2.000 esercizi (+6,4% sull'anno precedente) di oggi.
Cosa ancora più interessante è che, in questi anni di crisi,
le librerie indipendenti sembrano essere state in grado di resistere di più e meglio rispetto delle catene alla riduzione della spesa dei lettori e all’affiancamento, accanto al libro tradizionale, di consumi digitali nell’utenza. A giustificare quest’affermazione basta il caso di
Barnes&Noble. La grande catena di librerie americane ha passato un vero e proprio
annus horribilis e adesso si trova a scontare l’assenza di un direttore esecutivo dopo
l’abbandono di William Lynch a luglio ,nonchè il
forfait di Leonard Riggio, fondatore e presidente di Barnes & Noble che, dopo l’annuncio della volontà di riacquistare la catena e privatizzarla ha definitivamente abbandonato il progetto.
La scorsa settimana come riporta il
«Wall Street Journal», Riggio ha ridotto la propria partecipazione dal 30% circa al 26,3%. Stando alla documentazione presentata alle autorità federali, il presidente di Barnes & Noble possiede ora 15,7 milioni di azioni. È stato lo stesso Riggio a comunicare di avere venduto 2 milioni di titoli 13,81 dollari ognuno, per un totale di circa 27,6 milioni di dollari una mossa che ha dichiarato di avere fatto per motivi fiscali.
Intanto i conti della maggiore catena libraria degli States, non vanno affatto bene e l'ultimo bollettino del novbembre scorso mette nero su binco un calo nell’ordine dell'8% mentre, cosa che non preannuncia nulla di buono, non verrà dichiarato il risultato delle vendite realizzate durante il weekend del Thanksgiving, notoriamente polso per i consumi del Natale che ha da venire.