Di fronte alla generale crisi della filiera del libro, con le librerie indipendenti e di catena che faticano sempre più a reggere la concorrenza dell’e-commerce, la situazione americana ha dell’incredibile: le indie bookstores, che sembravano soffrire delle stesse difficoltà che scontavano le loro sorelle del Vecchio continente, sono infatti inaspettatamente rifiorite.
Ma come si spiega questo fenomeno? Gli addetti al settore italiani guardano con interesse alla libreria indipendente americana e alla crescita che ha registrato in un periodo così difficile per il mondo del libro ma spesso non ne conoscono a fondo i meccanismi che ne regolano l’attività. Ne abbiamo parlato con Michael Reynolds, editor in chief di Europa Editions in un’approfondita intervista pubblicata sul numero di marzo del «Giornale della libreria» (disponibile qui per gli abbonati) che qui anticipiamo parzialmente.
Come funziona il mondo della libreria e della distribuzione negli Stati Uniti, ovvero come si articolano i rapporti tra: libreria e distributore, tra libreria e casa editrice e tra libreria e grossisti?
Molti grandi gruppi editoriali offrono i loro servizi di vendita e distribuzione a «editori clienti», Penguin Random House, Norton, Macmillan sono buoni esempi di questo tipo di relazione. Alcuni editori clienti poi, scelgono di affidare a queste compagnie la gestione di tutti i loro canali (nazionali, indipendenti, accademici, bibliotecari, grossisiti, ecc) mentre altri scelgono di affidargli solo una parte dei loro interlocutori (si parla principalmente di clienti indipendenti che richiedono di ricoprire grosse distanze fisiche, impossibili da gestire direttamente per una piccola compagnia).
Poi ci sono aziende come Publisher Group West, Consortium (ora entrambe di proprietà del Perseus Group) e altri distributori come Small Press Distribution che non costituiscono entità editoriali in sé ma compagnie autonome che si limitano a fornire servizi di vendita e distribuzione agli editori. Infine ci sono case editrici più piccole, che scelgono di gestire le vendite autonomamente, lasciando ai partner la sola gestione del processo di distribuzione.
Gli addetti alle vendite di queste compagnie sono suddivisi in categorie: nazionali (le catene nazionali di maggiori dimensioni, i rivenditori on line, ecc.), accademici (scuole ed università), biblioteche (biblioteche accademiche, biblioteche pubbliche, biblioteche specializzate, biblioteche museali, ecc.), mercati speciali (rivenditori di non-book), clienti speciali (la rete di librerie indipendenti sparse in tutto il Paese) e telefonici (quelli che vendono telefonicamente piuttosto che recandosi dai rivenditori di persona). Molte delle case editrici più grandi d’altro canto, non si avvalgono più di promotori sul campo; non è questo il caso della Penguin Random House (Prh) che sta addirittura investendo le sue risorse nella creazione di una forza vendite che faccia promozione sul campo, capace di durare nel tempo. Ciò è particolarmente importante per chi come noi, realizza una larga percentuale delle proprie vendite attraverso le librerie indipendenti. Ma il cambiamento più importante degli ultimi decenni nel rapporto editore-vendite-distribuzione-libreria è costituito da Above the Treeline's Edelweiss, un catalogo con un sistema di ordinazioni on line ormai utilizzato praticamente da tutti i player. La Prh ad esempio, smetterà di stampare cataloghi cartacei a partire dall’autunno 2015 per affidarsi ad Edelweiss. C’è chi crede che tutto questo significhi la morte delle vendite sul campo e chi pensa invece che Edelweiss aiuti a facilitare la componente meccanica delle vendite, permettendo ai promotori di concentrarsi su aspetti più importanti. Molti piccoli editori ritengono che sia importante creare, mantenere e coltivare rapporti diretti con i clienti delle librerie, con i librai, e con i promotori al fine di integrare e sostenere il lavoro degli addetti alle vendite sul campo. Noi di Europa Editons crediamo molto in questo modo di procedere.
Come hanno fatto le librerie indipendenti americane a tornare a crescere nonostante la crisi e la sempre più capillare diffusione dell’e-commerce?
Ci sono riuscite restando unite, lavorando di comune accordo per creare iniziative efficaci pensate per migliorare le loro attività commerciali e perché sono riuscite, appianando le divergenze, ad esprimersi con una sola voce in materia di legislazione federale e statale. Hanno capito che la componente commerciale non è ciò su cui andavano concentrate le loro energie perché i loro punti di forza risiedono altrove. E sono riusciti a fare tutto questo lavorando duramente per diventare parte integrante delle comunità in cui si trovano. Molte librerie indipendenti negli Stati Uniti organizzano circa 500 eventi all'anno con gli autori, e non solo; sviluppano e mettono in atto una vasta gamma di iniziative volte a promuovere l'alfabetizzazione e la lettura (in particolar modo tra i giovani), a costruire un’immagine accattivante dell’oggetto libro nell’immaginario collettivo, e a cercare di rendere i libri, la cultura e la lettura parte integrante del dibattito nazionale. E tutto questo è stato possibile grazie all’incontro tra due gruppi di librai ben distinti tra loro. Da un lato ci sono molti giovani tra i venti e i trent'anni, che hanno aperto negli ultimi dieci anni, e che combinano l’amore per i libri a un’attenzione maniacale per il servizio ai clienti. Sono per lo più giovani donne in possesso di una tale passione, ingegnosità, intelligenza e fiuto per gli affari da lasciare stupefatti – personalmente trovo che il loro successo sia una grande fonte di ispirazione. Dall’altro lato ci sono i «sopravvissuti», un grande gruppo di librai tra i 50 e i 60 anni che hanno resistito ai grandi sconvolgimenti del mercato nel corso degli ultimi decenni (il digitale, le grandi catene con i loro megastores, le fusioni, Borders e B&N). Sono loro i saggi veterani del mercato del libro, armati di un’esperienza che non ha eguali. Questi due gruppi comunicano spesso, si scambiano «storie di guerra» e informazioni, sia in contesti formali che informali. Sono animati da uno spirito comunitario e sono molto generosi nella condivisione delle rispettive conoscenze. Insieme hanno gettato le basi per la rinascita della libreria indipendente in America, dove per libreria indipendente si intende ogni libreria o gruppo di librerie di proprietà privata che non sia sotto il controllo delle grandi catene.
In Italia le librerie indipendenti si stanno aprendo con cautela al digitale e all’e-book. Partendo dall’esperienza americana il digitale può diventare un business rilevante per la libreria fisica?
Le librerie indipendenti americane non vedono la vendita di e-book come una fonte potenzialmente significativa di entrate, e del resto gli editori non guardano a queste librerie come importanti partner commerciali per le loro pubblicazioni digitali. Nonostante ciò, molte, direi la maggior parte, delle librerie indipendenti vendono e-book. E lo fanno per un motivo preciso: non vogliono trovarsi costrette a dire di «no» ai propri clienti, magari indirizzandoli verso la concorrenza dei grandi store on line. Il loro rapporto col cliente si basa infatti sulla capacità di poter affermare che «sì, siamo in grado di procurarci ciò che desideri e sì, possiamo cercarlo noi al tuo posto», il più spesso e con la massima precisione possibile. È dunque questa necessità che le spinge ad allargare la propria offerta anche ai libri digitali.
L'articolo completo è pubblicato sul numero di febbraio del «Giornale della libreria» disponibile qui per gli abbonati. Se non sei abbonato, scopri le nostre offerte d'abbonamento.
Appassionata di fumetti, videogiochi e serie tv: sono la quintessenza della parola "nerd”. Dopo la laurea in Lettere presso la Statale di Milano sono stata catapultata nell’universo di Aie e del Giornale della libreria per cui ho scritto, editato, digitalizzato, organizzato mostre e parlato a convegni e sono riuscita anche a pubblicare un report sul mercato del graphic novel in Italia. Ora sono Responsabile marketing e comunicazione di un’azienda che opera in campo edile… ma continuo impunemente a leggere fumetti e a coltivare la passione per l’editoria.
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