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Librerie

I 6 motivi per cui le librerie indipendenti americane sopravviveranno ad Amazon

Le librerie indipendenti in America se la stanno cavando decisamente bene. Molti degli addetti ai lavori sostengono che il 2013 sia stato il loro anno migliore e pare che il 2014 prometta un ulteriore miglioramento. All’inizio di quest’anno alla convention annuale delle librerie indipendenti organizzata dall’American Bookseller Association, i librai provenienti da tutta Europa hanno avuto l’opportunità di confrontarsi con i loro colleghi americani per capire in che modo siano riusciti ad accrescere il loro fatturato in un momento in cui il mercato del libro fisico è in declino. Che cosa hanno imparato? Proviamo ad andare per punti.

  • Le librerie di catena sono in declino. Per gran parte degli anni Novanta e Duemila, i librai indipendenti americani hanno sofferto a causa dell’espansione aggressiva delle grandi librerie di catena come Barnes & Noble e Borders. Se quest’ultimo ha cessato le attività nel 2011, B&N non se la passa meglio e, a causa del suo Nook, ha perso centinaia di milioni di dollari e oggi sta chiudendo o ridimensionando i suoi punti vendita nel tentativo di tornare a concentrarsi sul suo core business originale. Tutto ciò ha spostato la clientela sia verso l’e-commerce che verso il mercato indipendente.
  • Amazon può battere le indipendenti sui prezzi, ma non sul fattore «comunità». La minaccia più grande per le librerie indipendenti continua ad essere Amazon. Negli ultimi dieci anni, queste librerie hanno reagito organizzando campagne per informare i propri acquirenti dell’importanza di mantenere una realtà indipendente nella propria comunità-quartiere. Hanno posto l’accento sul fatto che quando si acquista un libro in una piccola realtà locale, il denaro speso andrà a sostentare direttamente un membro del vicinato, e che le sue tasse contribuiranno a coprire i costi delle forze dell’ordine e della manutenzione stradale della comunità locale cui entrambi, venditore e acquirente, appartengono.
  • Le indipendenti sono diventate centri nevralgici della vita letteraria delle comunità locali. Qualunque lettore in visita a Brooklyn, per esempio, non può non rimanere colpito dall’enorme varietà di librerie che vi sono ubicate. È il più ricco mercato librario degli Stati Uniti e praticamente ogni quartiere ha la sua libreria locale: c’è Word a Greenpoint che offre uno dei migliori programmi per young adult della città, soddisfacendo i bisogni delle giovani famiglie trasferitesi nella zona; o Greenlight Bookstore a Fort Green, che sollecitando il sostegno finanziario della comunità locale prima ancora dell’apertura, si è assicurata un vicinato che ha letteralmente «investito» nel successo dell’iniziativa; c’è BookCourt, situato al confine di Carrol Gardens, il quartiere dove vivono molti degli editori e degli scrittori di New York; Powerhouse Arena che si occupa di arte e libri illustrati rivolgendosi ai tanti artisti, architetti e designer che frequentano la zona. Il segreto di queste realtà di successo risiede nella scelta della location e nella capacità di intercettare i gusti/bisogni del proprio vicinato.
  • Programmazione e marketing innovativo. Con i tagli imposti dagli editori ad eventi come i tour promozionali, le librerie indipendenti hanno dovuto escogitare nuove strategie per attirare la clientela. Molte hanno risposto alla sfida ospitando numerosi «club del libro» con lo scopo di incrementare le vendite ed attirare clienti chiave. Diverse propongono cibo, caffè e persino vino. Altre offrono i propri spazi per l’organizzazione di incontri comunitari a sfondo sociale e politico. Ma se tanti sono gli esempi con cui le librerie hanno dimostrato grande creatività nel coinvolgere il proprio quartiere nella loro attività, vorrei approfondire due esempi in particolare. A Manhattan Idlewild, una libreria a tema di viaggi, ha cominciato a offrire corsi di lingua francese, spagnola, araba e italiana. La domanda da parte della clientela per questi – specializzati nell’insegnamento attraverso libri per l’infanzia e classici della letteratura – si è rivelata così alta da permettere ad Idlewild di aprire due nuove sedi a Brooklyn. Ad Austin, Texas la libreria BookPeople gestisce Camp Half Blood, una serie di campi estivi per l’infanzia a tema letterario estremamente popolari, ispirati alle opere di Rick Riordan, autore della saga di Percy Jackson. Questi campi hanno un costo settimanale di 450 dollari e registrano il tutto esaurito a poche ore dall’apertura delle iscrizioni.
  • Vendere libri, non e-books (o materassini per lo yoga). Non è un segreto che le librerie abbiano incontrato diverse difficoltà nel tentativo di includere gli e-book nella propria offerta. Negli Stati Uniti l'American Indipendent Bookseller Association aveva dapprima inaugurato una partnership con Google per la vendita di e-book, ma quando l’accordo si rivelò fallimentare scelse di optare per una collaborazione con Kobo. Tuttavia sono ben poche le librerie indipendenti che hanno ottenuto risultati soddisfacenti dalle vendite per Kobo, da un lato a causa della scarsa resa economica e dall’altro perché insegnare le modalità di download ai nuovi acquirenti richiede semplicemente troppo tempo (al contrario il download con Amazon è facilissimo). Mentre Barnes & Noble ha ampliato la propria offerta fino a includere tappetini per lo yoga ed utensili per la cucina, la maggior parte delle indipendenti è rimasta saldamente ancorata alla vendita del prodotto libro (e di pochi gadget correlati come T-shirt a tema letterario, giochi e cancelleria). Inoltre mentre le grandi catene hanno puntato su politiche sconto aggressive, le indipendenti hanno opposto un netto rifiuto all’idea di scontare i propri titoli. La vendita a prezzo pieno garantisce maggiori entrate, che a loro volta permettono ai librai di rifornirsi di un numero minore di copie e meno copie necessitano di spazi più piccoli. Un punto vendita dalle dimensioni ridotte abbatte quei costi immobiliari che si rivelano spesso il tallone d’Achille per qualsiasi operazione di vendita al dettaglio.
  • Promuovere il passaggio ad un «consignment model». Tra i cambiamenti principali cui potremmo assistere in futuro nel mondo delle librerie indipendenti c’è un nuovo modello per l’acquisto. Col modello attuale le librerie ordinano i libri, li pagano e successivamente possono restituire l’invenduto in cambio di credito. Questo sistema ha funzionato per quasi un secolo ma ha l’innegabile svantaggio di imporre un peso eccessivo in termini di contante sui librai, che si vedono costretti ad impegnare grandi quantità di denaro in giacenze di magazzino. Mitchell Kaplan, proprietario di Books & Books, una catena di librerie di Miami, è un sostenitore convinto del «consignment model» e lo ha sperimentato in prima persona con svariati piccoli editori. Con questo modello (da noi è la formula del conto deposito ndr), l’editore consegna gratuitamente i libri al libraio (che copre le spese di trasporto) e la libreria si impegna a stoccare un certo numero di titoli e a disporli in modo da garantirne la visibilità. L’editore viene quindi pagato per le copie effettivamente vendute. Questo modello permette alle librerie di evitare un eccessivo impegno in termini di denaro contante, mentre garantisce agli editori un maggiore controllo sul merchandising, perché in grado di determinare con maggiore precisione il numero di titoli (e copie) necessarie per rifornire i punti vendita (l’overprinting è il flagello degli editori). Un modello insomma che nell’opinione di Kaplan si rivela vantaggioso per ambo le parti.
Se esiste una lezione che possiamo trarre dall’esperienza americana delle librerie indipendenti è questa: non esiste nulla di predeterminato. Se dieci anni fa avessimo chiesto agli esperti del settore quale sarebbe stato il destino della libreria indipendente, molti avrebbero scommesso sulla sua scomparsa nel giro di un decennio. Eppure eccoci qui un decennio più tardi a contemplare il successo delle indipendenti. E per quale ragione? Perché hanno avuto il coraggio di rendersi interpreti in prima persona del proprio destino, facendo ciò che le grandi catene e i rivenditori on line non potevano permettersi; perché hanno dato spazio alla creatività. L’editoria è per sua stessa natura un’industria creativa. La risposta è semplice: largo alla creatività! (Traduzione a cura di L. Benassi)

L'articolo qui pubblicato è la versione completa dell'editoriale che Edward Nawotka, Editor in Chief di «Publishing Perspectives», pubblica ogni mese sul «Giornale della libreria».

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