Si è conclusa ieri la tredicesima edizione di Più libri più liberi, la fiera della piccola e media editoria che anche quest'anno ha battuto il proprio record di presenze, oltre 56 mila in cinque giorni. La piccola editoria resiste alla crisi partendo dai giovani e dall’incontro fra autori, editori e lettori e, se a fotografare le dinamiche in atto nel mondo della piccola editoria ci pensa il Rapporto sullo stato della piccola editoria 2014, a cura dell’Ufficio studi dell’Associazione italiana editori, il «Giornale della libreria» pubblica oggi la seconda parte del reportage dedicato ai piccoli editori iniziato con l'apertura della fiera.
Quali sono gli elementi da salvare di questi quattro anni?
Stefano Angeli (Franco Angeli Editore). Forse l’autocompiacimento che per tanto tempo ha impedito di prendere atto delle carenze cui sopra accennavo ha iniziato ad indebolirsi. Lo stiamo sperimentando nell’attenzione
ai nostri contenuti che mostrano, più di prima, sia le grandi che le medie organizzazioni nel pianificare le loro attività formative. Il pay off della nostra comunicazione recita «Le persone migliori non smettono mai di apprendere». In questo contesto il libro torna ad essere riconosciuto come uno strumento insostituibile per diffondere la capacità di arricchire e organizzare i propri pensieri e i propri comportamenti.
Sandro Ferri (Edizioni E/O). Di questi quattro anni di crisi salverei il coraggio e la passione con cui lettori, librai, organizzatori di festival, editori hanno continuato a difendere il libro e la lettura.
Carlo Gallucci (Gallucci Editore). Salverei Più libri più liberi, la sua crescita e la sua affermazione, a Roma, come più importante fiera italiana e internazionale per l’editoria indipendente. Una scommessa rivelatasi vincente che registra risultati migliori di anno in anno e che è riuscita a dimostrare l’importanza della presenza dei piccoli editori nel mercato nazionale. Mi pare poi che, in questi quattro anni, sia cresciuto
il successo dei piccoli editori. Credo che questo sia un segnale di vitalità importante per tutto il sistema editoriale. Un altro elemento da salvare – e penso all’Aie in particolare – è la capacità degli editori di reagire alla crisi facendo sistema, ragionando insieme. Finalmente mi sembra di poter cogliere segni di vitalità importanti, ci si riunisce, si discute, si progetta il futuro cercando di far fronte compatto per sostenere iniziative comuni. Non è facile, le dimensioni e gli interessi sono diversi, ma è comunque in atto una presa di coscienza del ruolo culturale, politico e civile degli editori, dell’importanza del nostro mestiere e dell’orgoglio con cui lo portiamo avanti. Di questi quattro anni salverei anche l’opportunità rappresentata dal nuovo governo, che pare più attento al libro dei due precedenti. Vedremo se passerà dalle parole ai fatti. Salverei anche la Legge Levi sul prezzo del libro, malgrado tutte le lacune e le discussioni. Non è certamente la migliore delle leggi possibili, ma se non altro ha avuto il merito di cominciare a mettere un po’ d’ordine in una situazione anarchica, che rischiava da una parte di creare problemi alle librerie e, dall’altra, confusione nei lettori. La legge stessa nel suo testo prevedeva una successiva messa a punto dopo la sperimentazione iniziale e credo che sarebbe ora di cominciare almeno a parlarne. Gli obiettivi devono essere: chiarezza per il lettore e margini per i librai e per gli editori. Infine salverei il Centro per il libro e la lettura perché, anche se non è ancora decollato del tutto, il solo fatto di avere, in Italia, un’organizzazione istituzionale che si occupa di promozione della lettura è una buona base di partenza su cui è necessario investire per rendere la sua azione ancor più efficace. Romano Montroni è un presidente di grande energia e spirito d’iniziativa.
Marco Zapparoli (Marcos y Marcos). Inizia finalmente a diffondersi l’idea che a una crisi della domanda non si risponde aumentando il numero di novità, ma riflettendo su come stimolare il bisogno di leggere. Se si continuerà a insistere su modalità antiquate di promozione, che puntano a «vendere purché sia», non cambierà nulla. Una buona notizia: alcune piccole librerie nate negli ultimi anni, anche in centri minori, lavorano con risultati incoraggianti. Come mai? Perché sanno creare cerchie di lettori, di curiosi, di persone che si avvicinano al libro e non restano delusi da ciò che acquistano. Ultimo elemento positivo da sottolineare: la creatività di molti editori italiani – piccoli e meno piccoli – che non ha pari nel resto d’Europa. Anche questo ha contribuito e contribuisce a creare affezione!
La crisi, il calo della lettura e l’ascesa dell’e-commerce hanno messo a dura prova anche le librerie fisiche, sono ancora importanti per un editore indipendente?
Stefano Angeli. Dovrebbe essere di conforto apprendere come nel più avanzato mercato nordamericano siano oggi le librerie indipendenti a reggere, meglio delle catene, l’urto della competizione con il mondo dell’e-commerce. Assortimenti non standardizzati combinati con servizi personalizzati e dal «tocco umano» sono dei punti di forza a cui la libreria indipendente può ricorrere per preservare il suo posizionamento e la sua ragione economica. Su questo fronte esiste una naturale comunione di intenti tra un tipo di editoria quale quella che noi pratichiamo e le librerie che capiscono l’utilità di valorizzarla.
Sandro Ferri. Le librerie sono fondamentali. Non credo alla sopravvivenza della lettura se rimanessero solo e-commerce e algoritmi per proporre libri. La lettura ha bisogno di comunicazione, di scambio, di luoghi fisici dove scoprire i libri e dove farsi consigliare. Sono confortato dalla mia esperienza negli Stati Uniti, dove abbiamo fondato la casa editrice Europa Editions dieci anni fa: lì ci sono molte librerie indipendenti che fioriscono attraverso un forte legame con il territorio e una forte consapevolezza del loro ruolo culturale.
Carlo Gallucci. La libreria fisica è un faro luminoso nella notte culturale italiana, è un valore sociale che andrebbe difeso, non solo dagli editori, ma dalle istituzioni, da chi ha a cuore le sorti del Paese. Negli Stati Uniti e in Inghilterra assistiamo ad una vera e propria rinascita dei bookstore indipendenti che hanno saputo trovare nella propria personalità, nella specializzazione e nei servizi accessori, la chiave per uscire dalla crisi. Viviamo in una fase di trasformazione dei tradizionali canali di vendita nella quale le librerie devono fare i conti con una ristrutturazione resa difficile dai ridotti margini di guadagno dovuti alla crisi. Ciò nonostante sono convinto che i librai sapranno trovare la formula per superare questo momento e credo fermamente che le librerie indipendenti non spariranno in quanto presidi culturali essenziali per la società. A questo proposito sono favorevole a incentivi, contributi e facilitazioni che aiutino i librai a chiudere il bilancio in positivo e che diano loro la possibilità di investire per rinnovarsi e ripensare il proprio modello commerciale.
Marco Zapparoli. Le librerie sono il cuore del sistema. La loro vitalità dipende dalla loro capacità di proporsi come punto di riferimento e aggregazione. Abbiamo illustrato undici modelli positivi in un libro: La voce dei libri. Undici strade per fare libreria oggi, a cura di Matteo Eremo. Sarà di nuovo Matteo a raccogliere venti storie di libraie coraggiose per la seconda puntata della Voce dei libri, in uscita nel 2015.