
La situazione del comparto editoriale non è delle più rosee: secondo
l’ultimo rapporto di Nielsen per il Centro per il libro e la lettura, in tre anni,
gli acquirenti di libri sono calati del 15% mentre
coloro che hanno letto almeno un libro sono scesi di 11 punti percentuali. In una situazione così critica, che per di più si somma agli effetti della crisi sulla disponibilità di spesa delle famiglie, a soffrire maggiormente dello status quo nella fililiera distributiva è la medio piccola libreria indipendente sulla quale, ultimo anello della filiera editoriale, si riverberano tutte le difficoltà del settore.
«Le librerie italiane non peccano certo di immobilismo: sono laboratori culturali estremamente attivi, centri di aggregazione cittadina, motori di relazioni sempre pronti ad accogliere idee e buone pratiche. Purtroppo però la situazione economica non lascia scampo e sono convinto che
solo un nuovo patto tra librai ed editori potrà salvare il nostro lavoro» esordisce
Alberto Galla,
presidente dell’Associazione librai italiani (Ali).
La revisione dell’attuale sistema distributivo e del relativo modello di compenso (oggi le librerie devono anticipare i costi dell’assortimento per poi vedersi restituire il valore dell’invenduto con le rese) sono da tempo tra le priorità dell’Ali. «Sono convinto che mai
come oggi ci siano le premesse perché se ne venga a capo. La crisi sta toccando anche la parte alta della filiera e credo vada abbandonato al più presto l’immobilismo atavico del settore. Negli anni non sono mancate alcune proposte che sono andate in questo senso, penso per esempio all’accordo che Mondadori nel 2013 ha stretto con oltre 300 librai indipendenti permettendogli di prenotare le novità dei marchi del gruppo pagando solo le copie vendute al netto delle rese. Tuttavia fino ad oggi si è trattato per lo più di proposte calate dall’alto, senza un confronto con le esigenze di noi librai».
Per discutere della formula di questo «nuovo patto tra editori e librai» venerdì 13 giugno a Roma è in programma l’omonimo
convegno inaugurale dell'8° corso della Scuola Librai Italiani, al quale prenderanno parte, oltre ad Alberto Galla, anche Angela Di Biaso (Messaggerie Libri), Sandro Ferri (Edizioni e/o), Valerio Giuntini (Libri Mondadori), Filippo Guglielmone (Rcs MediaGroup), Marco Polillo (presidente Associazione italiana editori), Stefano Sardo (Feltrinelli) e Giuseppe Somenzi (ProLibro).
Ma verso quale direzione si deve andare? «Volenti o nolenti la libreria, e in particolare quella che fa dell'assortimento e del servizio personalizzato la propria ragion d'essere, è ancora il luogo privilegiato per evidenziare l'articolata produzione editoriale nazionale. Per continuare a renderlo possibile è necessario
spostarsi su modelli simili a quelli adottati nelle formule di franchising che prevedono il pagamento dei soli libri venduti. Per farlo ci possono essere infinite declinazioni, l’importante è instaurare un dialogo con gli editori che ci permetta di trovarle insieme».
Formule di conto deposito non sono nuove in Italia, ma
in un recente articolo redatto per il «Giornale della Libreria» da Edward Nawotka, Editor in Chief di «Publishing Perspectives», sembra che il «consignment model», per dirla all’americana, stia godendo di un vero e proprio periodo di gloria negli States. «Mi fa piacere apprendere che in America, dove
le librerie indipendenti sono tornate a crescere, le cose siano arrivate a questo punto e spero che possa essere una tendenza che arrivi anche in Italia: sono convinto che non abbiamo assolutamente niente da invidiare alle nostre consorelle americane rispetto alla capacità di coinvolgere i lettori con formule innovative o alla volontà di fare comunità. Su questo punto la penso come Teresa Cremisi:
le librerie fanno parte del paesaggio urbano – gli conferiscono umanità –
non possiamo lasciare che si spengano e che le nostre città vadano verso la desertificazione culturale».