Durante l’ultimo Salone del libro di Torino
i dati Nielsen presentati dall’Associazione italiana editori hanno lasciato intravedere un primo spiraglio nella pesante crisi che dal 2011 ha colpito il settore con un
dimezzamento dei valori negativi registrati nei primi mesi del 2015 (-2,6% a valore e -4% a volume) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
A lasciare piacevolmente sorpresi gli addetti ai lavori è però il
segno «più» registrato dalle librerie indipendenti che, dopo anni di decrescita, hanno registrato nei primi mesi del 2015 una crescita del
+2,3% a volume e dell’1,9% a valore a spese delle librerie di catena (che perdono il -3,9% a copie e -3,7% a valore) e soprattutto della grande distribuzione (-14,8% a volume e -12,2% a valore). Abbiamo chiesto ad
Alberto Galla, presidente dell’Associazione librai italiani, un commento.
Cosa ne pensa dei dati positivi registrati da Nielsen: siamo di fronte ai primi segnali della ripresa delle librerie indipendenti?

Sicuramente le librerie indipendenti stanno reagendo alla crisi e il mercato le sta premiando, ma la
situazione resta complessa per moltissimi colleghi e prima di lasciarsi andare all’ottimismo credo sia il caso di aspettare le performance dei prossimi mesi. Se dobbiamo guardare alla situazione americana dove, dopo anni di grave crisi causata dallo sviluppo di Amazon e ai problemi economici, le librerie indipendenti vivono ora una stagione di vera e propria rinascita, non possiamo che esprimere un moderato ottimismo, pur nella consapevolezza che molte librerie italiane, anche di lunga tradizione, hanno chiuso i battenti e molte altre si trovano ancora in una oggettiva situazione di difficoltà economica e finanziaria. In ogni caso dietro
a questa crescita c’è innanzi tutto il grande lavoro dei librai in carne ed ossa, la loro capacità a creare un rapporto con il territorio e a tessere relazioni con le scuole e le nuove generazioni di lettori.
Citava la situazione americana, vede dei punti di contatto tra quello che è stato definito il «Rinascimento» delle librerie indie d’oltreoceano e la realtà italiana?
Gli Stati Uniti anticipano spesso tendenze che poi con qualche anno di scarto si verificano anche nel nostro Paese. In questo senso credo che, come avete più volte sottolineato nelle vostre inchieste [
qui l'ultima ndr],
dovremmo lavorare molto di più sull’integrazione tra fisico e digitale in libreria. Sono perfettamente consapevole che da questi strumenti il libraio difficilmente ricaverà grandi margini, ma d’altro canto si tratta di un ulteriore tassello che gli permette di
offrire un servizio al proprio cliente. In questo modo il lettore può continuare a trovare nel libraio un interlocutore competente anche per le proprie letture digitali, qualcuno capace – e
molto meglio di un algoritmo – di suggerirgli il prossimo libro di cui si innamorerà. Se non agiamo il rischio è quello di abbandonarsi al conservatorismo andando al traino, e noi questo non possiamo permettercelo.
Un altro punto di forza delle librerie americane sono gli eventi a pagamento. Pensa che siano una strada percorribile anche da noi?
Visto il livello di affezione ai libri nel nostro Paese,
non credo che gli eventi a pagamento tout cout siano una soluzione scalabile. Molte librerie hanno già intrapreso con successo questa strada, ma si tratta prevalentemente di workshop che coinvolgono personale altamente qualificato o di laboratori con i bambini. Una formula che potrebbe avere un senso da noi – ma solo se parliamo di autori estremamente popolari – potrebbe essere quella di chiedere un piccolo anticipo a chi viene alla presentazione di un libro che poi si tradurrebbe in un pari sconto sull’acquisto del volume.
E rispetto all’investimento nel layout del punto vendita? In America non sembrano pensarla come da noi…
Effettivamente scorrendo le foto delle librerie indipendenti americane
non vedo grandissimi investimenti nel design e nell’allestimento del punto vendita. Come sempre gli anglosassoni
badano più alla sostanza che all’apparenza. In Italia abbiamo librerie bellissime, ma forse abbiamo anteposto l’estetica dei luoghi rispetto al rinnovamento tecnologico e, più in generale, nel servizio al cliente.
Per chiudere: da quest'anno l’Ali è rientrata nelle organizzazioni internazionali e europee dei librai.
Sì, è stato possibile
grazie al sostegno della Confcommercio che ha riconosciuto nella spinta verso l’internazionalizzazione una priorità per l’Associazione. Essere presente nell’
Eibf-European and international booksellers federation e nel
Ibf – International booksellers federation è fondamentale per portare avanti le grandi campagne che – dall’Iva sugli e-book alla formazione – restano prioritarie per l’Ali. Credo inoltre che quello sovranazionale possa essere un buon terreno per gettare le basi per
una più stretta collaborazione anche con l’Aie.