Cos’è oggi un lettore? Cosa significa oggi leggere? Sono queste le domande che hanno idealmente condotto l’incontro Gli altri modi di leggere, oggi a Più libri più liberi, organizzato da AIE in collaborazione con Aldus Up.
Nel presentare i dati dell’Osservatorio AIE 2022 che hanno fatto da pezze d’appoggio per la discussione, il responsabile dell’Ufficio studi Giovanni Peresson ha sottolineato come la lettura sia sempre un'auto-percezione del lettore, con tutto quanto ne consegue in termini di difficoltà nel rappresentare il fenomeno: «Una difficoltà che è ulteriormente cresciuta all'ingresso nell'ecosistema digitale».
La ricerca rileva infatti un 17% di italiani che sì legge, ma solo online o su smartphone. Sono persone che fruiscono di contenuti editoriali sui social network, online su siti specializzati o dedicati alla fanficition, ma che non hanno familiarità con i libri, nemmeno in versione elettronica o audio. «È un pubblico che si può intercettare – osserva Peresson – ma che pone anche delle criticità: parliamo di persone con bassi indici di competenze alfabetiche e che può avere difficoltà ad approcciarsi a sistemi di lettura più articolati».
Ma i dati mostrano anche come la percentuale di persone che rifiuta qualsiasi tipo di lettura sia in calo, passando dal 16% nel 2017 al 14% nel 2019, per poi attestarsi all’11% nel 2022. La «lettura morbida» dei contenuti digitali, insomma, sembra in ogni caso sottrarre quote alla non lettura.
Che domande pone questo scenario ai soggetti istituzionali che si occupano di promozione della lettura? «Lentamente ci stiamo abituando a pensare al libro come a qualcosa di diverso: un libro che possa essere ascoltato, guardato, interagito oltre che letto. Eppure quando dobbiamo individuare cosa sia la lettura e cosa no, la resistenza è maggiore» commenta il direttore del Centro per il libro e la lettura Angelo Piero Cappello. L’amministratore pubblico che deve investire risorse sulla lettura dovrebbe farlo senza pregiudizi, prosegue, mettendo da parte le idee di chi è cresciuto ed è stato socializzato alla lettura nell'era di Gutenberg. «Per i ragazzi il libro è diventato multicanale e la lettura è in corso di trasformazione. Demonizzare gli altri modi di leggere è miope e deleterio».
Cappello si sofferma anche a riflettere sui possibili limiti predittivi dell’approccio neuroscientifico. «Se è vero che gli studi attuali evidenziano una correlazione tra l’impoverimento della mappa neuronale e la lettura digitale in confronto a quella cartacea, non possiamo sapere cosa succederà con i nativi digitali, i cui cervelli si sono formati fin dalla nascita a contatto con l’ecosistema digitale». Nell’attesa di scoprirlo, tra venti o trent’anni, meglio mantenersi laici e inclusivi rispetto alla promozione della lettura.
Anche perché, per quanto riguarda i media attraverso cui gli italiani accedono tanto all’intrattenimento quanto all’informazione, i social network sono in crescita, pur non scalzando il primato della televisione né incrinando la rilevanza de libro. Per quanto riguarda i mondi narrativi, in particolare, la tv in chiaro è la porta d’accesso per il 75% degli italiani, la pay tv per il 62% (in forte crescita), il libro per il 53%, raggiunto quest’anno dai social autoriali (53%). YouTube al 46%, cinema al 36%, ed e-book al 31%. Nel mondo delle utilità pratiche, invece, il libro si attesta al 35% mentre dominano ai primi posti i tutor-webinar con il 55%, i social tematici (sempre 55%), le rubriche televisive (53%) e siti specialistici (37%). Infine, negli approfondimenti culturali e divulgativi, la tv in chiaro si attesta al 51%, seguita dalla pay tv (35%), segue il libro con il 31% e la radio con il 21%. E-book al 18%.
«L'ecosistema digitale lascia spazio a tutti i media – chiarisce Elisa Salamini, co-fondatrice di Mamamò, portale dedicato all’educazione digitale di bambini, ragazzi e adulti – lavora per integrazione e non per sostituzione, anzi può funzionare anche da stimolo per gli altri media». Quando una narrazione viene espansa dall’ecosistema digitale, infatti, diventa secondario il punto d'ingresso per il fruitore a quel mondo narrativo. Ma alta è la probabilità che quell’esplorazione proseguirà altrove, seguendo la narrazione su tutte o molte delle piattaforme e i formati disponibili.
Salamini sottolinea pure come «l’altro lettore», il lettore di non soli libri, stia affinando le sue capacità di scelta, selezionando scientemente le piattaforme e i servizi a cui iscriversi – l’esempio eccellente è quello delle newsletter a pagamento – e investendo tempo e risorse nella fruizione. Segno di una consapevolezza e di un’auto-percezione non banali.
E allora come incrociare la strada dell’altra lettura con quella della promozione della lettura tradizionale? «Per il settore pubblico adeguarsi ai cambiamenti in corso è più difficile che per il privato» osserva Cappello. «Oggi le norme che regolano la promozione della lettura sono ancora molto legate al possesso esclusivo del bene, del libro. Eppure la fruizione dei contenuti culturali sta andando altrove, basti pensare alle piattaforme di streaming». Ridurre la distanza, anche banalmente anagrafica, tra chi fa le leggi e chi è interessato dalla loro applicazione potrebbe rappresentare un buon punto di partenza.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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