Vedersi rappresentati nei prodotti mediali che fruiamo e che ci circondano, quelli che con buona approssimazione potremmo definire mass market, è importante. E lo è a maggior ragione per chi appartiene a una qualsivoglia minoranza.
Riconoscersi è molto più che gratificante: è una sponda importante per qual processo di auto accettazione e conoscenza di sé che tende a essere più tortuoso quando ci si vede appartenenti a un insieme non maggioritario. E non è un caso che su una piattaforma come
Wattpad – dove la gran parte dei contenuti è prodotta dal basso e l’utente è spesso, contemporaneamente, sia lettore che scrittore delle narrazioni ospitate –
nel 2018 siano stati trascorsi quasi 116 milioni di minuti a leggere contenuti contrassegnati dai tag #POC [people of color], #Diversity e #DiverseLit.
Peraltro, che la diversità – la varietà – vengano rappresentate in tutte le loro forme, contemplate nelle narrazioni al di là di ogni stereotipo e maniera, è particolarmente significativo da un punto di vista sociale. Abitua l’occhio e la mente all’inclusione; «certifica» ciò che dovrebbe essere ovvio eppure così spesso è minacciato: l’esistenza a pieno titolo. Con tutto quanto ne consegue in termini di diritti e garanzie.
I lettori canadesi sono interessati ai «diverse book»? In poche parole: sì. E anche molto, considerando che il 62% di loro (il campione del sondaggio, condotto online a novembre 2018, era composto da 500 persone che avevano letto almeno un libro o ascoltato almeno un audiolibro nei 12 mesi precedenti) ha dichiarato di andare alla ricerca di «argomenti, autori o esperienze diverse» nei libri. Un quarto di loro si è dichiarato neutrale sul tema; il 12% non interessato.
Un «diverse book», vale la pena precisarlo, è definito dallo studio canadese come un libro che esprime o contempla il punto di vista di una persona appartenente «a una minoranza etnica o religiosa; alla comunità LGBTQ+; con disabilità. O che sia l’autore del titolo a identificarsi come membro di uno o più dei gruppi elencati». Il panel a cui è stato sottoposto il sondaggio di Booknet Canada era composto sia da persone che identificano sé stesse come appartenenti a uno o più di questi gruppi (i «sottorappresentati») sia i «ben rappresentati», lettori non appartenenti alle minoranze indagate, al fine di confrontarne punti di vista e abitudini di lettura.
Ai 500 lettori intervistati è stato chiesto, inoltre, quanto gradirebbero leggere dei libri nei quali sentirsi rappresentati e nei quali veder rappresentati i gruppi elencati sopra: il 54% degli intervistati ha dichiarato di essere interessato o molto interessato a questo aspetto. Il 19% delle risposte positive è risultato provenire da lettori «sottorappresentati» (che costituivano un terzo del panel), il 35% da lettori «ben rappresentati». Un dato significativo, indice dell’importanza globale dei «diverse book» e, più in generale, della rappresentazione della diversità nei prodotti culturali e mediali.
Infine, la domanda delle domande: si leggerebbe di più se i libri fossero maggiormente espressione didiversity? Il 31% del panel ha risposto in maniera affermativa, con un 16% di lettori «sottorappresentati» che si è dichiarato «fermamente d’accordo» con un incremento della lettura trainato dall’incremento della varietà rappresentativa. Più in generale, è il 58% dei lettori intervistati a ritenere che un aumento dei «diverse book» possa far bene tanto a sé quanto al prossimo. Contro un 11% che sostiene il contrario.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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