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Francoforte 2024

Chi scriverà il best seller del 2060

di Samuele Cafasso e Alessandra Rotondo notizia del 20 ottobre 2024

Questo articolo è uscito sul Giornale della Libreria di ottobre 2024. Se sei abbonata/o scarica qui la tua copia, oppure scopri come abbonarti.


Nel 1988 portavamo Ospite d’Onore a Francoforte un’Italia del libro totalmente diversa da quella attuale: nei volumi di mercato, nella capacità di proiezione internazionale, nell’autorialità espressa e nell’articolazione dei generi letterari. E se è impossibile predire cosa succederà tra 36 anni, è un esercizio certamente affascinante provare a immaginarlo: lo abbiamo fatto con Gian Arturo Ferrari ed Eva Ferri.
 
Rispetto al 1988, in Italia oggi si vende circa il doppio di copie di libri, i titoli pubblicati ogni anno sono triplicati. L’editoria italiana continuerà a crescere anche nei prossimi anni o abbiamo raggiunto un apice?
GIAN ARTURO FERRARI Non conoscevo questi dati e sono rimasto piacevolmente stupito. La triplicazione dei titoli pubblicati è legata alla diminuzione dei costi di stampa dovuta soprattutto alla possibilità di stampare lotti molto più esigui che in passato. Il dato significativo è il raddoppio delle copie vendute, parte delle quali hanno senza dubbio raggiunto nuovi lettori, auspicabilmente bambini o ragazzi. Ora, siccome la lettura di libri è una malattia contagiosa e quando si è letto un libro è probabile che se ne legga un altro e quando in una famiglia è entrato un libro è possibile che ne seguano altri, si può ragionevolmente credere che siamo avviati ad allargare la base di lettura nel nostro Paese e a diminuire il gap che ancora ci separa dai Paesi europei più avanzati e più fortunati. Non abbiamo raggiunto nessun apice. Il punto è riuscire a mantenere anche nei prossimi anni questo trend positivo.


EVA FERRI
Wow. Il 1988 è l’anno in cui sono nata, e non sapevo che l’Italia fosse stata Ospite d’Onore a Francoforte! Oggi invece, oltre a lavorare per le Edizioni e/o, sono editrice di Europa Editions in Gran Bretagna e seguo da vicino la nostra esperienza americana. Ho quindi da qualche anno un punto di vista abbastanza privilegiato sui tre mercati. Entrando nel merito: si dice spesso che quello italiano è un mercato di pochi lettori con volumi piccoli, si dice che si pubblicano troppi libri e io sono d’accordo. Ma rispetto a USA e UK c’è una minore polarizzazione delle vendite tra best seller e resto del catalogo, una bibliodiversità che fa bene a tutto l’ecosistema, autori, editori e librerie indipendenti. Esiste una mid list che altrove non c’è e questo fa dell’Italia un mercato in qualche modo più sano, anche se un po’ più piccolo e stagnante negli ultimi anni. Ma bisogna pensare a lungo termine.
C’è spazio per crescere se gli editori sapranno intercettare i gusti dei nuovi lettori che ci sono e che vogliono titoli scelti da qualcuno che li capisce. Serve avviare un processo di ascolto molto profondo – conosco molti professionisti che lo stanno facendo – ma che non è la semplice rincorsa al trend del momento, non vuol dire andare su TikTok e dire «lo faccio anche io perché funziona», non è l’ennesimo titolo sulle botteghe giapponesi perché ho visto che funziona. Questo è un cerotto su una ferita molto grande che così non si guarisce, funziona per un po’, ti fa vendere qualcosa, ma non innova. Ascoltare vuol dire cercare lettori, agenti di cui ci si fida e cercare di capire cosa serve mediando tra la nostra idea e quella di un altro, e alimentando così una crescita sana, sostenibile.
In questo momento credo molto nelle ibridazioni del fantasy con temi più profondi, generali e sentiti, credo nelle riflessioni sulla società contemporanea. E credo molto nel cross over, in tutte le ibridazioni pensate con intelligenza da parte dello scrittore e poi promosse bene da chi lo pubblica. C’è sicuramente un tema di giusto posizionamento in libreria.


La storia dell’editoria italiana del Novecento e quindi dei primi anni Duemila è anche una storia di scoperte di nuove letterature, nuove lingue da cui tradurre, nuovi Paesi verso cui rivolgere l’attenzione. Quali sono i Paesi a cui guarderemo nei prossimi anni?
G.A.F. Il mondo si sta aprendo. Certo, i grandi Paesi del libro, europei e nordamericani, continueranno per un bel po’ di tempo a esercitare la loro egemonia, ma interi continenti – l’Asia, l’Africa – saranno senza dubbio i protagonisti del futuro. Non sarà un percorso lineare, ma nei prossimi decenni assisteremo a una fioritura imprevedibile e tumultuosa. Occorrerà molto fiuto editoriale per indovinare nella massa del nuovo ciò che è destinato a durare. D’altra parte, questo è sempre stato il compito e vorrei dire la funzione, persino la missione, dell’editoria libraria.
 
E.F. Le Edizioni e/o nascono a Roma nel 1979 con l’ambizione di pubblicare letterature di Paesi, quelli del blocco comunista, che venivano visti e pensati solo attraverso le lenti della propaganda. Adesso, secondo noi, bisogna guardare a Paesi da cui non è mai arrivato molto se non una visione stereotipata, lingue che nessuno legge, posti che non conosciamo nella loro anima, nella loro letteratura. Per esempio, siccome sto andando a Bali, mi piacerebbe un libro su Bali, scritto da un indonesiano ma anche da un australiano che vive lì da anni, o da un russo che ci si è rifugiato per scappare dalla guerra.
Edizioni e/o ha sempre avuto una grande attenzione per l’Africa, per esempio. C’è così poca attenzione nei confronti delle letterature africane nonostante in un solo anno – era il 2021 – il premio Nobel sia andato a Abdulrazak Gurnah, il premio Goncourt a Mohamed Mbougar Sarr e il Booker Prize a Damon Galgut. Non è un segno incredibile di vitalità? Di questi tre autori, in Italia noi ne pubblichiamo due, e dall’anno scorso collaboriamo all’organizzazione di un festival letterario, CaLibro, che si occupa di letterature africane. CaLibro si trova a Città di Castello (Perugia), e non era scontato che andasse così bene, invece è stata davvero un’esperienza felice.
 

Quali sono, invece, i Paesi e le aree del mondo verso cui porteremo i nostri autori e i nostri libri?
G.A.F. Vale il reciproco della domanda precedente. Tutti gli autori desidererebbero essere pubblicati negli Stati Uniti. Ma forse converrebbe dedicare un poco più di attenzione ai Paesi e alle culture che si affacciano oggi alla ribalta dell’editoria mondiale. E quando dico attenzione intendo aiuti concreti alle traduzioni e alla pubblicazione.
 
E.F. Guarderei alla Corea che ha molti lettori e un’editoria molto internazionale, curiosa, che traduce. Sarebbe poi bello, ma non è facile, costruire un canale più forte con il Giappone, con la Cina. Nei mercati europei si soffre un po’ per la competizione delle edizioni in inglese, ma sono sempre stati molto ricettivi e lo saranno in futuro.
Nel lungo periodo, bisognerebbe guardare ai flussi migratori attuali e alle seconde generazioni del futuro, i figli degli italiani che oggi emigrano in Australia, in America, nel resto d’Europa e che non conosceranno magari l’italiano, ma vorranno leggere libri del Paese da cui provengono i loro genitori.

 
Trentasei anni fa lo scrittore italiano bestellerista nel mondo era Umberto Eco. Oggi una donna di cui non conosciamo la vera identità, Elena Ferrante. Chi sarà nel 2060 e che libri scriverà?
G.A.F. Immaginare chi potrebbe essere il prossimo Eco o la prossima Ferrante è un esercizio, propriamente parlando, di divinazione. In entrambi i casi, anche se con modalità diversissime, l’elemento essenziale è stata la sorpresa. L’importante è che il nostro Paese ha saputo fornire il brodo di cultura in cui fenomeni così chiaramente eccezionali hanno avuto modo di manifestarsi. Questo va preservato: la grande e contraddittoria libertà di espressione e la parallela libertà, sul lato editoriale, vorrei dire di avventura, di intraprendere coraggiosamente nuove strade. Questa effervescenza della nostra editoria è il nostro patrimonio maggiore, quello che va preservato e quello che ci consente di guardare con ottimismo al futuro


 
E.F. Immagino sarà un milionario che vive su un’isola, un atollo che non si è ancora inabissato nelle acque e da lì potrà finalmente riflettere sui guasti che ha prodotto il capitalismo in questo mondo. Sarà il racconto di un ricco pentito, di uno che si è accorto che davvero tutto ciò che abbiamo messo in moto è un po’ troppo. Io un libro così lo leggerei volentieri. Sarà di un italiano che solo italiano non è, un figlio di tanti Paesi, come mi auguro accada sempre più spesso. Saremo italiani con storie che vengono da tutto il mondo e ci sarà una nuova idea di quello che vuol dire rappresentare il nostro Paese, l’esperienza di esserne cittadini. Spero anche che, se un italiano così avrà successo tra più di trent’anni, un milionario pentito o un figlio di immigrati, tutti i suoi concittadini ne saranno contenti e lo festeggeranno, perché saranno fieri come italiani di avere una grande letteratura, aperta e capace di ascoltare e di parlare con il mondo.


GIAN ARTURO FERRARI è scrittore. È stato editorialista del «Corriere della Sera», docente all’Universita’ di Pavia, presidente del Centro per il libro e la lettura e direttore generale di Mondadori Libri.
EVA FERRI è editrice di Edizioni e/o e di Europa Editions.


Le immagini di questo articolo sono state generate con l'Intelligenza Artificiale
 

L'autore: Samuele Cafasso e Alessandra Rotondo

Samuele Cafasso: https://www.giornaledellalibreria.it/scritti-da/samuele-cafasso-1902.html
Alessandra Rotondo: https://www.giornaledellalibreria.it/scritti-da/alessandra-rotondo-3.html

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