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Editori

Terremoto in Hachette, Nourry non è più Ceo. Continua l’offensiva di Bollorè

di Bruno Giancarli notizia del 30 marzo 2021

Arnaud Nourry non è più il Ceo di Hachette Libri: secondo quanto riferisce l’Opinion, è stato sollevato dal suo incarico lunedì. La versione ufficiale parla di una decisione presa da lui e dall’azionista Lagardère, su «basi amichevoli». Ma la sua uscita arriva a pochi giorni da un’intervista su Le Monde in cui il manager aveva dichiarato: «Hachette non deve essere smantellata», con chiaro riferimento alle indiscrezioni di stampa che parlano di tentativi di accordo tra Arnaud Lagardère, Bernard Arnault e Vincent Bollorè per dividersi quello che ad oggi è il primo editore francese, il sesto gruppo editoriale al mondo. Fino a pochi mesi fa alcuni rumors accreditavano Hachette tra i pretendenti all’acquisizione di Simon & Schuster, ma lo stesso Nourry nell’intervia a Le Monde faceva notare che il prezzo finale (1,8 miliardi di euro) era tale da rendere l’operazione non sostenibile. Rispetto all’anno trascorso, però, i termini della questione sembrano essere mutati radicalmente. Da potenziale cacciatore, Hachette rischia di diventare preda, e il predatore risponde al nome di Vincent Bolloré, presidente di Vivendi, che a sua volta controlla il gruppo editoriale Editis. Per molti versi, si tratta di un ribaltamento di un rapporto nato vent’anni fa.

Non è un caso, così, che nell’intervista rilasciata a Le Monde Arnaud Nourry chiedesse di stoppare le mire di Bolloré così come, nel 2003, la Commissione Ue aveva impedito che Lagardère, proprietario di Hachette, inglobasse le attività editoriali di Vivendi. Nourry sosteneva che l’attacco che Hachette sta subendo danneggia l’editoria francese nel suo complesso. La forza di Hachette, continuava Nourry, è una risorsa per tutti, ricordando che solo grazie alla sua dimensione il gruppo poté sostenere una guerra estenuante contro Amazon nel 2014. Adesso Nourry è stato rimosso dai suoi incarichi nella casa editrice e a ricoprire il suo posto è stato chiamato Pierre Leroy.

Facciamo un passo indietro. Nel luglio 2002 il gruppo Vivendi era in profonda crisi: per evitare la bancarotta, la società Vivendi Universal Publishing (VUP), primo gruppo editoriale francese, viene venduta a Lagardère, all’epoca secondo gruppo editoriale nel Paese. Alcuni attori della filiera temevano la grande concentrazione di quote di mercato che si sarebbe venuta a creare, fino a quando il caso non arriva sui tavoli della Commissione europea. La Commissione dà il via libera all’operazione il 7 gennaio 2004, ma ponendo condizioni onerosissime: Lagardère è costretto a rinunciare al 60% della quota dell’ormai ex VUP. La parte che la Commissione impedisce venga acquisita diventa Editis, la quale, dopo alcuni anni di proprietà di un gruppo d’investimento, Wendel, diventa parte della spagnola Planeta. Nel 2009 Editis crea una propria piattaforma di distribuzione di e-book. I rapporti di forza, in ogni caso, si sono invertiti: Hachette è il primo gruppo nel Paese, Editis il secondo.

Gli eventi successivi sono più recenti. È il 2014 e a capo di Vivendi arriva Vincent Bolloré. Dopo cinque anni – siamo a gennaio 2019 – il gruppo torna proprietario di Editis grazie a un’operazione da 900 milioni di euro e al via libera dell’antitrust. Le mire di Bolloré nell’editoria francese (in altre nazioni e per altri media sono note anche in Italia) non si fermano però qui. Aprile 2020: in un momento di crisi del gruppo Lagardère, Vivendi acquisisce il 10,6% dei titoli di quest’ultimo. Il fondo Amber, socio di maggioranza relativa, era molto critico circa la gestione del presidente, Arnaud Lagardère: Bolloré interviene anche dietro richiesta dell’ex presidente della repubblica francese Nicolas Sarkozy e dichiara che il suo è un investimento di lungo periodo.

Non passa molto tempo prima che Vivendi decida di aumentare le proprie quote dentro Lagardère: Bolloré arriva così a detenere il 23,5% del capitale azionario del gruppo, e il 21,5% dei voti in assemblea. Vivendi e Amber, socio di maggioranza relativa, si alleano contro Arnaud Lagardère. A seguito del rifiuto di quest’ultimo di convocare un’assemblea straordinaria e mutare i pesi nel consiglio di sorveglianza, la vicenda arriva in tribunale, ma anche in appello (siamo a dicembre 2020) vince Lagardère. Occorrerà aspettare maggio per la prossima assemblea dei soci e vedere cosa accadrà. Ma, nel frattempo, a quanto pare i tre sono sulla strada di trovare un’intesa, mentre Nourry non è più della partita.

Centrale è la figura di Bolloré e della sua Vivendi che, attraveso Editis, insidia il primato di Hachette.Il primo  colpo che Hachette ha dovuto subire più di due anni fa è stato l’avvicendamento al vertice di Editis: nel settembre 2019 viene infatti chiamata alla presidenza del gruppo Michèle Benbunan, uscita da Hachette due anni prima dopo 27 anni all’interno del gruppo.

Più recentemente il gruppo Margot ha rescisso il contratto che lo legava ad Hachette e raggiunto un accordo di distribuzione con Editis. A interessare le case editrici di Margot è in particolare la piattaforma digitale del gruppo guidato dalla Benbunan. Editis ottiene anche il 49% delle quote del gruppo. Arnaud Nourry, però, riteneva che fosse stato violato il diritto di prelazione di Hachette e lo scorso 17 marzo chiese l’annullamento del contratto e 4,4 milioni di euro a titolo di risarcimento per il danno subito. Occorrerà anche in questo caso vedere cosa decideranno i giudici. Ma, con le dimissioni di Nourry, il quadro è già oggi totalmente cambiato.

L'autore: Bruno Giancarli

Dottorato in filosofia a Firenze, Master in editoria di Unimi, Aie e Fondazione Mondadori. Attualmente lavoro presso l'Ufficio studi Aie. Mi interessano i dati della filiera editoriale e le loro possibili interpretazioni.

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