Marie Force è una delle prime autrici statunitensi ad aver avuto enorme successo con il self publishing. Nella lista dei best-selling author del New York Times, dall’inizio della sua carriera – nel 2008, avvenuta attraverso il canale dell’editoria tradizionale – ha venduto oltre 3 milioni di copie. Oggi è un’autrice «ibrida» con all’attivo più di 30 libri indipendenti, quasi tutti romance. Marie ha un blog che, negli anni, ha avuto la capacità di diventare un punto di riferimento per la comunità indie, di mettere in contatto gli autori tra loro e, in una certa misura, di stimolare oltre che di osservare l’ascesa del fenomeno. Mentre anche in Italia si comincia a indagare l'ampiezza e la composizione del self publishing, l’autrice ha condiviso con i suoi lettori gli esiti di un sondaggio che raccoglie le risposte di circa 2 mila autopubblicati, la metà dei quali del tutto indipendenti, con l’idea di tracciare un’immagine d’insieme del settore relativa agli Stati Uniti.
Il sondaggio – disponibile per la compilazione dall’8 ottobre all’8 novembre 2016 – è stato ampiamente pubblicizzato attraverso i canali di comunicazione degli autori indie (dai gruppi di discussione ai social media). Le risposte hanno in primo luogo aiutato a definire la morfologia del fenomeno: quasi il 90% delle risposte è arrivato da autrici, di età compresa tra i 41 e i 50 anni. Più del 60% ha identificato nel romance il genere nel quale collocare la gran parte della propria produzione; il 5% si è definito autore di science fiction e una medesima percentuale di mystery/thriller; il 4% ha dichiarato di scrivere fantasy.
Quando è stato chiesto loro quale fosse il motivo per cui avevano intrapreso la strada della pubblicazione indipendente, la maggior parte degli autori intervistati ha addotto la speranza di maggiori guadagni come motivazione e, al secondo posto, un maggiore controllo sui propri contenuti. Al contrario, i più grandi disincentivi all’autopubblicazione provengono dal timore di disparità di trattamento sulle piattaforme di vendita e alla generale instabilità del settore. Tuttavia, il 29% ha riferito che questi fattori negativi sono minimi e facilmente neutralizzabili: più della metà degli intervistati individua nell’agilità e nella capacità di adattamento i maggiori benefici nell’essere un self publisher.
La maggior parte degli autori intervistati scrive libri che vanno dalle 50 mila alle 100 mila parole, il 41% li propone sul mercato a 2,99 dollari. Molti si dedicano alla scrittura seriale o a un mix di serie e titoli singoli. Il 99% degli intervistati pubblica in digitale, il 71% pubblica libri di carta, il 15% audiobook e il 4,5% si rivolge anche ai mercati stranieri. La metà degli intervistati ha riferito che il 90% del loro fatturato totale proviene dalle vendite di e-book, mentre solo il 10% è imputabile alle copie cartacee. Il 73% non registra entrare per gli audiolibri e l’82% non segnala reddito proveniente dalle vendite in traduzione.
Nel giorno medio, lontano da nuove uscite, il 49% degli autori intervistati ha dichiarato di vendere da 0 a 5 copie. All’estremo opposto, lo 0,43% del campione (8 autori) vende più di 1.000 copie al giorno e altri 13 autori (lo 0,69%) dichiarano di venderne 500. Spostandosi su base mensile, solo uno degli autori intervistati dichiara di fatturare più di 500 mila dollari. I numeri salgono nei periodi in cui vengono rilasciate novità: sempre su base mensile, la maggior parte degli intervistati dichiara di guadagnare almeno 10 mila dollari per le nuove uscite. Nel medesimo periodo, 18 degli autori intervistati ne fattura più di 100 mila.
Più del 13% degli indie author che hanno partecipato al sondaggio dichiara di riuscire a badare completamente alle proprie esigenze economiche e a quelle della propria famiglia grazie agli introiti garantiti dai libri, un ulteriore 26,8% dichiara di riuscirci parzialmente mentre il 18% riesce a finanziarci qualche extra, come una cena fuori o un cinema. Il 4% ci paga una bella vacanza l’anno e il 3% addirittura due. Il 17,5%, invece, dichiara di stare ancora aspettando un qualche ritorno economico dalla propria scrittura. Il 74,3% degli autori che riescono a monetizzare la loro scrittura ha attualmente in vendita un numero di titoli compreso tra 0 e 5. Per la maggior parte si tratta di autori esclusivamente indipendenti (75%), il 17% è rappresentato da autori «ibridi» (che pubblicano sia in maniera tradizionale che in self publishing) e il 3% da «ex-ibridi» (che hanno pubblicato tradizionalmente in passato, ma poi sono rientrati in possesso dei diritti di tutte le loro opere).
La maggior parte degli autori definisce il 2016 il miglior anno – in termini di guadagni – dal 2010 in poi. E giustifica questo successo attraverso con un mix di fattori: un miglioramento delle capacità tanto di scrittura quanto di marketing, un maggior numero di novità pubblicate, un catalogo sempre più ricco e costantemente movimentato, in primis. In ciascuna delle tre categorie sondate (gli autori esclusivamente indie, gli autori «ibridi» e quelli «ex-ibridi»), la tendenza è quella di riferirsi all’anno in corso come il migliore da quando si è iniziata la propria attività, segno del fatto – da un lato – che una maggiore conoscenza del mercato, delle leve del marketing e dei meccanismi della narrazione non possono che far bene al business. Dall’altro che, almeno negli Stati Uniti, quello del self publishing è un fenomeno decisamente in crescita, destinato ancora a guadagnare mercato, autori e spessore.
Sul fronte delle strategie, gli intervistati sostengono che gli strumenti più efficaci per migliorare le loro performance sono le più immediate: in primo luogo, una scrittura qualitativamente più elevata per posizionarsi presso un pubblico «di valore»; a seguire la serialità, utilizzata come leva di marketing attraverso promozioni particolari sul primo titolo (spesso gratuito) o strumenti come BookBub (che segnala quotidianamente agli iscritti le offerte più vantaggiose via mail). Cruciale è anche considerare effettivamente la scrittura come un lavoro, e quindi adoperarsi affinché porti guadagno. È già così per il 43% degli intervistati e un ulteriore 36% si sta impegnando per farlo succedere.
Per quanto riguarda poi i marketplace, le performance di vendita sono simili per chi ha scelto la pubblicazione in esclusiva con Amazon (tramite Kindle Direct Publishing Select) – e quindi confluisce nel catalogo Kindle Unlimited (KU) – e chi invece è presente sugli altri store online. Degli autori che avevano pubblicato con Amazon prima dell’arrivo di KU, nel 2014, poco più del 21% dichiara che i suoi introiti sono rimasti constanti con l’ingresso nella piattaforma, il 13% che sono aumentati, 12% che sono leggermente calati, il 10% che la crescita è notevolmente rallentata e il 9% che è «colata a picco». Il 38% degli intervistati, infine, non è affatto su Kindle Unlimited, mentre il 33% dichiara che la media di lettura dei propri titoli sulla piattaforma è di 1.000 pagine al giorno.
Parlando poi di promozione, il 22% degli intervistati dichiara di aver investito meno di 25 dollari per promuovere il proprio libro e una percentuale identica ne ha spesi da 101 a 250. Il 26% spende tra 26 e 100 dollari e, infine, il 28% ne spende più di 250; con riferimento alle nuove uscite. Per quanto riguarda, invece, la spesa mensile media dedicata a un titolo del catalogo, per quasi il 50% degli intervistati è di 25 dollari o meno, in un mese senza novità. In generale, le newsletter vengono considerate lo strumento di marketing più efficiente, seguite da Kindle Unlimited e dai Facebook Ads. Tra le risorse minori: tenere un blog, partecipare a giveway, organizzare incontri con l’autore.
Qual è, invece il ruolo dell’editore tradizionale nelle speranze e nei progetti dell’autore indipendente? Il 26% degli intervistati dichiara la sua intenzione di rimanere per lo più indie, ricorrendo all’editoria tradizionale in maniera occasionale. Al 24,5% piacerebbe un giorno pubblicare in maniera tradizionale, senza però abbandonare il self publishing e poco più del 23%, infine, dichiara di non avere alcun interesse a pubblicare in maniera diversa da quella indipendente. L’8% è stato pubblicato da un editore tradizionale e non tornerebbe mai indietro e infine solo l’1% vorrebbe essere pubblicato esclusivamente in maniera tradizionale in futuro.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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