Che succederebbe se le Läckberg, i Larsson, i Mankell e i Persson che hanno ormai dimora nei reparti gialli delle nostre librerie venissero sostituiti dai Kuzminski, i Miloszewski e i Krajweski?
Sembra infatti che, almeno negli States, all’ondata del giallo nordeuropeo si stia affiancando una nascente passione per la letteratura gialla polacca. Certo, la letteratura polacca a dato i natali ha tre premi Nobel – l’autore di Quo Vadis Henryk Sienkiewicz nel 1905; il poeta, scrittore e traduttore Czeslaw Milosz nel 1980; e la poetessa Wislawa Szymborska nel 1996 – ma non ci pare si sia mai stata famosa all’estero per la produzione di genere.
In un recente articolo pubblicato dal «New York Times» è però emerso che, nonostante la nazione goda di uno dei tassi di criminalità più bassi d’Europa, è in fortissima crescita il numero di gialli pubblicati: dai quattro del 2003 ai 112 del 2013 secondo i dati rilevati dal Festival tematico Miedzynarodowy Festiwal Kryminalu.
Proprio come per i gialli scandinavi, lo storytelling polacco si distingue da quello dei gialli europei e anglosassoni per la particolare ambientazione, un vero e proprio «clima» basato prevalentemente sulla storia nazionale del ‘900 e sulla preferenza accordata a trame poliziesche molto complesse. La serie dell’ispettore Eberhard Mock di Marek Krajewski, per esempio, si caratterizza per una narrazione abbastanza cruenta e brutale che spesso tende a risolversi con la bottiglia e la pistola. Le indagini di Mock hanno raccolto già parecchi successi oltre che in patria anche all’estero dove i diritti sono stati venduti in 20 paesi (in Italia alcuni titoli sono usciti per Einaudi).
Un clima oscuro e molto nero è anche quello che si respira nel thriller di Krystian Bala sulla cui vita e sulla cui arte, strettamente intrecciate, verrà presto realizzato un film che si spera possa avere per la giallistica polacca lo stesso effetto positivo che abbiamo visto nella penisola scandinava. La vicenda di Bala, per altro è parecchio oscura a sua volta visto che nel 2007 è stato condannato a 25 anni di carcere per la macabra uccisione di un imprenditore pescato dal fiume Oder nel 2000. A condannarlo il suo stesso romanzo, Amok uscito nel 2003, che conteneva analogie con il crimine (il modo in cui il cadavere è stato seviziato, per esempio) e che ha sollevato i sospetti della polizia.
Al di là di episodi così estremi, il successo del genere secondo «Publisher Persectives», sarebbe da ricercarsi negli ’90 del ‘900 e nel consolidamento di una classe media interessata a impiegare parte del proprio tempo libero nella lettura, vista anche come pratica di affermazione e crescita sociale. Non per nulla il terreno comune alla base delle varie opere sono i passati irrisolti della nazione proprio come nel giallo scandinavo, ormai lontanissimo dalla classica formula del «chi ha fatto cosa», il delitto si annida in ciò che di marcio sta dietro il welfare e la civilissima società nordica.