La Fiera del libro di Göteborg, che con più di 800 espositori e circa 90 mila visitatori è il più importante evento legato all’industria del libro dei Paesi nordici, si è conclusa solo pochi giorni fa. Numeri alla mano, l’unico mercato scandinavo che sembra godere oggi di buona salute è quello norvegese. Del resto la Norvegia – quest’anno Paese ospite a Francoforte, con 450 titoli tradotti in Germania nel 2019 – ha sempre goduto di una politica molto protettiva nei confronti dell’editoria: lo stato non solo sostiene finanziariamente editori e scrittori, ma fissa anche per legge il compenso degli autori, motivo per cui gli editori competono con qualità e professionalità piuttosto che con l’anticipo.
 
Ed è proprio dalla Norvegia che arriva Petter Stordalen, il milionario proprietario della catena di hotel di lusso Nordic Choice Hotels, che un anno fa ha fondato a Oslo il gruppo editoriale Strawberry, espandendosi poi in Svezia e – notizia diffusa a Göteborg – ora anche in Danimarca. Il nome Strawberry è un omaggio alle origini del fondatore, che deve alla raccolta delle fragole l’inizio della sua incredibile carriera, un outsider guardato nell’ambiente con un certo scetticismo e più di un pregiudizio, ma che in pochissimo tempo ha convinto alcuni tra i più brillanti editor scandinavi a lavorare per lui.
 
La notizia della nascita di una nuova realtà editoriale a Copenaghen arriva insieme all’annuncio della chiusura di uno dei marchi storici danesi. Dalla settimana scorsa Rosinante, la casa editrice delle grandi scoperte e dei grandi nomi, riferimento letterario per autori danesi e stranieri, non esiste più. Il catalogo verrà inglobato in quello della casa madre Gyldendal e la sede chiusa, un po’ come se Mondadori cancellasse Einaudi rilevandone tutti gli autori e trasferendone gli uffici a Segrate. Da un giorno all’altro, circa venticinque persone hanno perso il posto di lavoro, e molti autori si ritrovano a far parte di una casa editrice che non hanno scelto, a lavorare con persone che neppure conoscono.

L’amministratore delegato Morten Hessendahl, di formazione giornalista e a sua volta autore di romanzi di spionaggio, ha dichiarato che la strategia di Gyldendal non cambierà ma che, per poter difendere la linea editoriale «in un mercato profondamente modificato», la fusione era inevitabile.
Alla chiusura di Rosinante si aggiungono i grossi tagli annunciati da People’s Press, altro grande gruppo mediatico danese: sempre la settimana scorsa, sono state licenziate sei persone senza preavviso, chiusa l’agenzia, e ci si aspettano altre novità. Anche in questo caso, la riduzione del personale è dovuta «all’evoluzione e ai grandi cambiamenti dell’editoria», si prevede una riduzione di titoli e un potenziamento del digitale.
 
E mentre c’è chi grida alla fine dell’editoria libera, il mercato scandinavo si interroga sulle ragioni della crisi. Su BogMarkedet, la rivista danese online per gli addetti ai lavori, Christen Bonde parla di un «dibattito sbagliato». Il problema vero, dice, è che non ci sono più lettori, distratti da podcast e streaming, e senza lettori non può esistere editoria. Il rischio, per citare Hessendahl, è che si chiuda tutti.
 
In collaborazione con l’associazione Leggere per la vita, Gyldendal ha creato una collana chiamata Mellemrum, «lo spazio intermedio», che accoglie i temi che gli adolescenti con problemi, interpellati in proposito, dicono di cercare in un libro. In una battaglia tutt’altro che semplice, i giovani lettori vanno coltivati, nutriti, cresciuti.
 
Fare libri oggi è molto complicato, non solo perché competere con gli altri editori è sempre più faticoso, ma perché la fetta di mercato da conquistare è sempre più ridotta: la vera concorrenza arriva dagli altri mezzi di intrattenimento. Se, come dice Bonde, le nuove piattaforme rischiano di far sparire la «catena alimentare lineare» del mondo del libro, ovvero editore-libraio-lettore, sostituendola con un ecosistema radicalmente nuovo, la fusione di due case editrici danesi è davvero una goccia nel mare in tempesta, e forse gli editori devono realmente attrezzarsi per resistere all’onda d’urto delle nuove realtà editoriali.
 
Non è un caso che di recente due case editrici storiche, rispettivamente Norstedts in Svezia, che si avvicina al suo duecentesimo compleanno, e Gummerus in Finlandia, fondata nel 1872, sono state comprate da Storytel, il colosso svedese dello streaming digitale che quindici anni fa ancora non esisteva, proprietario anche della più giovane People’s Press in Danimarca. Davanti alla crescita esponenziale dello streaming, in particolare dell’audiolibro, che sta letteralmente trionfando in tutta la Scandinavia, bisogna concentrarsi su nuovi progetti.
 
«È difficile congedarsi dai nostri bravi collaboratori», poche righe per salutare colleghi che per anni hanno arricchito il dibattito culturale in Danimarca, scoprendo grandi autori e scommettendo su traduzioni importanti e progetti originali, come la neonata collana NOR che Jacob Søndergaard di Rosinante ha inaugurato con Ingeri Engelstad della norvegese Oktober e Stephen Farran-Lee della svedese Natur och Kultur. Un bel progetto sovranazionale che prevede la pubblicazione simultanea nei tre principali Paesi scandinavi di tre libri sullo stesso tema sviluppato da tre diversi autori, uno per ogni territorio, e che chissà se qualcun altro in Danimarca vorrà continuare.
 
A questo punto, per la neonata filiale danese di Strawberry non dovrebbe essere difficile trovare collaboratori. Birgitte Franch, l’ex responsabile della fiction di People’s Press, è già entrata a far parte della famiglia, ed è probabile che non rimarrà sola a lungo.
 
La bella notizia è che, se le realtà editoriali più grandi intendono concentrarsi su soluzioni alternative, nuove case editrici si stanno affermando: Charlotte Jørgensen, fondatrice di C&K, ora parte del colosso Politiken, ha preferito lasciarsi alle spalle il grande gruppo insieme alla sua creatura – oltre ad autori come Elena Ferrante – e ha inaugurato quest’anno il primo programma di Grif, che ha già un titolo in classifica. Da questo autunno è disponibile in libreria anche il primo programma di Gronningen1, casa editrice diretta da Louise Vind, fino a pochi mesi fa ancora nella squadra di People’s Press.
 
Librai e pubblico hanno accolto con calore i nuovi «giovani» editori: titoli scelti con cura, grafica studiata, struttura agile, con poco personale e un programma contenuto. Un’idea tradizionale di editoria in controtendenza rispetto ai progetti che puntano a rimanere a galla nel mare in tempesta, ma che i lettori sembrano apprezzare.

L'autore: Francesca Varotto

Dopo una specializzazione in editoria presso la LMU di Monaco di Baviera, ho lavorato presso alcune case editrici tedesche e come scout letteraria da Scandinavia e Germania. Vivo tra Monaco e Venezia e da diversi anni sono responsabile della narrativa straniera di Marsilio Editori, con una particolare passione per il mondo editoriale a nord delle Alpi.

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