
Cambiereste il contenuto del vostro libro per poterlo vendere in Cina? Posta così la domanda pare un po’ tendenziosa ma, alla faccia dei puristi, la verità è che
il mercato cinese vale oggi milioni di potenziali lettori. Troppi perché le case editrici che più direttamente fanno affari con la Cina come gli Usa (4.944 diritti venduti nel 2012 secondo il report presentato a Francoforte), il Regno Unito (2.581) o il Giappone (2.006) possano tirarsi indietro.
Per altro, sempre secondo il report
Statistic of the Publishing Industry of China il mercato cinese sta vivendo un momento particolarmente vivace: nel 2012 i titoli pubblicati sono stati
414.005, il 12,04% in più rispetto al 2011 (gli e-book sono stati 11,822 titoli), e si calcola che
il 4% di questi siano in traduzione.
Nonostante la China General Administration of Press and Publishing non controlli più direttamente il flusso di traduzioni, vendere diritti non sempre è un processo semplice e lineare, soprattutto per certi generi. Se ne è accorta la
Harvard University Press quando ha proposto all’editore cinese un testo sul leader riformista Deng Xiaoping,
Deng Ziaoping and the Transformation of China, che è stato comprato, sì, ma solo previa censura di alcuni particolari sulla vita del leader che, noti agli occidentali, non c’era alcun interesse a che fossero condivisi anche dal popolo cinese. L’editore ha piegato la testa e ha tagliato e alle
30mila copie vendute negli Usa ha potuto aggiungerne oltre
650mila nel mercato cinese.
Il fatto è che mentre alcuni best sellers internazionali come
Il codice da Vinci o
Cent’anni di solitudine non hanno problemi a passare le strette maglie della censura, altri, soprattutto se contengono
contenuti sessualmente espliciti (le
Cinquanta sfumature hanno varcato anche la Grande muraglia ma solo dopo lunghe trattative tra editore e dirigenti politici) o in qualche modo si trovano a dover affrontare, anche marginalmente,
il tema del partito, non hanno affatto vita facile. Ne sa qualcosa il giallista americano
Qiu Xiaolong che, venduti i diritti per la serie del commissario Chen ambientata a Shangai, si è visto modificare i caratteri di alcuni personaggi minori e addirittura riscrivere la trama in quelle parti in cui si citava il partito comunista. Cambiamenti abbastanza invasivi (si era pensato anche di cambiare la città di svolgimento per evitare che «fatti di sangue» fossero associati a Shangai) che,
secondo quanto riportato sul New York Times, hanno determinato il rifiuto da parte dell’autore di cedere i diritti per l’ultimo capitolo del ciclo di Chen,
A Case of Two Cities.
Nemmeno la ex first lady
Hillary Clinton si è sottratta alla scure della censura ma la sua reazione è stata molto più energica e, appena si è resa conto dei tagli non autorizzati ai danni di
Living History ha subito vietato la distribuzione del volume in libreria.
Molto diversa la sorte per quei libri che trattano dei
temi off limits come le tensioni etniche, l'annosa questione di Taiwan o il movimento buddista, o per quelli che hanno come argomento principale la storia della Rivoluzione culturale o l’analisi dell’operato dell'attuale classe dirigente sui quali la penna rossa del censore può decidere praticamente di vita o morte del libro.