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Editori

Alan Friedman e il passaggio a Newton Compton

di Antonio Lolli notizia del 3 marzo 2017

«Ho conosciuto Raffaello Avanzini e suo padre Vittorio all’inizio del 2016 e da subito ho sentito nascere una grande sintonia intellettuale.  Ho visto in loro la dedizione di un editore che fa solo il mestiere di editore». Così il popolare giornalista americano Alan Friedman ci racconta il rapporto che lo lega all’amministratore delegato e al fondatore di Newton Compton e le motivazioni che lo hanno portato a pubblicare il suo nuovo libro Questa non è l’America con la casa editrice romana. Un passaggio che segna un nuovo capitolo dopo i successi degli ultimi anni, tra cui Ammazziamo il Gattopardo e My Way. Berlusconi si racconta a Friedman editi entrambi da Rizzoli rispettivamente nel 2014 e nel 2015 e che prevede la pubblicazione di tre libri entro il 2020 con l’editore romano.

«Sono tre le ragioni che mi hanno spinto a collaborare con Newton Compton – aggiunge Friedman. Innanzitutto grazie alla sintonia che ho con Avanzini mi sento come a casa e ho un'ampia possibilità di manovra. Poi dal punto di vista commerciale e distributivo si tratta di un editore molto forte, in grado di garantire ai propri autori una grande visibilità e di produrre just in time. Non ultimo, apprezzo molto la sua strategia di vendita e l’adozione di prezzi inferiori e più “popolari”, che consente di raggiungere un numero maggiore di potenziali lettori».

In Questa non è l’America Friedman ha voluto raccontare i sentimenti reali degli americani, di quell’America profonda sempre più impaurita che è stata una delle principali artefici del successo di Trump alle ultime elezioni presidenziali. Per fare questo ha svolto una vera e propria indagine sul campo andando a toccare con mano in prima persona le condizioni sociali e i disagi della popolazione di una nazione sempre più disorientata e arrabbiata.

«Che cos’è successo davvero al mio Paese? Quali sono le cause profonde dell’attuale malattia che lo affligge? Queste sono le due domande centrali a cui ho voluto cercare di rispondere. È da diversi decenni infatti che l’America sta smantellando lo stato sociale voluto e creato da Roosevelt: prima è arrivato Ronald Reagan, che negli anni Ottanta ha tagliato miliardi e miliardi di assistenza sociale, poi Bill Clinton, sulla carta un presidente democratico ma che in realtà ha subito sposato le politiche dei repubblicani per sopravvivere all’impeachment, infine George W. Bush che ha proseguito con i tagli delle tasse per i ricchi e del welfare per i più poveri. Dobbiamo preoccuparci della nuova presidenza anche perché in privato Trump non sembra capace di concentrarsi su un singolo tema per più di due o tre minuti. Ho parlato con lui di tante cose, dall’euro alla Brexit, da Angela Merkel a Matteo Salvini e ho potuto constatare che è una persona molto irrequieta e impulsiva. Con me è stato cordiale ma non appena è arrivato il suo assistente ha iniziato a urlare davanti a tutti per poi tornare nuovamente pacato. Con la presidenza Trump andiamo a peggiorare una situazione già brutta. Quindi per me questa non è l’America».



Un particolare della copertina di Questa non è l'America

Foto di sfondo: © Luna De Bartolo

L'autore: Antonio Lolli

Redattore scientifico iscritto all'ordine degli ingegneri della provincia di Modena. Dopo la laurea in Ingegneria e l’esperienza di ricerca in ambito accademico svolta presso l’Università di Bologna, ho frequentato il master in editoria dell'Università Cattolica di Milano e ho lavorato diversi anni alla redazione del Giornale della libreria. Seguo il mondo editoriale nelle sue diverse sfaccettature, con particolare interesse per il confronto tra le realtà dei diversi Paesi del mondo e per le ultime novità dal punto di vista produttivo e tecnologico.

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