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Distributori

Il print on demand è la ricetta migliore per la media e piccola editoria: parola di Messaggerie

di Bruno Giancarli notizia del 13 dicembre 2021

Anche quest’anno l’incontro di Messaggerie a Più libri più liberi ha rappresentato l’occasione per un confronto tra il principale distributore italiano e i piccoli e medi editori, con un convitato di pietra evocato a più riprese, vale a dire Amazon. Vero è che l’e-commerce ha molte altre sfaccettature, come ha mostrato l’incontro dedicato in fiera all’argomento, ma l’impatto che questo canale ha soprattutto per la piccola editoria rappresenta un tema che anche Messaggerie deve approcciare con attenzione. Ne hanno parlato per l’occasione Angela Di Biaso (direttore responsabile), Giuseppe Risetti (sviluppo commerciale editori) e Renato Salvetti (amministratore delegato e direttore generale).

A dare il là alle riflessioni non poteva che essere l’analisi dei dati, a cominciare dalla ripartizione di titoli e fatturato a livello di sell-in. Il 16% degli editori, coloro i quali superano i 3 milioni di fatturato, accentra su di sé l’81% del mercato. Ne consegue che l’84% delle sigle si spartisce il restante 19%. Tali numeri cambiano però significativamente se si ragiona in termini di titoli movimentati: gli editori più grandi rappresentano il 42% dei titoli, il che vuol dire che dalla piccola e media editoria proviene il 58% dei libri disponibili sui differenti canali.

Dal punto di vista tanto del distributore quanto dell’editore, però, il valore più significativo è un altro: per gli editori con un fatturato inferiore ai 3 milioni di euro il 67% dei titoli vende meno di 10 titoli l’anno: se si considerano le opere che vendono fino a 100 copie la percentuale sale fino al 91%. Numeri simili significano diverse cose: rese elevate, pressioni sulla logistica e difficoltà nel gestire le giacenze. A tutto ciò va aggiunto un online che ormai rappresenta di gran lunga il canale privilegiato per i piccoli editori.

Il combinato disposto di queste due condizioni – anche nell’ottica di un progressivo superamento della dipendenza da un unico player – conduce alla stessa soluzione: lo sviluppo del print on demand. Se è vero che per gli editori più piccoli la coda lunga e il lavoro di catalogo sono fenomeni ancor più accentuati che per i grandi gruppi occorre rendere le piccole e micro ristampe delle soluzioni commercialmente competitive, onde evitare di innescare la spirale giacenze-rese-macero. La via è quella di seguire il modello tedesco e olandese. Qui gli editori si stanno abituando a tarare la prima tiratura in base al prenotato, poi forniscono il file per il print on demand e ragionano in termini di piccole ristampe per il primo mese: qualora il titolo dimostrasse una particolare attrattività o riscuotesse un successo oltre ogni aspettativa possono poi essere progettate ristampe più sostanziose. Si tratta di un approccio la cui maggiore sostenibilità è di per sé evidente e che rappresenta uno degli auspici dell’associazione degli editori francesi per un’editoria green, vale a dire adottare strategie per calibrare le tirature. L’obiettivo di Messaggerie è da questo punto di vista quello di raddoppiare la capacità del suo sistema di print on demand, che in questo momento ha una capacità di 6 mila copie al giorno. Il punto d’arrivo è la messa in piedi di un sistema che permetta ad almeno una parte degli ordini di essere evasi il giorno stesso: se il libraio non possiede il prodotto richiesto dal cliente quest’ultimo deve sapere che il giorno dopo, in libreria o addirittura a casa potrà ricevere il libro.

La risposta per migliorare la gestione della coda lunga, però, non può però essere soltanto tecnologica: occorre pensare a dei servizi per gli attori della filiera, a cominciare dalle librerie indipendenti, il canale che maggiormente è in difficoltà nel gestire la mole di titoli presenti in commercio. È per questo che è stato avviato un progetto di censimento e clusterizzazione delle librerie, in collaborazione con ALI (associazione dei librai italiani) e IE-Informazioni editoriali, per aiutare allo stesso tempo librai ed editori: se per esempio l’analisi dei dati mostra che in uno specifico cluster di librerie un determinato titolo vende particolarmente bene, il libraio può avere a disposizione un’informazione targettizzata e molto più precisa di una generica classifica dei bestseller.

Il programma di Messaggerie non manca di ambizione: il distributore potrebbe utilizzare la tecnologia della quale già dispone per creare un servizio di spedizioni a privati per conto di terzi. In altre parole, si tratterebbe di un centro di servizi per le piattaforme online, che possono essere non solo Amazon, ma anche gli e-commerce di librai ed editori. Si avrebbero così titoli smistabili con estrema velocità (una condizione per ora non raggiunta), in uno schema che prevede che l’editore o la libreria vendono il libro e Messaggerie lo spedisce direttamente a casa del cliente. O in libreria, se preferisce. Ormai i lettori si sono abituati a comprare online: la strategia deve essere quella di inseguirli e magari convincerli a tornare in libreria, perché da Amazon difficilmente tornano indietro.

C’è una considerazione che, del resto, non può non essere fatta: Amazon è in perdita nel B2C, sono i server e il cloud il core business. Detto altrimenti, per Amazon i libri non sono più così importanti, come del resto i ritardi nelle spedizioni del primo lockdown hanno dimostrato: il peso che hanno si aggira attorno al 6-7% del loro fatturato. Occorre quindi pensare a un futuro in cui il 50% dell’editoria non sia in mano a qualcuno che tutto sommato può farne anche a meno. La strada da fare è molta e le difficoltà sono note – Messaggerie stessa ha ricordato i disservizi di metà ottobre, e la velocità dei suoi servizi non è al momento in grado di realizzare quanto auspicato – ma il percorso che è stato tracciato merita di essere seguito con particolare attenzione.

L'autore: Bruno Giancarli

Dottorato in filosofia a Firenze, Master in editoria di Unimi, Aie e Fondazione Mondadori. Attualmente lavoro presso l'Ufficio studi Aie. Mi interessano i dati della filiera editoriale e le loro possibili interpretazioni.

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