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Distributori

Google lavora a un filtro per scoprire gli e-book pirata

di Alessandra Rotondo notizia del 23 gennaio 2017

Nel 2015 Google Play Books, lo store di libri elettronici del colosso di Mountain View, si è visto costretto a bloccare l’accesso alla piattaforma a nuovi editori e autori che volessero distribuire i propri libri a causa dello scandalo dei titoli pirata, che copiosi cominciavano a circolare nella libreria digitale di Big G. Il meccanismo era elementare. Grazie alla semplicità di accesso agli scaffali virtuali di Google, alcuni utenti mettevano in vendita e-book pirata di libri di grande successo – dalla saga di Harry Potter alle Cinquanta sfumature di grigio – naturalmente a un prezzo inferiore rispetto a quello ufficiale. Con il risultato che su Google Play Books si trovavano a convivere sia rivenditori (e titoli) ufficiali che copie piratate: uno scandalo di cui Google non poteva rimanere complice.

La società californiana reagì con una stretta sull’accesso dei venditori alla piattaforma, che attualmente non possono accreditarsi online come editori e cominciare a vendere i loro libri su Play Books, ma devono prima siglare un contratto negli uffici di Google, di persona. Rispetto alla semplicità della gestione automatica – sebbene non si tratti dell’unico né del più importante tra i fattori di «rallentamento» – questo meccanismo ha contribuito a lasciare Google Play Books svariati passi indietro rispetto ad altre piattaforme di vendita di e-book, prima tra tutte Amazon. Quasi due anni dopo, Google sta lavorando a una tecnologia capace di rilevare e bloccare qualsiasi titolo pirata. Il filtro sarà probabilmente pronto e operante entro giugno 2017 e a confermarlo è Luis Collado, responsabile Play Books per la Spagna.

La domanda che viene spontaneo porsi è come mai una soluzione simile non fosse stata già implementata all’interno della piattaforma, considerando anche l’esperienza di siti come YouTube, che incorpora ad esempio un filtro per arginare la divulgazione non autorizzata di contenuti. «Perché stavamo lavorando all’ottimizzazione del risultato» risponde Collado. «Nel caso dei libri la soluzione è più complessa, poiché non si tratta solo di verificare che parole, paragrafi o interi capitoli siano stati copiati, considerando anche il diritto che la legge sulla proprietà intellettuale riconosce a tutti di riportare testi coperti da copyright a scopo di citazione o per uso didattico-educativo».

La messa a punto di un filtro anti-pirateria consentirà a Google Play Books di riaprire online le porte della piattaforma, consentendo a editori e autori autopubblicati la possibilità di proporsi con grande facilità, alla maniera di Amazon. E di rispondere a quella richiesta di controllo sul contenuto non autorizzato che la filiera editoriale faceva a gran voce a Google. Ma su quest'aspetto Collado rimane cauto, precisando che Play Books – pur assumendosi le sue responsabilità – è un semplice canale di ingresso alla distribuzione digitale. «Google non può essere la polizia di internet», ribadisce. Ma si muove comunque nella direzione opposta a quella della diffusione dei contenuti illegali in rete, e lo fa – oltre i confini del Play Books store – anche attraverso il suo algoritmo di ricerca. «Non abbiamo l’autorità per eliminare dai risultati delle ricerche effettuate dagli utenti i link che rimandano a contenuti illegali – conclude Collado – ma possiamo far sì che i contenuti legali abbiano una rilevanza maggiore per il nostro algoritmo». E vengano trovati di più e più facilmente dagli utenti.

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

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