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Curiosità

L’inaffidabilità dei social network negli USA e le possibili conseguenze per l’editoria

di Bruno Giancarli notizia del 5 febbraio 2021

Informare in maniera accurata i propri utenti e, parimenti, far sì che questi reputino affidabile la fonte dalla quale attingono la notizia, è un tema che negli ultimi anni ha assunto un peso crescente: soprattutto da quando ciò significa parlare di social media. Nel momento in cui si sceglie un canale piuttosto che un altro per veicolare notizie, contenuti o informazioni commerciali non si può prescindere da questo aspetto. Per affrontare la questione in maniera efficace, dunque, occorre concentrarsi non solo su analisi quantitative, ma anche sul grado di fiducia che gli utenti ripongono nei differenti mezzi: è quanto si propone di fare un recente studio del PEW Research Center.

In quest’indagine, l’istituto ha provato a misurare analiticamente l’impatto delle piattaforme social e la qualità percepita delle informazioni che queste propongono, sottoponendo un sondaggio a oltre 9.000 cittadini americani adulti tra il 31 agosto e il 7 settembre 2020.

Il primo e più importante risultato della ricerca è il seguente: nonostante le criticità note e la sempre più minacciosa presenza di notizie ingannevoli o fuorvianti, oltre la metà degli intervistati (53%) dichiara di utilizzare i social «spesso» (23%) «o qualche volta» (30%) per informarsi. È interessante che tale uso vada di pari passo con la consapevolezza della loro inaffidabilità: circa 6 americani su 10 tra coloro i quali traggono notizie dai social si aspettano che le informazioni ivi contenute siano inesatte. Appena il 29%, inoltre, ritiene che le notizie diffuse dai social media abbiano migliorato la propria comprensione degli eventi: per quasi la metà del campione non hanno fatto alcuna differenza, mentre per il 23% hanno solo aumentato la confusione. Tali risposte sono in linea con le analisi degli anni passati, seppur condotte con metodologie in parte diverse.

Portando alle estreme conseguenze i dati, si potrebbe sintetizzare così: gli americani ritengono che i social non aiutano a comprendere meglio il mondo e non danno notizie veritiere, però li usano comunque per informarsi. Le conseguenze su temi scottanti come l’attuale pandemia – uno studio pioneristico condotto a marzo dall’istituto proprio sul rapporto tra Covid e informazione è da questo punto di vista emblematico – sono facilmente immaginabili, e riguardano chiunque si occupi di informare tramite i social media, compresa l’editoria. Quanto questa percezione diffusa sulle notizie diffuse tramite piattaforme digitali è rilevante per essa? La proliferazione di attori (blogger, influencer, gruppi Facebook e così via) differenti dalla stampa tradizionale favorisce la qualità e l’affidabilità delle notizie riguardanti il libro o no? Assumere un influencer per una campagna pubblicitaria, per fare un esempio tra tanti, può rischiare di compromettere la fiducia e il senso di community che la sua stessa figura rappresenta? Sono domande che anche noi dobbiamo porci.




La popolarità delle differenti piattaforme influisce sul numero di persone che le usano per informarsi. Non sorprende perciò che più di un terzo degli americani (36%) usi Facebook per trovare notizie: il 68% della popolazione è attivo su quel social, il secondo valore più alto dopo YouTube (74%). Per approfondire il tema della diffusione dei social nelle diverse fasce d’età rimane valido uno studio del PEW Research Center del 2018.

Se però si restringe il campo ai frequentatori stessi del sito, cambiano le gerarchie: è Twitter il social media con la più alta percentuale di utenti che si informano tramite esso (59%), seguito da Facebook stesso e da Reddit. Che non sia Facebook a guidare questa seconda classifica può essere in parte spiegato anche dall’onda lunga degli effetti del caso Cambridge Analytica?

Lo studio non manca di distinguere i diversi comportamenti a seconda di genere, età, etnia, livello d’istruzione e orientamento politico. Si scopre per esempio che, tra coloro i quali usano i social media per informarsi, le donne siano la maggioranza su Facebook (63%) e Instagram (60%), gli uomini su Reddit (67%) e LinkedIn (56%).

Astraendo dalla particolarità della situazione americana, si tratta di un’ulteriore conferma del fatto che, per chi desidera raggiungere il proprio pubblico di riferimento – e tra questi non possiamo non includere gli editori – occorra sapere dove questo si collochi, e quindi quale sia il suo social d’elezione.

L'autore: Bruno Giancarli

Dottorato in filosofia a Firenze, Master in editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Attualmente lavoro presso l'Ufficio studi AIE. Mi interessano i dati della filiera editoriale e le loro possibili interpretazioni.

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