È cominciato ieri in Gran Bretagna l’invio di «lettere educative» – anche se forse si potrebbe parlare di vere e proprie reprimende – a chi scarica illegalmente contenuti protetti da copyright; sviluppo concreto di un’iniziativa le cui basi nascono nel 2014, le lettere sono inviate dal governo britannico in collaborazione con diversi internet provider, come Sky, BT, Virgin Media e TalkTalk e, almeno secondo le intenzioni del mittente, dovrebbero scoraggiare il ricorso alla pirateria.
Un esempio di lettera, pubblicato dalla BBC, dice: «Get it right from a genuine site ci ha contattati. Get it right è una campagna sostenuta dal governo che agisce per i detentori di copyright che pensano che i loro contenuti siano stati condivisi senza il loro permesso.
Sembra che qualcuno stia usando la tua banda larga per condividere materiale coperto da copyright (ovvero cose come musica, film, sport o libri).
Come tuo fornitore di rete, dobbiamo informarti quando questo accade». Le lettere poi continuano fornendo una lista dei contenuti in questione e si concludo con un invito a consultare un sito con «suggerimenti e consigli per evitare che [il download illegale] accada di nuovo».
I termini sono volutamente vaghi, per quanto riguarda le responsabilità, perché difficilmente si può provare che la persona a cui è intestata la banda larga sia anche quella che materialmente ha scaricato il materiale illegalmente; tuttavia, il governo britannico e Get it right sembrano avere buone aspettative per quanto riguarda i risultati finali, ma molti commentatori sono dell’idea che la campagna sia partita troppo tardi, anche perché Get it right monitora solo i siti peer-to-peer, mentre ormai si sono sviluppate altre forme (altrettanto popolari) di condivisione – dallo streaming ai cyber-locker (ossia i servizi di file-hosting, su cui si possono creare cartelle condivisibili) – che non essendo monitorati non portano a nessuna lettera.
Non mancano poi molti scettici sull’esito dell’intento educativo: per usare le parole di Ernesto van der Sar, redattore di TorrentFreak, «molti dei pirati sono già consci delle alternative legali. Semplicemente, non hanno alcun desiderio di pagare o non trovano quello che vogliono sui canali autorizzati».
Nonostante queste previsioni poco positive, tuttavia, i detentori di copyright britannici possono comunque tirare un sospiro di sollievo, dato che le ultime ricerche condotte con il finanziamento dell’Intellectual Property Office confermano un trend in calo per quanto riguarda il consumo di materiale ottenuto illegalmente su internet (da parte degli utenti britannici): dal 2013, infatti, la percentuale di persone che hanno consumato almeno un contenuto piratato – con più di 12 anni e che hanno navigato su internet – è scesa dal 17% al 15% (percentuale che però sale al 25% se si osservano gli utenti che hanno avuto accesso a dei contenuti nei tre mesi precedenti al sondaggio, rispetto all’utenza generale). E, meglio ancora, la percentuale di utenti online (sempre 12+) che hanno consumato contenuti solo legalmente è salita dal 41% al 44%.
In parte questo può anche essere dovuto alla crescita del consumo di contenuti in streaming: il 52% delle persone che hanno usufruito di almeno un contenuto su internet, infatti, l’hanno fatto secondo questa modalità. La percentuale è la più alta mai registrata da quando sono cominciate queste rilevazioni.
Più della metà (57%) di chi ha usufruito di contenuti online nei tre mesi precedenti al sondaggio ha pagato (almeno in parte) per farlo; circa un quarto (26%) ha avuto accesso solo a contenuti gratuiti. In linea generale, tenendo conto di tutti i tipi di contenuto e di tutti gli utenti che hanno navigato su internet (sempre dai 12 anni in su), il gruppo mix of paid and free content vale il 23% del totale.
Il consumo di libri è quarto per livello di accesso (tra download e streaming), con il 12%, percentuale pari a quella dei videogiochi; in particolare, il 10% degli utenti online intervistati ha scaricato un e-book, il 7% l’ha letto mediante servizi di streaming/di accesso ai contenuti, e l’1% ha ottenuto l’e-book su una piattaforma di condivisione.
Andando a osservare il fronte economico, fatto cento chi si è procurato e-book online, il 40% afferma di aver pagato tutto quello che si è scaricato/letto, il 22% di aver ottenuto tutto gratuitamente, e il restante 38% di aver preso contenuti sia pagando che gratuitamente; dati che però ovviamente non corrispondono per forza di cose alla legalità o meno dei mezzi. Infatti l’88% di chi ha avuto accesso ad almeno un e-book nei tre mesi precedenti al sondaggio l’ha fatto in modo legale, il 5% in parte legalmente e in parte no, e il 7% del tutto illegalmente.
Inoltre, è interessante notare che il 3% di chi ha scaricato/letto un e-book – non è dato sapere in questo caso se legalmente o illegalmente – l’ha fatto nonostante fosse già in possesso di una copia fisica del libro in questione.
Monitorare il consumo di contenuti online, dunque, è un’operazione complicata ma necessaria; e la tutela del diritto d’autore è un passaggio importante nel mantenimento della possibilità, per i creatori di contenuti su qualunque media, di continuare a fare il proprio lavoro ricevendo un giusto compenso. Benché non se ne possa ancora misurare l’efficacia, le lettere inviate dal governo britannico sono per lo meno una dimostrazione d'attenzione su questo fronte; e, nonostante i legittimi dubbi, bisogna anche tener conto del fatto che «solo il 14% di chi consuma esclusivamente contenuti scaricati in maniera illegale afferma che nulla li farà mai smettere» e che, invece, «il 10% di chi scarica illegalmente sarebbe dissuaso dal farlo se il proprio provider mandasse una lettera informandomi che il mio account è stato usato per azioni illegali» (sempre stando allla ricerca dell’IPO). Queste lettere, quindi, anche se oltre il tempo massimo potrebbero portare a qualcosa di utile per il mercato dei contenuti britannico.
Laureata in Lettere moderne (con indirizzo critico-editoriale), ho frequentato il Master in editoria. Mi interessa la «vita segreta» che precede la pubblicazione di un libro – di carta o digitale – e mi incuriosiscono le nuove forme di narrazione, le dinamiche delle nicchie editoriali e il mondo dei blog (in particolare quelli letterari).
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