«Durante la pandemia è certamente cresciuto il fenomeno della pirateria – riconosce Marco Tarò, presidente del Gruppo editoria di varia di AIE – ma è anche aumentata la voglia di leggere in generale, e di conseguenza è cresciuto il mercato della lettura».
Commentando i risultati dell’
indagine AIE - FIEG presentata oggi a Roma, l’amministratore delegato e direttore generale di GeMS sottolinea quindi come l’aumento della pirateria negli ultimi due anni sia sicuramente legato al
maggior tempo trascorso in Rete dagli italiani, ma in piccola parte vada anche letto come conseguenza dell’accresciuta attenzione riconosciuta al libro.
«Credo che questo sia particolarmente vero nel contesto dell’editoria di varia. Diventa quindi più che mai rilevante diffondere la consapevolezza del fatto che se stai usufruendo di un contenuto digitale senza averlo pagato, nella maggior parte dei casi stai commettendo reato. È come entrare in un negozio e sottrarre della merce».
Negli ultimi due anni Internet ha rappresentato uno strumento fondamentale di promozione del libro, ma si è ugualmente confermato come un luogo in cui i comportamenti pirata sono molto diffusi. Quali sono gli strumenti e i canali digitali che più la preoccupano?
L’utilizzo più intensivo di Internet in generale, e dei social network in particolare, ha certamente favorito e accentuato i comportamenti pirata, sfumando al contempo la consapevolezza del fatto che si tratti di atti illeciti. La cosa che mi preoccupa di più è proprio questa: la scarsa consapevolezza che spesso sottende e giustifica il comportamento «pirata». Per questa ragione credo che il punto da cui partire sia proprio l’educazione, a cominciare dalle persone più giovani: con campagne che rendano chiaro quali comportamenti sono illegali e perché.
Per quanto riguarda le piattaforme, una di quelle che destano più preoccupazione è certamente Telegram: per la sua capillare capacità di diffusione e, ancora una volta, per la facilità con cui rende possibile l’atto di pirateria.
Si potrebbe pensare che la pirateria sia un comportamento messo in atto essenzialmente dagli studenti, e che quindi riguardi essenzialmente l’editoria accademico-professionale. Ma i 423 milioni di mancato fatturato per la varia evidenziati dall’indagine contraddicono nettamente questa ipotesi. Per il settore cosa significa dover rinunciare a queste risorse?
Quando si scarica un e-book illegalmente si fa danno a tutta la filiera editoriale. Certamente alla casa editrice, ai professionisti del mondo del libro e anche a chi magari vorrebbe diventarlo in futuro, comprimendo le possibilità di impiego del settore. Ma anche e soprattutto all’autore.
Scrittori e scrittrici dovrebbero poter vivere del proprio lavoro. Il fenomeno della pirateria, sottraendo al mercato acquisti legali, avrà un impatto negativo anche sulla loro remunerazione: non di rado costringendoli a dedicarsi anche ad altre attività per potersi sostenere.
Insomma, quando qualcuno fruisce illegalmente del titolo di uno scrittore che apprezza dovrebbe essere consapevole del fatto che sta influenzando negativamente la possibilità che quell’autore scriva e pubblichi nuove storie.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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