«Le ambizioni e le sfide non sono mai mancate, a partire dall’obiettivo di aumentare il tasso di lettura in Europa» racconta Ricardo Franco Levi al termine dei suoi 4 anni ai vertici della Federazione degli editori europei (Fep): due come vicepresidente, dal 2020 al 2022, i successivi come presidente. «Sono stati quattro anni guidati in prima battuta dalla duplice missione perseguita dalla Fep: da un lato la difesa del diritto d'autore, come base del lavoro tanto degli autori quanto degli editori e di tutta la filiera del libro; dall'altro la difesa delle libertà di espressione e di pubblicazione».
Così, mentre pochi giorni fa
l’editrice polacca Sonia Draga ha raccolto l’eredità di Levi, diventando la prima presidente donna di Fep, è al presidente uscente – già presidente dell’Associazione Italiana Editori dal 2017 al 2023 – che abbiamo voluto chiedere conto del mandato europeo appena concluso,
nella prospettiva soprattutto d’immaginarci il futuro.
Lettura, difesa del diritto d’autore e della libertà d’espressione. E poi? Quali partite lascia aperte in Fep?
Senza dubbio quella dell’armonizzazione dei dati e delle informazioni a livello europeo. In questi anni, infatti, è emerso con crescente chiarezza quanto avere dati confrontabili – relativi alla lettura, al mercato e ai principali indicatori analitici del nostro settore – sia necessario e strategico per gli editori europei: per conoscere meglio il mondo in cui operano, ma anche per presentarsi meglio alle istituzioni e avanzare le loro richieste.
Negli ultimi anni la Fep – con il sostegno delle associazioni nazionali, AIE in primis – ha lavorato molto su questo versante, spingendo quanto più possibile le associazioni imprenditoriali a fornire statistiche utili e dettagliate, sulle quali poi poter lavorare a livello europeo. Il miglioramento è stato evidente, soprattutto se parametrato con la disponibilità di «risorse umane»: la squadra di Fep è infatti molto capace ma numericamente esigua, e soffre la discrepanza tra risorse disponibili e lavoro, vieppiù per un’industria editoriale, quella europea, non di certo residuale. Devo dire però che le associazioni nazionali – anche qui AIE in testa – si stanno molto impegnando nell’accogliere questa sfida, coinvolgendo i propri associati: i momenti di comunicazione e socializzazione dei dati europei sono sempre molto partecipati. Il più recente, alla Fiera del libro di Francoforte, ha avuto grande successo e grande presenza di pubblico.
Ancora, rimane aperta in discussione al Consiglio europeo la proposta per il nuovo regolamento contro i ritardi di pagamento, rispetto alla quale tutta la nostra filiera si è mobilitata chiedendo il mantenimento di termini di pagamento flessibili in ragione delle specificità del settore.
Ma anche il nuovo regolamento sulla sicurezza dei giocattoli, che subentrerà all’attuale direttiva, prevede requisiti più stringenti sull’uso di sostanze chimiche e un passaporto digitale per l’accesso alle informazioni sulla sicurezza dei prodotti. Anche qui Fep e le associazioni editori hanno sostenuto un emendamento per chiarire meglio l’ambito di applicazione del regolamento, in particolare per l’esclusione di alcune tipologie di libri.
Fep si sta adoperando molto anche per fornire supporto agli editori in vista dell’applicazione del regolamento europeo deforestazione, che introdurrà importanti obblighi di tracciamento sull’origine della carta utilizzata, affinché provenga da territori a «deforestazione zero».
Tra i dossier aperti ricorderei infine anche l’appuntamento con giungo 2025, quando l’European Accessibility Act dispiegherà totalmente i suoi effetti sulla filiera dei contenuti digitali, imponendo di fatto l'obbligo dell'accessibilità a tutti i libri in formato e-book. Una partita in cui l’Italia è capofila, grazie all’operato di Fondazione LIA che – fondata da AIE e successivamente partecipata dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (UICI) – da dieci anni è una realtà d’avanguardia e d’eccellenza in questo ambito.
C’è poi il versante legato alle nuove tecnologie.
Potremmo dire che l’ultimo biennio di Fep si è aperto e chiuso con due grandi successi. L’approvazione, nel 2022, dei due regolamenti Digital Markets Act (DMA) e Digital Services Act (DSA): un passo in avanti importante per la creazione di un mercato più equilibrato e competitivo attraverso la limitazione dello strapotere delle grandi piattaforme tecnologiche. E quella, nel 2024, dell’Artificial Intelligence Act, con cui l’Europa si è dotata di una legislazione quadro sull’Intelligenza Artificiale all’avanguardia nel mondo in riguardo alla tutela dei diritti dei cittadini e del diritto d’autore: la sfida che ci attende ora, e che richiede l’impegno di Fep e delle associazioni, è quella di sostenere una implementazione efficace delle norme.
Intelligenza Artificiale tra opportunità, criticità e normativa. Qual è il percorso fatto fino a qui e quello che intravede all’orizzonte?
Qui la stella polare che ha guidato gli editori europei è stata la richiesta di assoluta trasparenza ai grandi operatori tecnologici, sui modi, i luoghi e i contenuti utilizzati per creare e allenare i loro modelli di linguaggio, le loro Intelligenze Artificiali. Ma non solo. C’è un impegno profuso affinché la trasparenza possa essere anche la misura dei rapporti tra editori, scrittori, traduttori e il loro pubblico. Un pubblico che ha diritto di sapere con facilità se il contenuto che sta fruendo è stato prodotto integralmente da un essere umano oppure no.
C’è da dire che l’Europa, con la sua direttiva, ha preso un po’ il toro per le corna in tal senso, ma credo che una riflessione sul futuro sia ancora necessaria. Penso, infatti, che l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sia stato largamente sovrastimato nel breve periodo, ma sottovalutato nel lungo termine.
Attendersi che immediatamente cambi il mondo intero è probabilmente naif, e credo infatti che le cose non andranno e non stiano andando in quella direzione. Eppure, penso che l’impatto futuro sui processi produttivi, per quando di lento passo, sarà di gran lunga più dirompente e trasformante di quanto siamo in grado di immaginare.
Promozione della lettura come strumento di crescita sociale e imprenditoriale, a partire dai più giovani. Come procedere nel cammino tracciato?
Il campo della promozione della lettura è senza alcun dubbio di competenza nazionale: tocca agli Stati e addirittura alle istituzioni locali la parte principale, con la scuola tra i soggetti maggiormente coinvolti. Anche qui l’Italia offre pratiche e spunti interessanti, a partire da #ioleggoperché, l'iniziativa nazionale di educazione e promozione della lettura organizzata da AIE che fino a oggi ha portato alle scuole oltre due milioni di libri nuovi, per arricchire il patrimonio delle biblioteche scolastiche.
Senza dimenticare la pluralità di saloni, fiere e festival del libro, vero fiore all’occhiello del nostro Paese e rete implicita di promozione e diffusione della lettura sul territorio. E di tutela della bibliodiversità: il pensiero va a Più libri più liberi, la fiera di Roma organizzata da AIE e dedicata alla piccola e media editoria, ma anche a manifestazioni diffuse come BookCity Milano, o a fiere verticali come Bologna Children’s Book Fair e Lucca Comics & Games.
Venendo alle misure istituzionali di sostegno al mercato del libro – che però finiscono implicitamente per sostenere anche la lettura – sempre l’Italia aveva meritevolmente introdotto alcune soluzioni apprezzate e «copiate» in tutta Europa. Penso ad esempio alla 18app – replicata da moltissimi Stati, ma oggi sostituita proprio in Italia dalle Carte Cultura e del Merito – che ha favorito il rapporto con il libro in una fascia d’età cruciale per conservare l’abitudine alla lettura anche nella vita adulta. O ancora al fondo per le biblioteche, su cui si sarebbe manifestato proprio in questi giorni un nuovo impegno da parte del Ministero della Cultura. Ancora, la fondamentale decisione presa in periodo di Covid di considerare il libro come bene essenziale, anch’essa arrivata dall’Italia e propagatasi poi in vasta parte d’Europa.
D’altronde, proprio nell'ultimo giorno della mia presidenza, a Bruxelles sono stati presentati i dati Eurostat sulla lettura, che collocano l’Italia in coda ai Paesi europei. Ora, che queste stime siano corrette, o che lo siano quelle un po’ più consolanti di AIE, resta il fatto che la lettura è un’emergenza nazionale: così la definimmo durante la mia presidenza in AIE, aggiungendo che «scuola, scuola e ancora scuola» erano le nostre priorità.
Non va però ignorato il fatto che la stessa lettura va modificandosi, e con essa il modo con cui sondarla, indagarla, misurarla. Accanto ad alcune costanti – una lettura europea sempre più femminile che maschile – ci sono importanti trasformazioni. La lettura, ad esempio, si fa sempre più frammentata, dispersa in tempi via via più brevi e puntiformi. E poi c’è una spaccatura geografica che percorre l’Europa, e che al meridione vede tenersi stretta la carta, e al settentrione preferire sempre più i formati digitali. Nella penisola scandinava, è noto, l’audio traina l’intero mercato, e se fino a poco fa l’ipotesi principale invocata a motivare questa crescita inseriva l’audio in uno schema di fruizione multitasking, adesso è noto che l’ascolto si appropria anche dell’esclusivo tempo domestico della lettura, con un richiamo all’oralità delle storie che ci affascinavano da bambini.
Succederà anche in Italia? Chi può dirlo, ma il tema non è banale, soprattutto se pensiamo ai prodotti audio come parte degli abbonamenti delle piattaforme, che com’è noto hanno sistemi di remunerazione opachi e non particolarmente favorevoli.
Continuo a pensare che il mondo della scuola potrebbe, dovrebbe e saprebbe fare tanto per abituare i più giovani alla lettura, magari con sessioni di lettura ad alta voce, perché no, ma anche forse con esercizi di retorica, con attività che curvino il pensiero verso l’affascinante complessità della narrazione.
«Senza libri la democrazia è a rischio» ha osservato come presidente uscente. E allora, cosa vede nel futuro dell’Europa, e del mondo, alla luce del panorama attuale? Come la lettura può agire sulla complessità?
Che esista una correlazione tra sviluppo economico e tasso di istruzione è fuor di dubbio. In questo contesto, l’impatto della lettura è molto forte e si muove in entrambe le direzioni: dallo sviluppo all’istruzione e dall’istruzione allo sviluppo. La medesima cosa si può senz'altro dire per la partecipazione piena e consapevole dei cittadini alla vita sociale, ossia l'essere istruiti, il sapersi e potersi informare, ha una connessione fortissima da un lato con la lettura, dall’altro, per l’appunto, con la manutenzione della democrazia, sempre più rilevante in un contesto e in un’epoca in cui le minacce dirette alla libertà di espressione si fanno più preoccupanti. Non sono fuori dall'Europa, ma anche dentro.
Un caso particolarmente preoccupante è quello dei libri scolastici, sempre più colpiti dalla tendenza di forze politiche e gruppi di pressione a voler mettere bocca e naso nei contenuti a cui studenti e studentesse dovrebbero aver accesso: è una deriva pericolosa, alla quale prestare molta, molta attenzione.
Parlando ancora di lettura come strumento di tutela della democrazia, il mio pensiero non può che rivolgersi alle biblioteche, che sono e rimangono assolutamente centrali nell’infrastruttura del libro, ma che credo debbano ricalibrare il loro ruolo. In primo luogo, rendendosi sempre più attraenti e aperte al pubblico, specialmente a quello delle lettrici e dei lettori più giovani. Ma anche riflettendo sugli effetti del crescente prestito digitale dei libri, non sempre positivi per l’ecosistema editoriale e culturale.
In Germania, per esempio, dove le biblioteche sono via via più inclini all’e-lending, le indagini più recenti ci dicono che a usufruire del servizio sono sempre più cittadini di buon livello socioculturale e buon reddito, non fasce sociali più deboli che altrimenti rimarrebbero escluse da questi fondamentali consumi. Questo rischia di creare dei disequilibri nel comparto editoriale, che invece va tutelato nella sua interezza, potenziato nella sua capillarità, sostenuto nella sua economia.