Gli editori che cavalcheranno l’ondata della rivoluzione digitale saranno quelli capaci di aprire e mantenere sempre più canali di scambio diretti con i propri lettori, saltando tutte le intermediazioni: in questo senso la forza di Amazon, «la più potente organizzazione che ha mai operato nel mondo dei libri», si misura non tanto nella quantità di libri, audiolibri ed e-book che riesce a vendere (non solo, perlomeno), quanto sulla capacità di raccogliere e processare i dati di clienti e lettori (e dei lettori quando clienti d’altro). Ed è su questo potere che le Authority antitrust dovrebbero intervenire. John Thompson, docente di sociologia all’Università di Cambridge e autore di Book Wars, The Digital Revolution in Publishing (Polity Press, 2021), ha raccontato come il digitale stia trasformando il settore in un incontro organizzato dal Gutenberg Institute for Book Studies, moderato dal professor Christoph Bläsi con la partecipazione dell’europarlamentare verde Alexandra Geese e Hermann Eckel, manager director di Tolino Media, l’iniziativa europea partita dalla Germania per un’alternativa ad Amazon nel settore degli e-book.


La rivoluzione digitale: cosa non è stata

Quando nel 2007 Amazon lanciò Kindle, ha ricordato Thompson, molti commentatori e professionisti iniziarono a pensare che l’editoria avrebbe vissuto la stessa parabola discendente dell’industria musicale dove la rapidissima transizione ai formati digitali aveva messo in difficoltà le major. Ma non è stato così: le vendite degli e-book nei Paesi anglosassoni, dopo aver toccato un picco del 24% nel 2014, si sono mantenute stabili e anzi hanno ceduto un po’ di terreno, sebbene il valore dell’e-book sia ben più alto se guardiamo a specifici segmenti di mercato come il romance (oggi poco sotto il 60%) il mistery (poco sotto il 40%), la fiction in generale (35%).


La rivoluzione digitale: i mercati che non vediamo

Tuttavia, interpretare questi dati come un «pericolo scampato» sarebbe un errore per molti motivi. Uno di questi è che il mercato dell’editoria ha oggi un perimetro ben più largo e in parte inesplorato di dieci anni fa e che fatichiamo a mappare correttamente. Il fenomeno del self publishing, ad esempio: poiché Amazon non fornisce i dati di vendita completi sulla sua piattaforma, non ci sono numeri certi su quanto valga questo segmento. Una stima del 2016 basata sui titoli più venduti (per cui invece i dati sono disponibili) ci dice però, ad esempio, che circa la metà delle vendite nel settore romance e un terzo nel fantasy e nella fiction sono riferibili al self publishing e sono tutti e-book: il digitale, insomma, è probabilmente molto sottostimato dalle statistiche che faticano a intercettare queste vendite. Allo stesso modo, sappiamo che l’ascolto di audiolibri è cresciuto molto, ma è difficile dire di quanto perché l’incremento delle iscrizioni alle piattaforme ci dicono quanti ascoltatori in più ci sono, ma non possono dirci quanti audiolibri ascolta ogni anno ogni cliente.


Il dominio di Amazon

Entrambi i settori – audiolibri ed e-book – vedono Amazon come player dominante (così come lo è nelle vendite di libri cartacei, peraltro) ma non è su questo unico dato che si può misurare la sua forza, spiega Thomson. Il dibattito sul ruolo di monopolista di Amazon è aperto, ma bisognerebbe valutare anche i rischi di monopsonio (ovvero quando la domanda, in questo caso di libri, è concentrata su un unico soggetto) rispetto all’editore che si interfaccia con i lettori attraverso i retailer. Ma quello che rende Amazon diverso da ogni fenomeno mai visto prima d’ora è la sua potenza nell’«information capital», ovvero nella raccolta e rielaborazione dei dati degli utenti e che mette il gigante di Seattle in una posizione di vantaggio rispetto ai diretti concorrenti – le librerie – ma anche rispetto agli editori. «Nessun retailer – spiega Thomson – ha mai avuto questo potere». Un potere che gli deriva dal poter giocare su diversi tavoli: Amazon raccoglie i dati anche delle parti terze che vendono sulla sua piattaforma e li può incrociare con i dati delle vendite in proprio di libri cartacei, quelli della lettura e acquisto di e-book, quelli dell’ascolto degli audiolibri (Audible). La profilazione del cliente lettore, quindi, va dai comportamenti d’acquisto (quali copertine sono più efficaci? Da quali siti arriva un lettore sulla pagina di acquisto di un titolo?) fino al calcolo dei minuti passati su un audiolibro, per passare attraverso i brani sottolineati in un e-book.


Smembrare Amazon?

Secondo Thompson, le Authority Antitrust dovrebbero quindi agire in diverse direzioni: una è rafforzare le regole che limitano il potere di raccolta delle informazioni personali da parte delle piattaforme, una strada su cui si sta muovendo l’Europa, ha spiegato l’europarlamentare Alexandra Geese, attraverso il Digital Markets Act. In particolare l’esponente dei Verdi ha criticato il microtargeting, ovvero l’analisi granulare di ogni profilo utente in grado di rivelare aspetti anche molto personali della sua vita. Secondo Geese, il microtargeting costituisce un rischio anche per la democrazia nella misura in cui alimenta (il riferimento è soprattutto ai social network) l’effetto bolla, esponendo ogni utente a un flusso di notizie estremamente specifico, dove prosperano le fake news. L’altra arma, ben più potente e controversa ma che secondo Thomson andrebbe valutata nel caso di Amazon, è lo smembramento: obbligare Amazon a cedere parti del suo business ridurrebbe la concentrazione delle informazioni in capo a un unico operatore. Audible, Kindle, servizi di piattaforma per venditori terzi, vendita diretta di libri: la forza di Amazon sta nel tenere assieme tutte queste attività.


Cosa dovrebbero fare gli editori

La rivoluzione digitale, però, è un dato di fatto che interroga gli editori, a prescindere da quello che fa o cosa le autorità pubbliche decideranno di fare con Amazon. «Una volta i clienti degli editori erano le librerie e gli editori sapevano poco dei lettori» sostiene Thomson, ma oggi non può più essere così. Reader-centric è la parola d’ordine: comunicazione diretta con i lettori tramite mail e newsletter, uso del crowdfunding non solo come processo di raccolta fondi, ma come «audience building machine», processi partecipati nella costruzione dell’offerta che guardano anche a fenomeni come Wattpad sono alcuni degli strumenti che possono essere utilizzati dagli editori, molto di più – sostiene Thomson – dell’uso dei social, che mettono comunque gli editori in una posizione di svantaggio rispetto ai proprietari delle piattaforme.


Una piattaforma europea?

Durante il dibattito, Alexandra Geese ha ipotizzato come possibile via di contrasto allo strapotere di Amazon la creazione di una piattaforma europea alternativa promossa e sviluppata dagli editori, prendendo a esempio l’esperienza di Tolino in Germania, illustrata da Hermann Eckel. Barriere linguistiche e di concorrenza tra editori, così come il fatto che sarebbe comunque difficile replicare la competitività di Amazon nell’essere presente su tutti i segmenti di mercato, rendono questa strada difficilmente praticabile, ma questo non vuol dire, ha spiegato per Fep la direttrice Anne Bergman, che non si possano studiare forme di collaborazione più specifiche, ad esempio nella gestione dei diritti. D’altronde se Amazon ha avviato proprio dai libri la sua scalata al commercio online è perché con i codici Isbn era possibile una gestione efficiente della logistica: i mezzi tecnologici per lavorare su soluzioni condivise, insomma, ci sono, possono essere ulteriormente implementati e sono a disposizione di tutti gli attori, non solo di Amazon.

L'autore: Samuele Cafasso

Sono nato a Genova e vivo a Milano. Giornalista, già addetto stampa di Marsilio editori e oggi di AIE, ho scritto per Il Secolo XIX, La Stampa, Internazionale, Domani, Pagina99, Wired, Style, Lettera43, The Vision. Ho pubblicato «Figli dell’arcobaleno» per Donzelli editore. Quando non scrivo, leggo. O nuoto.

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