L’inedito format digitale assunto quest’anno dal Seminario di Perfezionamento della Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri ha tutt’altro che depotenziato la qualità degli interventi e del dialogo che si sono sviluppati, per questa edizione, nella giornata di venerdì 29 gennaio. Lo stato del libro in Europa è il tema attorno al quale editori e librai italiani e internazionali hanno articolato racconti, dati e riflessioni sull’anno della pandemia, fotografando la consistenza e i lasciti di questo 2020 e ipotizzando gli scenari futuri delle rispettive industrie editoriali.

La presentazione dei dati italiani, affidata al presidente di AIE Ricardo Franco Levi, ha delineato – come già approfondito – una chiusura d’anno positiva: un +0,3 per le vendite di libri di carta, che diventa +2,4% guardando all’editoria di varia, fisica e digitale, nel suo complesso. Sono numeri confortanti, che celano però – come sottolinea Levi – uno scenario inevitabilmente complesso. Dalla crescita dell’online (dal 27% del 2019 al 43% del 2020) a quella delle vendite di formati digitali (e-book al +37%, audiolibri al +94%); dalla sofferenza delle librerie di catena e delle grandi superfici alla crisi particolarmente accentuata di alcuni segmenti (si pensi all’editoria turistica e d’arte, o a quella professionale giuridica); dalla riduzione della pirateria (grazie alla chiusura delle copisterie) di cui ha beneficiato il settore universitario alla sfida della DAD con cui si è confrontato quello scolastico: i temi aperti dalla pandemia sono tanti, e di segno diverso.

«Un 2020 tra luci e ombre» ha sintetizzato il presidente di AIE, individuando tra le prime la capacità di reazione e riorganizzazione di editori e librai, la cooperazione tra le organizzazioni di categoria che presidiano la filiera del libro e la qualità delle misure di sostegno al settore varate dal Governo e dal Parlamento. Tra le ombre, oltre alle criticità evidenziate poco sopra, Levi ha ribadito la concentrazione delle vendite online su un solo operatore, l’impatto del limitato rinnovo delle adozioni sull’editoria scolastica e, naturalmente, la cancellazione di fiere, festival e saloni e il loro incerto destino nel prossimo futuro.

Sono tendenze confermate dagli operatori di settore. Alberto Rivolta, direttore operativo del Gruppo Feltrinelli, menziona esplicitamente la sofferenza delle grandi superfici e dei punti vendita abitualmente strategici: quelli in pieno centro nelle grandi città, quelli in stazioni, aeroporti e luoghi di forte passaggio. Al contempo segnala che i punti vendita minori della catena, quelli nei piccoli centri o nei quartieri più periferici «hanno manifestato maggiore vitalità». In un panorama nazionale in cui l’e-commerce è quasi raddoppiato nel 2020 («ma abbiamo un gap di cinque anni rispetto ad altri Paesi europei» ricorda Rivolta) la strategia di Feltrinelli non può che essere improntata all’omnicanalità e alla valorizzazione specifica dei canali in funzione dei benefit cercati e percepiti dal lettore. Ma il focus sulla libreria resta forte: prova ne è anche la riapertura, a novembre, della rinnovata Feltrinelli di piazza Piemonte. Tra innovazione del display, inserti esperienziali e importanti connessioni con il neonato progetto Feltrinelli Education, la libreria progettata nei primi anni Duemila da Miguel Sal riapre al pubblico, tra le altre, con un’interessante novità: la partnership con il Libraccio, con un corner dedicato all’usato. «Perché ampliare l’offerta al lettore può voler dire anche questo».

Venendo alla visione degli editori, che si sono specificamente confrontati nel corso della tavola rotonda Solido come una roccia. Il libro nella pandemia, Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato di GeMS e vicepresidente di Messaggerie, si è soffermato in particolare su due dinamiche abilitate dall’anno pandemico: da un lato la riduzione dei resi da parte delle librerie; dall’altro il ritorno dei lettori al libro, specialmente nella seconda metà dell’anno. Se il minor volume di libri resi nel 2020 trova la sua motivazione fisiologica nel blocco novità della primavera, fa osservare Mauri, il minor afflusso di novità in libreria ha spinto i librai a capitalizzare il valore dei titoli già usciti, contribuendo ad allungarne e a potenziarne il ciclo di vita. Intanto, quando è stato finalmente possibile, «i lettori hanno speso di più in libri» e, in assenza di fiere, festival ed eventi del libro, hanno riguardato con slancio alla lettura come a un «tempo di qualità».

A ragionare sul ciclo di vita del libro e sugli accorgimenti che possono potenziarne la durevolezza è anche Siv Bublitz, della casa editrice tedesca S. Fischer Verlag. In un mercato nazionale del libro fisico che ha chiuso il 2020 al -2,3% (ma che aveva toccato il -20% con il primo lockdown, ricorda Bublitz) la S. Fischer Verlag ha deciso di bloccare, in primavera, l’uscita di 60 titoli, rimandandoli al 2021. È una mossa che da un lato, sottolinea Bublitz, ha permesso di concentrarsi sulla promozione del catalogo durante la pandemia: «Ed è stata apprezzata dai librai». Più in generale si colloca in un piano di riduzione della produzione avviato dalla casa editrice un paio d’anni fa, quando le novità pubblicate sono passate da 500 a 300 con l’obiettivo di lavorare meglio a ciascun titolo pubblicato. «In Germania si pubblicano circa 70 mila libri l’anno e 200 in meno non fanno la differenza. Ma per l’autore di quel singolo titolo, che magari ci lavora da anni, la differenza c’è eccome».

La pandemia, come abbiamo avuto modo di osservare più volte, non solo ha agito come acceleratore per l’e-commerce, ma anche sulla propagazione dei formati digitali. In Italia, i dati dell’Ufficio studi AIE suggeriscono che la lettura e l’ascolto digitale valgano oggi il 7,4% delle vendite del comparto varia: un fenomeno di cui si trova traccia – con consistenze e prospettive diverse – anche negli altri Paesi europei. La Spagna, per esempio – che chiude l’anno con un +1% guardando ai soli libri fisici – segna il +3% nel complesso. «Alle fine del 2019 il 75% dei libri venduti in Spagna erano libri fisici venduti nelle librerie. Il 20% erano libri fisici venduti tramite e-commerce e il restante 5% erano libri digitali» racconta Jesús Badenes del Grupo Planeta. «A fine 2020 quel 75% è diventato un 64%, l’e-commerce è salito al 40% e il digitale è cresciuto del 50%». Nelle performance dell’e-commerce e, più in generale, nello sviluppo di touchpoint digitali con il lettore (come l’attività e gli eventi sui social che hanno attenuato la mancanza di quelli fisici), Badenes individua alcuni fattori resilienti che hanno aiutato la tenuta del mercato del libro e che «sono arrivati per restare». In particolar modo, evidenzia in quest’ottica la differenza di performance tra Spagna e Portogallo, che ha chiuso l’anno con un -19% e che non ha un sistema di e-commerce sviluppato.

Più scettico sulla persistenza delle «abitudini digitali» nel post Covid è invece Arnaud Nourry di Hachette Livre: i francesi, osserva, amano i libri e le librerie e si sono battuti per riacquistare la libertà di frequentarle, mentre «non hanno fatto lo stesso per tornare dal parrucchiere o allo stadio». L’e-commerce meno consolidato tra le abitudini nazionali rispetto a quanto non lo sia in Usa o in Uk – è stato sicuramente una risorsa durante il confinamento, ma «nel giro di due o tre anni mi aspetto che le cose tornino come prima», ai livelli di consumo e di acquisto digitale pre pandemia. Il mercato del libro fisico, d’altronde, in Francia il 2020 chiude con un moderato -2%. All’interno di questo risultato, che Nourry definisce «non male», anche Hachette Livre mantiene una sostanziale stabilità.

Il messaggio che arriva infine dalle catene di librerie operanti in Europa – in dialogo nella tavola rotonda La libreria come bene essenziale: scenari e prospettive per il futuro – è sostanzialmente omogeneo e indirizzato da due direttrici: l’approccio omnicanale per raggiungere il cliente e la centralità della libreria fisica. Lo sottolinea Michael Busch, della tedesca Thalia, nel momento in sui afferma di voler pareggiare le performance dei tre asset aziendali – i punti vendita fisici, l’e-commerce e il digitale – nel prossimo futuro. Lo ribadisce Ewa Szmidt-Belcarz, della catena polacca Empik – la Polonia chiude l’anno con un -2% – che aggiunge che «il futuro dell’editoria è nell’innovazione dell’ecosistema creativo», sempre più democratico e meno lineare. Lo conferma James Daunt (Waterstones e Barnes & Noble) che – pur non sottovalutando l’importanza dell’e-commerce fuori e dentro la pandemia – vede la libreria come il luogo di tutto ciò che nutre la mentre – «giochi didattici, puzzle… e basta con le candele profumate!» – e librai e libraie come una categoria professionale sulla cui formazione continuare a investire.

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

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