Il 2019 si conferma – con un po’ di sorpresa lo si deve ammettere – come un anno positivo per l’editoria italiana, che alla vigilia del Natale si attesta, secondo i dati Nielsen, a una crescita a valore prossima al quattro per cento (+3,7%) rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. È probabile che considerando anche i punti vendita librari marginali (come ad esempio le cartolibrerie, che si servono in prevalenza dei grossisti) si arrivi al 4%. Stiamo parlando di 1,1 miliardi di euro rispetto al miliardo di un anno fa. Da un -0,5% a un +3,7%.
Aumentano anche i lettori. Nel complesso (di libri, e-book e audiolibri): +8,1%, il 65% della popolazione tra i 15 e i 75 anni. Ma anche di soli libri: dal 57% al 62% di chi si dichiara lettore. Certo non c’è da essere molto entusiasti, perché siamo nuovamente ai livelli del 2017 (l’anno in cui ha preso il via l’Osservatorio sulla lettura e i consumi culturali di AIE). Ed è probabile che anche nei prossimi anni ci troveremo di fronte a un mercato – come dire – a geometria variabile: condizionato sempre più dal tempo disponibile per la lettura (dal 12% di 15-75enni che dichiaravano di dedicare più di un’ora continuativa nel giorno medio siamo scesi al 9%) ma anche dalle proposte editoriali. Dalla capacità dell’editore di trovare e proporre autori, titoli, scritture, generi capaci di venire incontro a bisogni di lettura via via più mutevoli e cangianti.
Cresce la gran parte dei generi, alcuni in maniera inattesa. La narrativa italiana fa segnare un +7,7% (quella straniera, confermando una tendenza strutturale di medio periodo, segna un -2%). I lettori si riconoscono sempre più nei paesaggi, nei personaggi, nelle avventure «domestiche» piuttosto che in quelle concepite al di là dell’Atlantico; d’altro canto è innegabilmente cresciuta la capacità degli autori italiani di costruire narrazioni mainstream. I libri per bambini e ragazzi (ma senza la narrativa YA) confermano i segni di rallentamento: -2,9% lo scorso anno, +0,9% al P11 di questo. Cresce tutta la non fiction: +7,7% quella generale; +8,1% quella specialistica (probabilmente anche per effetto dell’App 18) e +3,4% per la manualistica.
Cresce – ed erano molti anni che non accadeva – anche il numero di copie vendute nei canali trade, toccando il +2,3%. Forse è troppo presto per affermare che siamo tornati ad essere un mercato «anticiclico», ma quello che possiamo dire è che le scelte editoriali, i nuovi autori italiani e stranieri entrati nei canali di vendita e negli store online, una più matura consapevolezza delle potenzialità che hanno strumenti come i social, le community, intermediari come i book influencer e via dicendo hanno saputo intercettare una nuova domanda di lettura e narrazioni espresse dal Paese.
La crescita è dovuta sicuramente anche agli e-commerce e in particolare ad Amazon, come ha sottolineato
Carlo Gallucci (Gallucci editore) durante l’incontro
Il Natale è alle porte: come è andato il mercato trade nel 2019 per piccoli e grandi che si è svolto il 4 dicembre durante
Più libri più liberi. Ma se è vero che «i nostri lettori si sono spostati su Amazon, è anche vero che
a beneficiarne maggiormente sono soprattutto i piccoli e medi editori rispetto ai grandi editori, i cui libri sono sempre stati molto presenti in libreria».
E, infatti, sono soprattutto i piccoli e medi editori e veder crescere la loro quota di mercato. Passano dal 45% del 2018 al 45,9% di quest’anno: +6% a valore e +4,4% a copie. Non è un caso che se i titoli «commercialmente vivi» crescano per il totale degli editori italiani tra 2012 e 2018 del +52,5%, per gli editori che pubblicano fino a 100 titoli lo fanno del 287,9%. La crescita del numero di titoli commercialmente vivi – cioè potenzialmente acquistabili dai clienti nei diversi canali di vendita, ma evidentemente è un fenomeno trainato dagli store online: IBS prima, Amazon poi – è una derivata del nuovo ecosistema digitale che ha innovato i processi del settore e che sembrerebbe aver favorito più gli editori che operano in logiche di «nicchia» e di segmenti iper specializzati. Editori che sono stati capaci di creare un catalogo che si mantiene editorialmente e commercialmente attivo. Non solo grazie alla possibilità offerta dal print on demand di gestire anche piccole tirature, ma anche grazie alla crescita dell’e-commerce che consente di disporre di magazzini tendenzialmente illimitati e sfruttaremeglio lacodalungadelcatalogo.
La spiegazione profonda va individuata in un aspetto che tocca le dimensioni sociali dell’essere lettore (e cittadino al tempo stesso). In una società sempre più frantumata («liquida», per usare un altro abusato termine) e fluida (i flussi elettorali nazionali o regionali fotografano assi bene la mobilità interna al Paese e le «velocità» di questi cambiamenti) diventa difficile trovare un autore, una narrazione, un personaggio, una scrittura capaci di aggregare attorno a sé gruppi eterogenei di lettori che possano riconoscersi in quella storia e in quel personaggio.
Non a caso in libreria solo 4 titoli hanno venduto più di 100 mila copie. L’85,8% vende meno di 100 copie nell’anno. Poi Gdo e Amazon portano su il numero. Ma stiamo parlano di meno di 20 titoli all’anno che vendono più di 100 mila copie. Erano 35 nel 2012 e 42 nel 2012.
Si tratta di dati importanti, dal momento che, come ha sottolineato Bruno Mari (Gruppo Giunti) durante l’incontro, «nonostante la crescita registrata quest’anno, non sono venute meno le ragioni che hanno caratterizzato gli andamenti di decrescita degli ultimi anni». Anzi si potrebbe dire che «l’ordine di grandezza e le specificità del mercato non risultano significativamente modificate rispetto allo scorso anno», e questo accade soprattutto perché «sono pochi i titoli che riescono da soli a movimentare, in positivo o in negativo, l’andamento dell’intero settore».
Una polarizzazione che ritroviamo tra la piccola e media editoria. Meno dell’1% delle 331 mila referenze trattate (383 mila con Amazon) vende più di mille copie. Il 91% vende meno di 100 copie. Cento copie all’anno che in settori di specializzazione e di nicchia – a saper far bene i conti e il piano economico dell’azienda – sono valori che rimettono al centro la capacità dell’editore di costruire un catalogo che dura negli anni.
Cresce il fatturato registrato dai piccoli e medi editori: nei primi 11 mesi del 2019 è di 482,7 milioni di euro. Una crescita in parte dovuta a un prezzo di copertina del venduto che è del 22% più alto rispetto a quello degli altri editori. In crescita anche le copie: +4,4%. Si evidenza però anche un aspetto su cui lavorare. In questi anni – anche grazie all’apporto di AIE con Più libri più liberi – quella che definiamo piccola editoria è cresciuta ma ha anche avuto una profonda trasformazione al suo interno. I primi 100 marchi editoriali della piccola e media editoria rappresentano il 72,8% del mercato. I primi 500 il 92,2% su oltre 5 mila editori complessivi.
Rimane tuttavia ancora al centro il discorso attorno alla lettura e al numero di lettori in Italia, soprattutto dopo le recenti indagini volte a sondare la capacità di comprensione del testo nel nostro Paese tra i giovani.
Rispetto all’idea che l’Italia rappresenti un’eccezione rispetto agli indici di lettura degli altri Paesi europei, Diego Guida (Presidente Gruppo Piccoli editori dell’AIE) si è chiesto se invece non sia il caso di parlare dell’esistenza di «un divario tra gli indici del Nord e del Sud dell’Italia»: di fronte a certi dati allarmanti «bisognerebbe iniziare a pensare a uno sforzo maggiore di promozione della lettura che parta come iniziativa statale. Esistono infatti iniziative private o di associazioni come AIE con #ioleggoperché, ma è urgente che si inizi a pensare anche a delle azioni ulteriori». Ogni sforzo risulta positivo a riguardo, sia che arrivi dalla stessa editoria, sia dalla distribuzione e da tutta la filiera di settore.
Le slide relative all’incontro
Il Natale è alle porte: come è andato il mercato trade nel 2019 per piccoli e grandi sono disponibili nella
sezione Presentazione del sito.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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