L’editoria europea ha chiuso il 2020 con un calo del fatturato stimabile tra il 2 e il 5%: i dati sono della Federazione Europea degli Editori (FEP) che sottolinea come l’andamento medio nasconda in realtà performance molto diverse e cambiamenti sostanziali nella struttura del mercato e nei comportamenti dei lettori che devono essere guardati con attenzione.

Sopra ogni cosa, però, le differenze da Paese a Paese indicano che essenziale è stato il sostegno pubblico. «Il lato positivo è che i cittadini europei hanno letto più libri durante questi ultimi mesi e spero sinceramente che questo durerà nel tempo» ha dichiarato il presidente FEP Peter Kraus vom Cleff. «Meno ottimistica è la situazione di molti editori europei che sono stati colpiti da mesi di lockdown, e la cancellazione di fiere del libro e festival letterari. Se posso rallegrarmi del fatto che diversi Paesi se la sono cavata meglio del previsto, devo riconoscere che questa è la combinazione di un mercato dinamico e del sostegno dello Stato attraverso sgravi finanziari e supporti diretti. Invito tutti i governi d'Europa a fare in modo che un settore editoriale culturalmente diversificato superi insieme la crisi. Essi possono essere strumentali nel fornire finanziamenti dove necessario e promuovendo le politiche più adatte, compreso il dichiarare i libri "prodotti" essenziali».

Tra i Paesi che hanno già adottato queste decisioni c’è l’Italia e, per questo, il vicepresidente di FEP e presidente di AIE Ricardo Franco Levi si congratula «con le autorità italiane per aver prestato così tanta attenzione ai libri in questo periodo terribile. Con tutto il sostegno che hanno dato a tutta la catena, hanno permesso a tutti noi di superare quest'ultimo anno, permettendo a un maggior numero di libri di raggiungere i cittadini italiani. Sono felice che siamo stati in grado di ispirare i nostri colleghi e i loro governi in questo senso».

L’andamento del 2020, sottolinea il rapporto, è stato molto altalenante: dopo un iniziale crollo con il primo lockdown, l’estate ha portato una forte ripresa in praticamente tutti i Paesi, mentre con l’inverno le performance nazionali sono state molto disomogenee a causa delle diverse situazioni a livello di chiusura degli esercizi commerciali e scelta di dichiarare il libro «bene essenziale» sulla scorta di quanto deciso dall’Italia. La Francia, ad esempio, ha seguito il nostro Paese solo da febbraio di quest’anno.

Se il caso italiano, con una crescita a fine anno del 2,4% nel settore trade, la migliore tra i grandi Paesi, ci dice qualcosa dell’importanza dell’intervento pubblico e della scelta di dichiarare il libro come bene essenziale, sono le ottime performance dei Paesi nord-europei a dirci meglio di altre come sta cambiando la struttura del mercato: la Norvegia cresce del 10% (trade più educativo), la Svezia dell’8,7%, la Finlandia del 12%. Dietro questi risultati il boom del digitale: in Norvegia i paperback sono calati del 10% in volume mentre l’audiolibro cresceva del 14% (ma più 26% le iscrizioni alle piattaforme) e l’ebook del 14%. In Svezia il digitale è cresciuto del 22,7% (25% le piattaforme) superando in assoluto (e-book più audiolibri) le vendite dei libri a stampa. In Finlandia i libri a stampa sono cresciuti del 2%, il digitale del 37%. Al contrario, sono andati molto male i Paesi dove il digitale era molto debole e il ruolo degli store online marginale: Portogallo -17% (pesa molto anche la lunga chiusura delle librerie), Grecia tra il -20% e il -30%, -20% anche Ungheria e Slovenia. Nel mezzo i grandi Paesi come Francia (tra il -2,7% e il -4,5%), Germania (-2,3%), Spagna (-1%).

L’altro grande trend che cambia il mercato è la crescita delle vendite online che in Svezia e Olanda pesano oramai per metà o più del fatturato totale, il 43% in Italia, tra il 55% e il 60% in Polonia. Da una parte questo significa un ulteriore aumento del peso specifico di giganti come Amazon, dall’altra è anche il frutto del dinamismo di molte piccole librerie indipendenti che sono riuscite rapidamente a integrare la loro offerta con consegne a domicilio e vendite sul proprio sito.

In conclusione, FEP parla di «sollievo» per come è andato l’anno rispetto alle fosche previsioni di 12 mesi fa, ma questo, aggiunge l’associazione, non deve far perdere di vista le molte criticità all’orizzonte: la riduzione del numero di titoli pubblicati, un trend comune in quasi tutta Europa, potrebbe rappresentare una diminuzione nel pluralismo e lo stesso può dirsi delle modifiche nella struttura delle vendite, con la crescita dei colossi digitali a spese della rete delle librerie. La crescita dei servizi in abbonamento, inoltre, è guardata con sospetto: «è tutta da dimostrare – scrive la FEP – la sua sostenibilità economica e il contributo che dà, sul lungo periodo, alla diversità culturale».

L'autore: Samuele Cafasso

Sono nato a Genova e vivo a Milano. Giornalista, già addetto stampa di Marsilio editori e oggi di AIE, ho scritto per Il Secolo XIX, La Stampa, Internazionale, Domani, Pagina99, Wired, Style, Lettera43, The Vision. Ho pubblicato «Figli dell’arcobaleno» per Donzelli editore. Quando non scrivo, leggo. O nuoto.

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