Dopo aver annunciato, qualche settimana fa, che avrebbe disattivato gli account di quei distributori di e-book il cui contenuto sessuale non era in linea con la nuova politica aziendale, PayPal si tira indietro.
Il portavoce dell’azienda – che, ricordiamolo, funge da tramite tra i distributori di contenuti e prodotti sul Web, i clienti e le carte di credito come Visa e Mastercard – ha sottolineato che la nuova politica censoria si concentrerà solo sugli e-book contenenti immagini potenzialmente offensive, escludendo dal proprio radar i libri fatti da solo testo (tranne nel caso in cui questo si possa considerare pedopornografico: allora la censura colpisce anche il solo testo). Il controllo avverrà sui singoli titoli, piuttosto che su interi cataloghi.
Come funzionerà questo meccanismo di segnalazione di materiale offensivo? I venditori (o gli editori) di e-book riceveranno una notifica da PayPal nel caso in cui alcuni specifici titoli violino le nuove norme. La novità, forse scaturita dalle varie voci di protesta che si sono fatte sentire nelle ultime settimane, è che l’editore può anche dichiararsi contrario alla segnalazione; per ora, questo sistema di «controbattuta» è ancora in fase di implementazione e le sue caratteristiche specifiche rimangono sconosciute.
Reazioni positive sono subito giunte dal mondo degli editori colpiti dalla precedente decisione, soprattutto quelle piccole case dedite all’erotico di nicchia che sono state all’avanguardia nell’adottare le nuove forme di consumo librario (appunto, quello elettronico). Smashwords, piattaforma per la creazione e distribuzione di e-book scritti per lo più da esordienti, ha dichiarato: «Questa sarà una grande vittoria per gli scrittori, i lettori e per la libertà d’espressione».
Forti critiche alla «censura targata Paypal», peraltro, erano venute anche da importanti associazioni di categoria come l’Authors guild (che riunisce circa 8.000 autori pubblicati, agenti ed avvocati del mondo editoriale) e la National coalition against censorship, che rappresenta più di cinquanta organizzazioni culturali no profit dedite alla diffusione della cultura e della libertà di pensiero e d’espressione. Insieme alla «marcia indietro» di PayPal, anche Visa e Mastercard hanno fatto sapere (attraverso i loro responsabili delle relazioni esterne) che ciò con cui non si vuole avere a che fare è l’immagine offensiva, non il testo con finalità didattiche, ricreative ed artistiche.
Insomma: sembra che non sarà PayPal né la nostra carta di credito a dirci cos’è lecito pubblicare, comprare, leggere e cosa no.